Sabato Cinema - Quando sei nato non puoi più nasconderti

di Enzo Bollani - Quando un titolo è bellissimo,

di Enzo Bollani – Quando un titolo è bellissimo, la recensione non può che mutuarlo. Questo è il film più ben costruito della Storia del Cinema Italiano, a mio avviso, sul tema dell’immigrazione, degli sbarchi, dell’integrazione.

Uscito nel 2005, in un’epoca ancora lontana dalle sortite di Salvini, ma in un’epoca in cui l’immigrazione clandestina era ampiamente sentita, seppur con numeri ancora lontani da quelli dell’ultimo triennio, e soprattutto ancora lontana dall’affarismo e dal malaffare italiano, dagli aguzzini travestiti da buoni samaritani, lupi in veste d’agnello, volti a riempire alberghi fatiscenti e a dare vita a nuove bidonville, in nome di una non meglio precisata accoglienza.


Basta andare a Potenza, per accorgersene, o in qualsiasi albergo in declino, tagliato fuori dalle rotte dei tour operator, per trovarsi in una situazione surreale, dove i poveri migranti sono parcheggiati malamente, come automobili rubate lasciate sul piazzale del deposito giudiziario, in attesa non si sa di cosa, con pretesti attaccati alle pareti, come fantomatici corsi di lingua italiana.

Non è polemica, ma la pura realtà che porta alla paura, italica ma evidentemente anche europea, se non mondiale, del diverso. Allora, cosa mandiamo a fare i satelliti e gli shuttle in giro per la periferia della Terra, sacrificando cagnoline e cercando cose di cui, inevitabilmente, avremo paura? Gli UFO, soprattutto riscoprendo questo capolavoro di Marco Tullio Giordana, viene proprio il dubbio che siano loro. E non Loro 1 o Loro 2, ma Loro Loro, cioè i negher, i clandestini.

Fermo restando che negher equivalga a terun e riporti alla mente la Lega di Bossi, o il meno politicamente ottuso Haider, poi ucciso, indiscutibilmente, dai servizi segreti. Parlando del film: tutto è paradossale. È la storia di Sandro, un ragazzino che cade dalla barca dei suoi genitori, ricchi bresciani, diremmo quasi radical chic, lontani dallo stereotipo della ricca borghesia lombarda, spesso fascista, ma lontani anni luce dai reali problemi dell’immigrazione, nonostante Brescia sia una città in cui l’integrazione sia croce e delizia, spesso riuscita, spesso controversa.


Sandro, rischiando la morte per ipotermia, finisce per essere raccolto da una nave clandestina, e per essere scambiato per tale. C’è una storia d’amore, adolescenziale, quindi ancora una volta emerge il tema della trasformazione, quanto dell’identità: Sandro si innamora di Alina, apparentemente sorella di Radu, il quale salva la vita a Sandro per la seconda volta, dicendo agli scafisti che si tratti di un orfano curdo (a volte, i tratti somatici mediterraneorientali salvano la vita, anche se sei padano).

Nel frattempo, a Brescia pensa a un rapimento, ed ecco quindi emergere il tema della paura, ma Sandro si salva, e tutto torna come prima. Apparentemente. Sandro scoprirà che Radu non è fratello di Alina, ma il suo protettore, e che la ragazzina è stata portata in Italia per essere sfruttata e messa sulla strada. Lungi dallo svelare ogni dettaglio della trama del film o dal farne un panegirico alla cineforumaniera, va sottolineato che ogni manierismo sia al di fuori di ogni singolo fotogramma.


E che questo capolavoro di ormai quasi Quindici anni fa, si stia rivelando quantomai necessario, se non urgente, per sensibilizzare ognuno di noi, su questo tema. L’ironia non manca: comiche, quanto tenere, le scene in cui Alina si fa la doccia, cantando “Un’emozione per sempre”, di Eros Ramazzotti.

Perché anche Loro, e per Loro dico Loro, amano l’Italia. Sarebbe bello se anche gli italiani amassero se stessi, al punto di saper accogliere, o dare dignità a chi ha perso tutto, senza speculare. Ma è utopia, nemmeno di sinistra. Nemmeno cattolica, visto che la carità cristiana è stata annebbiata dai vizi privati di personaggi squallidi, che peraltro c’erano anche prima che venissero messi alla gogna 2.0.