Estate povera, se non fosse per la favela di Giusy Ferreri. Riscoprire Mino Reitano? Una favola

di Enzo Bollani - Io mangio, come tutti gli itali

di Enzo Bollani – Io mangio, come tutti gli italiani e gli esseri dotati di quell’obbligo morale che li spinge alla lotta quotidiana contro la morte.

Fa niente se poi il pollo sia pieno di antibiotici. Se non altro, l’inevitabile è procrastinato. Quando sono a tavola, lascio le cose più buone per ultime, come fanno in tanti. Così fan tutti, potrei persino azzardare.

Nel parlare di musica, invece, no. Oggi tocca parlare di quello che passerà sicuramente al dimenticatoio, con grande probabilità, in tempi celeri. Anche se questo articolo sta facendo un favore agli artisti, o meglio, ai cantanti, o meglio, a quelli di cui parlerò. C’è chi dice che, delle persone, sia meglio parlar bene o, in caso contrario, tacere del tutto.

Sarei d’accordo, e questa è una frase di Mogol. Ma con la Cultura Popolare si può giocare fino a un certo punto. Sono stato un pò legnoso con i giornalisti, mai capito se con o senza the, e mi va bene.
Non torno indietro, se non a 100 all’ora, così per fare strike…Perché non c’è verso di giustificare tale sovrastima, sotto alcun punto di vista.

Non si parla di bicchieri di talento in mari di presunzione, ma presunzione oceanica, con discografici al seguito, pronti a pompare e infine a distruggere, come da copione solito.

Poi c’è chi ha il pubblico che si merita, ed è il caso di chi va a cantare, con uno che non sta vendendo molto, fiumi di sangue a Sanremo, mescolati a fiumi di menefreghismo, da menestrellifreghisti.
Dal “Non mi avete fatto niente, facce di serpente”, al “alla mia casa io gli voglio bene”, in un atto di qualunquismo totale, sbuca uno che fa del proprio sbarco la sua ragion d’essere, il suo passaporto, il suo lasciapassare per poter dire qualunque cretinata.

Non è possibile: prima vai a fare l’impegnato a Sanremo, con uno da cestone delle offerte da Autogrill, e poi pretendi che mi fidi di te, e poi che ascolti un testo sgrammaticato, peggio dei peggiori temi delle peggiori seconde elementari di Caracas?

E poi pretendi che, al tuo concerto, non alzino i telefonini per riprenderti? Cara grazia che ci venga qualcuno, ai tuoi concerti. Non mi pare che tu sia sul palco a cantare “l’ombra della Luce”, o echi d’infinito, o danze Sufi. Suvvia, placati e spera che continui il tuo momento d’oro che, purtroppo, finirà.

Perché non hai nulla da dire, altro che “non mi avete fatto gnente gne gne gne”.

E dopo questa meta-uscita, per la quale dovrei essere ringraziato, direi che l’unica ancora di salvezza sia Giusy Ferreri, che con “Amore e Capoeira” ci sta portando il sole anche di notte. Proprio lei, con i suoi riccioli siciliani, un pò Marcella Bella e un pò Giuni Russo dei tempi di Alghero, della limonata e di tutte quelle canzoni allegre che l’estate vorrebbe, ricordando l’olio di Tahiti. Ringraziare Giusy Ferreri è il minimo.

Proprio lei, che snobba Sanremo, un luogo che non l’ha mai valorizzata e che, anzi, ha tentato un paio di volte di farla finire anzitempo. Proprio lei, che da ormai Dieci anni tondi tondi, rimane una certezza, nel suo essere stata già araba fenice. Proprio lei, uscita da un talent, e dalle casse dell’Esselunga.

Proprio ma proprio a lei, infinite grazie. Infelici, per farsi un po’ di male e chiudere questa domenica di Musikanten, quelli di Bologna che vanno a fare gli opinionisti in televisione, senza dire un tubo, e che parlano di regole e amore, in una canzone PLAGIO di “Sweet home Alabama”, piena di finta saggezza, di voglia di pontificare. Va bene tirar fuori un disco di provini e metterci una scimmia sopra, idea nemmeno originale, perché va di moda la bassa qualità, o è un pretesto per abbassare i recording budget, che alcuni idioti con studio a Milano reputano finiti.
Va bene tutto, ma non la volgarità gratis. Volete la volgarità gratuita?
Leggetevi le recensioni di Michele Monina.

Pratica autoerotico giornalistica. Tutto molto lontano dalla Bologna di “Disperato erotico stomp”, del mio amico Lucio Dalla.

Il low fi, l’indie, sta uccidendo la qualità.
Come mai io ho ancora i recording budget, quando devo produrre qualcuno?
Me li sono sognati? Non credo.

Beh, comunque sia, imitare un po’ Jovanotti e un po’ Elio e le Storie Tese, quando non hai carattere, se non quel simulacro della Bologna che fu e che non potrà mai tornare, perché i tempi sono cambiati e perché Bologna dorme, ricca e paciosa, adagiata su se stessa, è garanzia del NON durare.
Anche perché già abbiamo assistito al doppione di Gabbani, quest’anno.
Non avrebbe mai potuto vincere una canzone che sembra La demo di quella di un anno fa, di cui non ricordo il titolo. Giuro.

Anzi: ma Gabbani? È ancora a dirci che sta facendo Magellano?
O sta facendo le piazze di Serie B, ed è un modo carino per dircelo?

Meglio, di gran lunga, Sandro Giacobbe sul palco con le figlie di un’anima pia come Mino Reitano, come accaduto ieri sera, a Fiumara.

Più Reitano e meno rocker del menga. Grazie!
Nessuno di quelli che ho citato, oggi, saprebbe riproporre un capolavoro come Eloise e portare un successo straniero in Italia.
E questa è la verità. Ci stiamo accontentando di troppi provini spacciati per dischi.

Meglio riscoprire Reitano.
Meglio frequentare il passato, visto lo scarso presente.
Anche se poi, a conti fatti, è quasi sempre andata così.