L’appello ai giovani dell’ing. Foti: ‘La conoscenza non sia fuga, ma radice. Restare per costruire’
"Restare non può essere una condanna e partire non deve essere una fuga". Le parole del presidente dell'Ordine degli ingegneri di Reggio
04 Novembre 2025 - 10:25 | Riceviamo e pubblichiamo

Riceviamo e pubblichiamo la lettera dell’ingegnere Francesco Foti, presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Reggio Calabria, sulla migrazione giovanile. Una riflessione profonda sul significato del restare.
“Vivo in un paesino dell’Area Grecanica, il luogo dove sono nato e dove ho scelto di restare. È una scelta consapevole, non dettata dall’abitudine ma dal legame profondo con la mia terra. Eppure, restando e vivendo qui, vedo ogni giorno i segni di un declino che avanza: le case si chiudono, le scuole si svuotano, le voci dei bambini si fanno più rare. E sarebbe lo stesso, in fondo, anche se vivessi in qualsiasi altro luogo della Città Metropolitana di Reggio Calabria, persino nei centri maggiori: perché quel senso di svuotamento e di assenza di futuro attraversa ormai tutto il territorio, senza confini geografici”.
La nuova migrazione e il senso del “restare”
“È come tornare agli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, quando i paesi del Sud si svuotavano per la grande emigrazione. Allora si partiva verso una speranza — la Germania, la Svizzera, il Nord Italia, l’Australia, le Americhe — lasciando e impoverendo la propria terra, con la convinzione che altrove ci fosse un futuro migliore, che in moltissimi casi c’è stato. Oggi quella migrazione è tornata, con un senso diverso e più amaro. I giovani, spesso altamente formati e competenti, continuano a partire — non sempre verso una prospettiva di crescita, ma troppo spesso verso la precarietà, l’incertezza, le rinunce e, ancor più grave, senza più la speranza — e talvolta neppure la volontà — di tornare”.
Ogni persona, sottolinea Foti, dovrebbe poter scegliere liberamente se restare, partire o tornare.
“Restare non può essere una condanna, partire non deve essere una fuga, tornare non deve apparire un’illusione. È compito delle istituzioni costruire le condizioni perché questa scelta sia davvero libera e dignitosa, ovunque”.
Il sapere come passaporto per partire
“Nel Mezzogiorno, e in Calabria in particolare, l’istruzione è diventata un passaporto per partire, non più una chiave per investire le proprie conoscenze nella propria terra. Negli ultimi vent’anni più di 120.000 laureati hanno lasciato il Sud; oltre 40.000 soltanto dalla Calabria, metà dei quali under 34. È un paradosso crudele: le università del Sud generano competenze che il mercato locale non riesce ad accogliere. Così, il sapere diventa la via per andarsene”.
La fuga dei giovani impoverisce l’economia, la vita sociale e la speranza collettiva.
“Quando i ragazzi lasciano la propria terra, non portano via solo il loro talento, ma anche la possibilità stessa di futuro per le comunità. Le aree interne appaiono già svuotate: borghi silenziosi dove restano solo gli anziani e i ricordi, dove il tempo sembra essersi fermato”.
Il bisogno di una nuova visione di sviluppo
“I finanziamenti destinati al recupero dei borghi si perdono spesso nella burocrazia. Una comunità che perde i suoi giovani perde i propri anticorpi sociali. Là dove si spegne la fiducia, cresce l’illegalità; dove arretra la conoscenza, avanza la paura. Eppure, invertire la rotta è possibile”.
Servono politiche territoriali e industriali che valorizzino le vere risorse del Sud:
- l’agroalimentare di qualità,
- il turismo sostenibile,
- i poli tecnologici e ambientali,
- servizi efficienti e opportunità per le donne,
- incentivi al rientro dei talenti.
“Le grandi opere infrastrutturali devono inserirsi in una visione organica di sviluppo, non essere episodi isolati. Non si può essere tifosi: servono metodo, dati e responsabilità. Le infrastrutture hanno senso solo se diventano strumenti di crescita e coesione”.
Restare come atto di costruzione
“Il riscatto della Calabria non passa solo dai fondi, ma da un nuovo patto tra conoscenza, territorio e responsabilità collettiva. Occorre rafforzare il capitale tecnico e amministrativo locale, creare una rete viva tra scuole, università e professioni. La rigenerazione dei borghi deve diventare un progetto permanente, che unisca energie rinnovabili, digitalizzazione e lavoro diffuso”.
Foti conclude con un messaggio di fiducia e consapevolezza:
“La Calabria non ha bisogno di miracoli, ma di metodo, visione e fiducia nella propria intelligenza collettiva. Restare, oggi, è un atto di costruzione: significa credere che la conoscenza non sia una fuga, ma una radice”.
