Giornata Mondiale contro le droghe: in Calabria necessaria nuova visione culturale

Lunedì 26 giugno è la  Giornata Mondiale contro

Lunedì 26 giugno è la  Giornata Mondiale contro il Consumo ed il Traffico Illecito di Droga indetta, sin dal 1987, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite  per ricordare l’obiettivo comune a tutti gli Stati membri di creare una comunità internazionale libera dalla droga. Una occasione, dunque,anche nella nostra regione, per uno spazio di riflessione e per  chiedersi, subito, perché oggi il tema della tossicodipendenza non riscuote più l’interesse pubblico di un tempo.

Perché l’uso delle sostanze è entrato in parte nelle maglie della compatibilità del sistema  e perché non c’è un vero interesse nei confronti dei consumatori e dei tossicodipendenti, che vengono considerati principalmente come un problema. Tutti coloro che, a vario titolo, operano in questo settore, sanno bene che il fenomeno continua ad esserci e a manifestarsi in forma sempre più grave. E come riprova, forse, dovremmo avere il coraggio di aprire di più gli occhi iniziando a guardare nelle nostre città, ascoltando con maggiore compartecipazione gli operatori pubblici e privati del settore dipendenze e, ancor di più, i tanti genitori e giovani che il problema lo vivono in prima persona.

Gli spinelli sono ormai alla portata di tutti e non sorprende più incontrare gruppetti di ragazzi che li usano alla luce del sole; “alzare il gomito” è considerato normale; dedicare gran parte del tempo a chattare e addirittura a giocare d’azzardo da soli o in comitiva, una nuova modalità per cercare consenso e per rincorrere il brivido dell’invincibilità. Anche la scena dello spaccio è completamente mutata: non più le “piazze”, ma appuntamenti in serie via telefonino; non più le figure, ormai superate, delle persone tossicodipendenti spacciatrici, ma giovani stranieri, salariati della vendita al dettaglio se non addirittura cottimisti ad un euro a dose venduta. Il fenomeno del consumo e dell’abuso si è affiancato con forza alle più conosciute dipendenze conclamate.
Nello stesso tempo le dipendenze allargano il loro spettro ad oggetti diversi (cibo, gioco d’azzardo, dipendenze telematiche, dipendenze sessuali…). Ed anche su questi terreni ,  l’offerta, legale ed illegale , svolge il suo ruolo non secondario.

Parlare di dipendenze, oggi, significa infatti parlare della solitudine e della fragilità di tante persone, della debolezza dei legami sociali e del contatto umano – che la crescita del mondo “virtuale” non può sostituire – di un individualismo sempre più intrecciato all’insofferenza per le regole della democrazia, vera minaccia alle basi sociali ed etiche della nostra convivenza. Significa porre l’attenzione sul deficit educativo e culturale, perché dietro le dipendenze c’è spesso un vuoto di relazione, di riferimenti, di conoscenza. Ma significa anche denunciare la riduzione e in certi casi l’azzeramento delle politiche sociali e la ricaduta sulle persone in difficoltà come su chi opera nei servizi.

Nella nostra regione è in atto una riduzione generale del volume massimo di prestazioni erogabili previste negli accordi contrattuali con il privato accreditato, ma tale riduzione, per le Comunità Terapeutiche che già da sempre lavorano sotto soglia minima, incide pesantemente sul sistema, sia in termini di sostenibilità, sia, purtroppo, di qualità del servizio reso, con ogni immaginabile conseguenza nei confronti del cittadino.

Anche le comunità terapeutiche e le diverse progettualità che man mano si sono sviluppate sul territorio ne hanno risentito. Le prime sono state,e sono, in balia di budget finanziari sempre più ridotti  con il risultato paradossale di una nuova creazione di liste di attesa per l’inserimento in comunità, non a causa della mancanza di posti ma per la carenza di fondi.

Peraltro, nel momento in cui sono tagliati i fondi sociali è chiaro che il tema della prevenzione e del reinserimento, l’inizio e la fine, cioè, della filiera sociosanitaria del circuito della tossicodipendenza, sono pesantemente ridimensionati. La stessa prevenzione in Calabria  è praticamente azzerata. E azzerando la prevenzione e i servizi per la cronicità e quelli di bassa soglia e prossimità ci ritroveremo con un vero allarme sociale.

Insomma,qualcosa non funziona proprio. Infatti, sulle problematiche riguardanti le td ci sono veri e propri tafferugli ideologici che aumentano l’inconsistenza del contrasto all’uso e all’abuso delle droghe.

Insomma ,ogni anno lo spartito è sempre lo stesso, non mutano le problematiche adolescenziali, i buchi neri affettivi, le eccitazioni derivanti dalle insubordinazioni, un ‘quotidiano’ che furbescamente non coinvolge né riguarda tutti, gli interventi sul sociale che si riducono sempre più al lumicino.

So quanta attenzione c’è sul territorio,tra gli operatori pubblici e del privato sociale ,a queste tematiche e la priorità di chi ogni giorno lavora su una frontiera così difficile e conosco anche le difficoltà che essi riscontrano. Ecco perché ritengo che su questi aspetti occorre la massima attenzione delle autorità regionali e locali.

In questo scenario certamente la scuola ha un suo preciso ruolo da svolgere. La prevenzione è soprattutto educazione. Se è vero ,come è vero che la scuola, a detta del sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi, è divenuta “la principale piazza dello spaccio. Questa è una vera emergenza, non si tratta più ormai di casi sporadici ma della normalità. Però siamo impreparati, serve l’aiuto di tutti, una vera e propria alleanza tra famiglia, scuola e Stato”.E lo stesso aggiunge “ non esiste un piano organico nazionale”.

Ora che   il settore della prevenzione necessiti, oramai, di un’attenta rivisitazione e, soprattutto, di un’adeguata riorganizzazione lo affermiamo ad ogni piè sospinto.
Tutti gli interventi dedicati alla prevenzione  risentono ancor oggi di una situazione di estrema “casualità” e precarietà. La loro sporadicità dipende dall’iniziativa  di alcuni attori del sistema degli interventi particolarmente sensibili e non obbedisce ad una logica istituzionale di programmazione da parte di servizi preposti con il mandato di eseguire, in base ad una costante analisi di bisogni e rischi rilevati, gli interventi necessari.

L’intervento nelle scuole non consiste solo nella prevenzione universale. La presenza di un consumo di sostanze psicoattive legali ed illegali richiede la capacità dell’istituzione (dal capo di istituto fino al personale non insegnante) di assumersi fino in fondo la responsabilità di intervenire nel merito attraverso la definizione di procedure che tutelino privacy e riservatezza, non mettano a repentaglio la regolare frequenza scolastica, siano estremamente attente nella comunicazione e nel coinvolgimento della famiglia, sappiano opportunamente fruire della collaborazione dei servizi specialistici preposti per garantire l’aiuto, il counselling o la terapia adeguate a seconda delle differenti situazioni.

L’individuazione di situazione di consumo non sfugge ad una scuola che vuol essere attenta,competente sulla problematica e non vuole “non vedere”. Sapere assumere e “trattare” adeguatamente le problematiche comportamentali, che non sono immediatamente riconducibili alla didattica ed all’istruzione, comporta per la scuola un importante salto di qualità e costituisce un fondamentale strumento per l’intervento precoce.

I ragazzi sono fragili, hanno bisogno di supporto e la lotta alle dipendenze si fa creando un ambiente accogliente: disseminando la scuola di figure che aiutano a cominciare dallo psicologo.

Da mesi l’Ordine regionale degli Psicologi della Calabria ha presentato alla Direzione generale dell’Ufficio Scolastico regionale una proposta di collaborazione tramite un protocollo d’intesa. Il concretizzarsi di una iniziativa come questa  significativamente potrà costituire la premessa per una rivisitazione generale sul ruolo degli operatori delle struttura sanitarie in rapporto ai bisogni del mondo scolastico.

Manifesto droga