San Ferdinando, tra inferno e solidarietà: aiuti da Reggio. Il reportage – FOTO
Viaggio nel ghetto di San Ferdinando tra baracche e solidarietà. I volontari di Reggio Calabria portano aiuti coordinati dalla Caritas per l'inverno
17 Dicembre 2025 - 11:19 | di Giorgio Gatto Costantino

Ci sono tanti gatti fra le baracche misere e precarie del ghetto di San Ferdinando. Gli animali di compagnia, così diffusi nelle nostre case, attendono all’imbrunire il ritorno dei lavoratori dagli agrumeti e dalle serre della Piana di Gioia Tauro.
Appollaiati su cumuli di rifiuti, su rottami di ogni tipo o al lato di improbabili biciclette arrugginite, i piccoli animali di affezione guardano indifferenti l’andirivieni lento di uomini vestiti con abiti precari, ai piedi infradito da spiaggia indossate con calze di lana grezza, un pezzo di corda per cintura “ecosostenibile”.

Uomini e animali, ci sono anche cani e qualche capra, sembrano vivere in perfetto equilibrio distopico rispetto al luogo e al tempo che c’è fuori dal perimetro segnato dai container. Qui sono installati e funzionanti una piccola lavanderia, frutto della donazione di Papa Francesco, un ambulatorio e il Centro Salute Migranti, dove un medico pensionato visita e cura i suoi pazienti. Gli altri volontari di diverse associazioni laiche e confessionali cercano di tenere aperto un ponte fra le due sponde del baratro che divide il paradiso e l’inferno.

Da una parte, ci sono corrente elettrica, acqua calda e fredda, sevizi igienici, lenzuola pulite, scorte alimentari, medicine. Dall’altra ci sono allacci improvvisati e potenzialmente devastanti, fusti sopra il braciere, latrine rotte, stracci e bestie macellate su lastre arrugginite.

La vita quotidiana all’interno del ghetto
In questo mondo parallelo si muovono circa 400 persone che si vedono poco in mezzo alle tane di plastica, legno e lamiera che punteggiano il terreno come grappoli d’uva marcia caduti dai tralci dopo una tempesta di vento. In questo non-luogo spiccano i servizi organizzati in autogestione. Si potrebbe dire che esista una via dello shopping.
C’è il davanzale su cui sono allineati alcuni barattoli dal contenuto sconosciuto, il banchetto degli arrosticini, la sala dell’acqua dove in giganteschi contenitori di lamiera viene riscaldato il prezioso e scarso liquido grazie ad appositi bracieri di legna.

I vapori che si mescolano al fumo creano un curioso effetto dai richiami esotici in stile Apocalypse Now. Manca solo l’odore del napalm.

Poi, al centro del labirinto, appare la moschea, un edificio pulito e dignitoso con i tappeti stesi a terra e il silenzio che avvolge la preghiera muta degli uomini di ritorno dai campi, dove si guadagnano da vivere raccogliendo mandarini in attesa di volare via al prossimo cambio di stagione.

La solidarietà dei volontari reggini
In questo metaverso sono arrivati nuovi volontari con materassi, coperte, giubbotti e indumenti raccolti a Reggio Calabria grazie a un tam tam virtuale che ha generato aiuto reale. Singole gocce hanno generato un piccolo fiume umanitario che aiuterà in piccola parte a sopportare il freddo dell’inverno. I volontari che fanno capo alla Caritas diocesana di San Ferdinando promettono di tornare facendo tesoro dell’esperienza di questi giorni per essere più efficaci nella distribuzione.

Mentre gli uomini neri si muovono mansueti e sempre più invisibili nella luce che si affievolisce al tramonto torna alla mente una domanda che è al tempo stesso un atto d’accusa. Anche qui, in mezzo ai rifiuti di plastica che bruciano in una fossa sviluppando diossina, guardando bagni rotti e inutilizzabili da sempre viene da chiedersi… se questo è un uomo.


