Reggio, Veronese: ‘La legge elettorale calabrese è un sistema anticostituzionale’ – VIDEO

"Favorisce una circoscrizione e ignora le sentenze del consiglio di stato sui voti validi dei candidati alla presidenza" la nota

Veronese

In Calabria si è appena conclusa una tornata elettorale che, al di là del risultato politico, mette a nudo una verità giuridica e democratica gravissima: la legge elettorale regionale è profondamente incostituzionale.
Il motivo è chiaro: la distribuzione dei seggi tra le circoscrizioni è iniqua, la valenza del voto non è uguale per tutti i cittadini calabresi e in più, la Corte d’Appello nelle  elezioni precedenti, a quanto pare, ha applicato  in modo errato la legge, ignorando le sentenze del Consiglio di Stato che da anni chiariscono come vadano calcolati i voti validi ai fini dello sbarramento e del riparto proporzionale includendo anche quelli dei presidenti.

Dall’analisi dei dati ufficiali di Eligendo emerge un quadro inequivocabile:

  • la Circoscrizione Nord (Cosenza) ottiene 14 seggi con circa 265.000 voti,
  • mentre la Circoscrizione Centro (Catanzaro, Vibo, Crotone) e la Circoscrizione Sud (Reggio Calabria) si fermano entrambe a 8 seggi, pur avendo complessivamente un numero di votanti quasi identico.

In termini numerici, al Nord servono 18.900 voti per eleggere un consigliere, al Centro 30.000, al Sud 26.250. Tradotto in termini costituzionali: un cittadino del Nord “pesa” circa il 40% in più di uno del Sud o del Centro. Un’anomalia che viola apertamente l’art. 48 della Costituzione (“il voto è personale ed eguale”), l’art. 3 (“uguaglianza dei cittadini”), e l’art. 122 che impone alle Regioni di rispettare il principio di rappresentanza proporzionale.

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A questo squilibrio territoriale si potrebbe aggiungere un errore interpretativo  reiterato della Corte d’Appello di Catanzaro. Sia nel 2019 che nel 2021, la Corte non ha tenuto conto dei voti espressi per il solo Presidente nel calcolo dei voti validi regionali — elemento decisivo per determinare la soglia di sbarramento del 4% e la ripartizione proporzionale dei seggi.

Tale esclusione contraddice apertamente le più recenti sentenze del Consiglio di Stato:

  • Cons. St., Sez. V, n. 4782/2015 (Campania): i voti ai soli presidenti vanno inclusi nel denominatore dei voti validi;
  • Cons. St., Sez. V, n. 7894/2020 (Puglia): i voti validi comprendono sia quelli alle liste sia quelli ai candidati presidenti;
  • Cons. St., Ad. Plen., n. 28/2013 (Molise): i voti ai presidenti influenzano la ripartizione proporzionale;
  • Cons. St., Sez. V, n. 2198/2023 (Lombardia): i voti al presidente sono rilevanti ai fini del premio di maggioranza, ma non esclusi dal calcolo del totale dei voti validi.

In base a questa giurisprudenza consolidata, la mancata inclusione dei voti ai soli Presidenti nel calcolo generale rappresenta una violazione sostanziale della volontà popolare e un vizio procedurale che può alterare il risultato complessivo.

Il caso “Noi Moderati” e il rischio domino sui seggi

Il caso emblematico è quello della lista “Noi Moderati”, che a livello regionale si attesta al 4,03% se si ignorano i voti al Presidente, ma scende sotto la soglia del 4% se tali voti vengono inclusi nel denominatore corretto dei voti validi. Ciò significa che i due seggi assegnati alla lista dovranno essere revocati e redistribuiti ad altre liste della coalizione vincente.

Ma il problema è ancora più profondo: la distribuzione del voto di “Noi Moderati” non è omogenea.
Oltre il 66% dei voti di “Noi Moderati” proviene dalla circoscrizione Centro (Catanzaro–Vibo–Crotone), contro appena 18,5% al Nord e 15,2% al Sud. Questa sproporzione altera i resti provinciali e, di conseguenza, potrebbe provocare uno spostamento di seggi nelle tre circoscrizioni, sia nella maggioranza che nell’opposizione.

Chi ha ideato questa legge e chi ha fatto finta di non vederne le distorsioni ha determinato due condizioni politicamente inaccettabili:

  1. che a Cosenza si concentrassero più seggi rispetto al resto della Calabria, alterando la rappresentanza democratica;
  2. che nelle circoscrizioni di Reggio e Catanzaro, dove i partiti maggiori – di maggioranza e di opposizione – hanno un peso politico interno decisivo, si sia volutamente evitato di ampliare il numero dei consiglieri, per conservare un equilibrio di potere nei vertici dei partiti stessi.

Il sospetto è che chi ha costruito o mantenuto questa legge lo ha fatto per condizionare il peso politico delle aree interne ai partiti, favorendo alcune province e marginalizzandone altre. Soprattutto questo appare evidente nella circoscrizione di Reggio Calabria dove i partiti che hanno preso le percentuali di voti più alti guidati dai capi indiscussi hanno potuto controllare meglio la rappresentanza interna e di ridurre la concorrenza territoriale. A discapito della rappresentanza della città di Reggio Calabria che è risultata marginale in questa tornata elettorale praticamente messa all’angolo.

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Una legge da riscrivere: alla luce dei numeri e della giurisprudenza, è evidente che la legge elettorale calabrese va riscritta. La Corte d’Appello, qualunque decisione assuma, non potrà evitare una stagione di ricorsi, perché:

  1. se esclude i voti dei Presidenti, viola le sentenze del Consiglio di Stato;
  2. se li includemodifica radicalmente il quadro dei seggi assegnati;
  3. e in entrambi i casi, lascia irrisolto il problema di incostituzionalità territoriale nella ripartizione dei seggi circoscrizionali.

La Calabria non può permettersi di avere una democrazia diseguale, dove il voto di un cittadino di Cosenza vale più di quello di Reggio Calabria e dove il principio di rappresentanza viene sacrificato all’aritmetica di una legge vecchia, sbagliata e non conforme ai principi costituzionali e alla giurisprudenza più recente.

Il rischio è che il nuovo Consiglio regionale nasca viziato nella sua composizione, con una rappresentanza territoriale e politica falsata. Una Regione che vuole parlare di legalità e trasparenza deve cominciare da qui: dal rispetto delle regole, della Costituzione e della volontà degli elettori.

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