Auto in fiamme a Pellaro, la lettera delle vittime: ‘La ’Ndrangheta è vigliaccheria mascherata da forza’

"Ho vissuto sulla mia pelle quello che significa essere colpiti dalla viltà mafiosa o di qualche 'cane sciolto'" inizia così la lettera inviata alla redazione di Citynow

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“Ho vissuto sulla mia pelle quello che significa essere colpiti dalla viltà mafiosa o di qualche “cane sciolto”. L’altra notte le nostre auto sono state data alle fiamme. Un gesto che, agli occhi di chi lo compie, dovrebbe rappresentare un segnale di “forza” e di “potere”. In realtà è il simbolo più chiaro della debolezza morale e della miseria umana”.

Inizia così la lettera inviata alla redazione di Citynow da una delle proprietarie delle auto bruciate nell’incendio avvenuto a Pellaro, quartiere di Reggio Calabria, in via Pecoraro. Un episodio che ha destato sconcerto, indignazione e forte preoccupazione nella comunità della periferia sud reggina.

Queste le parole di GP:

“Bruciare un’auto è l’azione di chi non sa affrontare un dialogo, di chi non possiede la forza delle idee, di chi teme la trasparenza e la giustizia. È un atto vigliacco perché colpisce di nascosto, nell’ombra come un topo di fogna, contro un bene materiale che rappresenta il lavoro, il sacrificio, la quotidianità di una persona onesta. La ’Ndrangheta, con questi gesti, non mostra potere: mostra paura. Paura di chi vive nella notte, di chi non sa guardare in faccia la società civile, di chi ha bisogno di fuoco e distruzione per sentirsi vivo. Ma ogni fiamma appiccata racconta in realtà l’incapacità di costruire, di generare speranza, di essere parte di una comunità“.

Il vero coraggio è nella società civile

“Il vero coraggio sta altrove: nelle persone che non si piegano, che non si lasciano intimorire, che dopo un’auto bruciata trovano la forza di ricominciare, di andare avanti a testa alta. Lì risiede la vera dignità.
Ecco perché considero quel rogo non una ferita soltanto nostra, ma una prova in più della bassezza e della vigliaccheria di un sistema che si regge solo sulla paura e sul silenzio. Ma io, come tanti altri, scelgo di non restare in silenzio”.

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“Perché questo è, alla fine, la ’Ndrangheta: vigliaccheria mascherata da forza. Non hanno il coraggio di guardarti negli occhi, di affrontarti alla luce del sole. Miserabili che cercano elogio tra la loro stretta cerchia. Quel rogo, per noi, è stato doloroso, ma anche rivelatore. Ci ha mostrato quanto sia basso il livello a cui questa gente è disposta a scendere. E mi ha insegnato una cosa: che la vera forza non sta nell’alzare fiamme nella notte, ma nel continuare a camminare a testa alta, senza piegarsi, senza cedere.

Le nostre auto sono andata in cenere. La nostra dignità, no“.