Reggio, mense scolastiche da incubo: capelli nei piatti e cibo 'avariato'. Il caso in Commissione

Audita la dirigente Roschetti. Il Presidente Ripepi: 'Dobbiamo pensare per prima cosa alla salute dei bambini"

È fuor di dubbio che il cibo della mensa non possa essere come quello del ristorante, o di casa propria. Ma è vero anche che, nel caso di quelle scolastiche, trattandosi di un servizio rivolto alla comunità e, in particolar modo, ai bambini, dovrebbe quanto meno essere accettabile. Così purtroppo non è stato, almeno secondo le segnalazioni che, negli ultimi mesi, sono giunte al Comune di Reggio Calabria.

Documentazioni anche fotografiche di capelli nei piatti e macchie nere sul cibo che fanno pensare ad un principio di muffa sono state depositate dai cittadini al fine di risolvere la questione che ha causato non pochi disagi agli istituti scolastici. Il resoconto dei fatti è avvenuto a cura della dirigente comunale Gerolama Daniela Roschetti, audita in Commissione Controllo e Garanzia, nel corso della riunione di ieri.

Mense scolastiche da incubo: le segnalazioni dei cittadini arrivano in Commissione

Un servizio, quello offerto dalla ditta Ati Scamar, non senza alti e bassi, che a giugno 2022 è stata costretta ad intraprendere il “regime derogatorio” salvo poi dover fare dietrofront per tornare a quello ordinario, in seguito ad un colloquio con l’Asp di Reggio Calabria.

Ripartito, in ritardo, ad ottobre 2022, il servizio mensa nelle scuole non è risultato essere all’altezza degli standard qualitativi richiesti, tanto da scatenare l’ira dei genitori e numerose segnalazioni.

“In un primo momento – ha spiegato la dirigente – si è cercato di ovviare al problema con delle contro deduzioni, quindi contestazioni economiche, al fine di sanzionare la società rispetto al cibo portato in tavola per i bambini, servito in monoporzioni al banco, dunque senza l’impiego delle sale mensa”.

Da qui, la decisione di riunire la Commissione Mensa composta dai rappresentati dei vari istituti scolastici reggini.

Da qui la triste scoperta, nessuno può subentrare alla ditta operante perché non vi è nessun’altra società presente in graduatoria. Le opzioni a disposizione, dunque, sono due: interrompere il servizio o proseguire con l’Ati Scamar. La Commissione Mensa ha optato per la seconda, pur con le raccomandazioni del consigliere Massimo Ripepi, presidente della Commissione Controllo e Garanzia che ha preso in esame il caso:

“La misura della sanzione è sicuramente valida, ma fino ad un certo punto. Il problema più pressante, al momento, è dei bambini. Bisogna pensare alla loro salute. Il cibo che arriva nelle scuole va bene per loro? Se così non fosse è necessario attivarsi immediatamente per porvi rimedio”.

Un altro problema, secondo Ripepi e Roschetti è anche quello inerente l’adeguamento dei costi:

“Un pasto costa €3,98 come sei anni fa, ma con i rincari degli ultimi anni è possibile immaginare che questo prezzo non sia più adeguato ad uno standard qualitativo accettabile. Mi occuperò – ha concluso Ripepi – di fare luce sulla questione”.