Marco torna in Calabria

di Domenico Suraci - L’immigrazione calabrese ne

di Domenico Suraci – L’immigrazione calabrese nell’Italia del nord, e nel resto d’Europa è stata molto diffusa nel dopoguerra.

I meridionali erano chiamati terroni, per il loro modo di relazionarsi, diverso da chi viveva nel posto, in cui erano ospitati.

Addirittura in Svizzera gli era vietato l’accesso in alcuni locali pubblici, con un cartello che enunciava: “Vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”. Marco si era laureato in Economia con il massimo dei voti.

Aveva viaggiato in giro per l’Europa, amava di ogni paese che visitava una peculiarità, così l’ordine della Germania, la bellezza delle donne Francesi, il sentimento degli Spagnoli, le bevute nei pub Inglesi.

Era avvezzo alla Calabria dell’incontrare quotidianamente le stesse persone, delle strade piene di buche, delle donne che ripetevano sempre le stesse cose, dei consigli di chi aveva attorno.

Decise così di emigrare, sapeva che aveva tutte la carte in regola per trovarsi un lavoro, e così scelse la Francia. Arrivato a Parigi rivide in tutto la grandeur la Francia, trovò lavoro dopo qualche tempo, come cameriere in una pizzeria italiana.

Scoprì col passare del tempo che molti ragazzi francesi lasciavano la famiglia molto presto, e una sera in compagnia di figli di emigrati italiani, gli raccontarono quanto tenessero alle loro origini, come facessero di tutto per evidenziare la loro italianità.

Una sera con una ragazza francese bevvero tanta birra, lei sorrideva, sotto il bagliore della luce, che gli sembrò la serata più bella della sua vita.

Passavano i mesi e Marco perfezionava il suo francese, gli piaceva molto il posto in cui abitava, le strade larghe degli Champs élysés, mangiava in ristoranti francesi e ogni tanto si fermava nella pizzeria.

Finì per sentirsi francese, non detestava con il passare del tempo, neanche il clima, che d’inverno si faceva pungente. Pensava sempre meno alla Calabria, gli venivano in mente luoghi e volti, ma erano solo ricordi che svanivano dopo qualche istante.

Ogni tanto rifletteva sull’emigrazione, che aveva letto sui libri, oggi non era più come allora. Dopo qualche anno, aveva fatto dei corsi, lavorava in una banca francese.

Vent’anni più tardi decise di tornare, per qualche mese in Calabria, quando arrivò nel quartiere in cui aveva abitato da ragazzo, gli tornò in mente la sua gioventù, i sogni e le angosce.

Rivide nei giorni che seguirono gli amici, le strade, la case, i prati, le colline, il mare. Rivide le buche, le strade sterrate negli isolati, gli uffici che aprivano in ritardo, sentì i clacson nel cuore della notte.

Tanto era rimasto come prima, ma si accorse con grande sorpresa, che il mare era bello, le colline impareggiabili, che il cibo era il più gustoso, che le donne erano le più graziose, e gli amici davano ancora consigli.

In quegli anni che era stato lontano, aveva viaggiato molto, e scoprire che il posto da dove era partito, lo affascinava più di tutti, lo colpì molto.

Decise di lasciare impresso sul tronco di un albero, la data del suo ritorno, poi di sotto scrisse: “Marco ringrazia la propria terra per lo stupore”.