Bagnara disobliata: sognare una nuova realtà

“C'è che ormai che ho imparato a sognare non sm

“C’è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò”. È con le parole dei Negrita che si è inaugurata “Bagnara Disobliata. Il sogno e la realtà”, evento promosso da Disoblio Edizioni e dalla A. T. Pro Loco nella serata di apertura del 50° Gran Galà del Pescespada, che si è svolto ieri presso la piazza Matteotti di Bagnara Calabra. Un doppio appuntamento con la letteratura e gli autori locali, condotti dall’editore Salvatore Bellantone e dal presidente Bruno Ienco, nel corso del quale, oltre che valorizzare la buona cucina e i sapori tradizionali bagnaresi, si è tentato di comprendere se sia ancora importante sognare innanzi a una realtà povera e triste qual è quella attuale.

La degenerazione è imperante, onnilaterale e coinvolge in maniera trasversale tutti i livelli della società. Più che un sogno, a volte sembra un incubo dal quale sembra non poterne uscire, in quanto l’incertezza del presente cancella a priori la possibilità di riscatto nel futuro. Eppure, autori come Rocco Nassi e Vincenzo Laurendi continuano a proporre il sogno e la facoltà del sognare come la ricetta giusta con la quale invertire il tendenziale e generale ribassamento del pensiero e delle condotte.

Continuando in tale direzione, infatti, non si può che giungere a un totale disastro e bisogna invece recuperare quella capacità del sognare per “ricominciare a camminare e immaginare quanto ancora si ha da fare e da realizzare con passi più decisi”. È la sfida operata dagli autori de “U ricriju r’u me’ cori” e de “I giochi di Morfeo”, ma anche da tutti gli altri autori, artisti e operatori culturali che, appunto, si danno continuamente da fare, ognuno nella propria sfera di competenza, per scuotere le coscienze, mettendo a fuoco quegli aspetti, individuali e sociali, che vanno compresi, corretti e riformati.

Il contesto nel quale si opera, tuttavia, è arduo perché l’operatore culturale, scrittore, artista o qualunque disciplina pratichi, è inteso dalla collettività come un eretico, un dissidente al pari di quelle figure rivoluzionarie della storia dell’umanità mandate al rogo o isolate, per mantenere lo status quo. Un ordine oggigiorno, locale e planetario, condizionato dai consumi, dalle mode e dai mezzi d’informazione, che, a be vedere, diffonde solitudine, diffidenza, dolore in quella stessa comunità che emargina i suoi cantori del cambiamento.

Si vive quotidianamente nella morsa del lavoro, della disoccupazione e della disperazione, a seconda dei casi, e ciò scatena un imbarbarimento dello spirito che poi emerge nella relazione con l’altro. Non ci incontra più, non ci si saluta più se non per questioni di interesse, prestigio e potere. Ma la cosa peggiore, a detta di Rocco Nassi e Vincenzo Laurendi, è che non ci si guarda più negli occhi. Non si ha più il piacere dell’incontro con l’altro né s’intende tale avvenimento come quella chance capace di rivoluzionare un’intera vita, e non soltanto singolare. Considerato poi che gli occhi, come vuole il sentir comune, sono lo specchio dell’anima, se non ci si guarda più, vuol dire che si è smesso di guardare anche dentro di sé.

È questo l’impoverimento sotterraneo che pervade la nostra società. Una miseria che finisce nel coinvolgere le generazioni più giovani, lasciandole diventare facili prede delle svariate dipendenze mimetizzate nella comunità come dimensioni di libertà e di riscatto quando invece rendono schiavi e portano finanche al non ritorno. Ma occorre “cercare di capire” a detta di Carmelo Pellegrino (Storico e Prefattore di Ozz), bisogna riuscire a intravedere la “crisi interiore del ragazzo”, come ha chiarito Antonella Cutrupi (Docente d’Istruzione Superiore e Poetessa) e intervenire, innestando quelle dosi di responsabilità nei luoghi chiave della nostra società, quali la famiglia, la scuola e ogni spazio pubblico, per tutelare il destino dei più giovani. Salvaguardia, come ha detto Giuseppe Bagnato, autore del romanzo “Ozz”, che parte dalla difesa dei loro sogni e delle loro speranze.

Ma per fare questo, è necessario provocare, squilibrare le sicurezze di chi è adulto e trovare il modo di farlo ragionare, di farlo guardare criticamente dentro di sé e poi analiticamente nell’ambiente in cui vive, direzionando tutti i suoi sforzi e le sue attenzioni verso i ragazzi, e non sulle futili cose del tempo ma sui valori e su quelle risorse spirituali di cui tutti hanno bisogno.

Accesa, infine, la lanterna della Disoblio, si è sottolineato come l’operato di scrittori come Rocco Nassi, Vincenzo Laurendi, Giuseppe Bagnato e dei tanti altri che si avvalgono della letteratura nella nostra terra, non sia altro che il tentativo di affrontare dal di dentro le questioni cruciali che mandano in malora la Calabria, nella speranza di costruire a piccoli passi, sognando già ora, un Calabria e “un mondo senza più bisogno”.

Non esistono sogni senza speranza, non esiste un domani se non si spera più adesso.

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