“Colpa delle stelle”, una storia d’amore struggente ambientata ai giorni nostri


di Eva Curatola  È questo il problema del dolore. Esige di essere sentito.”

Questo il concetto base del romanzo di John Green, che ha fatto innamorare adolescenti ed adulti. Un vero e proprio fenomeno letterario, che ha riscosso grande successo grazie anche all’omonimo film uscito nel 2014.

La storia raccontata da Green, blogger e scrittore statunitense, è incentrata sulla figura di Hazel. Una 16enne con alle spalle un vero miracolo: grazie a un farmaco sperimentale, la malattia che anni prima le hanno diagnosticato è ora in regressione. Ha però anche imparato che i miracoli si pagano: mentre lei rimbalzava tra corse in ospedale e lunghe degenze, il mondo correva veloce, lasciandola indietro.

Un giorno però il destino le fa incontrare Augustus, affascinante compagno di sventure che la travolge con la sua fame di vita, di passioni, di risate, e le dimostra che il mondo non si è fermato, insieme possono riacciuffarlo. Ma come un peccato originale, come una colpa scritta nelle stelle avverse sotto cui Hazel e Augustus sono nati, il tempo che hanno a disposizione è un miracolo, e in quanto tale andrà pagato.

Un romanzo che di “classico” ha ben poco, se non la storia d’amore fra i due ragazzi; perché chi si aspetterebbe di trovare come protagonisti due adolescenti a cui probabilmente non resta molto da vivere? Eppure lo scrittore riesce con le sue capacità e le sue fantastiche parole a rendere il viaggio di Hazel e Augustus, indimenticabile.

“Alcuni infiniti sono più grandi di altri.”

Inutile cercare di smentire la drammaticità che caratterizza l’opera di Green, è proprio questa probabilmente a rendere il libro cosi diverso e innovativo, ma soprattutto, specchio di una società in cui l’uomo ha dimenticato di essere mortale, di avere un’unica vita a disposizione e in cui l’età conta ben poco.

La storia è stata molto criticata proprio per la scelta di inserire nel romanzo il tema della “malattia”, come se questa fosse stato un mezzo per raggiungere il successo attraverso il buon cuore e la lacrimuccia facile del lettore. E se invece cosi non fosse?

Se Green, invece, con questo espediente fosse riuscito a rendere un tema “insopportabile” per i più, qualcosa di accettabile? Se avesse acceso con le sue profonde parole un pizzico di speranza anche in chi non credeva di poter più sperare? Perché dopo aver letto ogni singola pagina di questa opera è questa l’idea che si forma nella mente del lettore.

Un’opera che non ha bisogno di riletture, perché fin dalla prima volta rimane ben piantata nella mente e nel cuore.

Altre caratteristiche importanti dell’opera sono la forte ironia e la pungente malinconia che caratterizza i dialoghi, soprattutto fra i due protagonisti. Di particolare interesse è anche il titolo del libro, che ad una prima occhiata può sembrare strano, viene quasi da pensare dopo aver letto la trama, “ma quale colpa potranno mai avere le stelle?”, come sempre accade però, la scelta del titolo non è stata un caso.

Green infatti ha preso spunto dal primo atto, scena 2, del Giulio Cesare di Shakespeare, in cui Cassio dice a Bruto: “La colpa, caro Bruto, non è delle nostre stelle, ma nostra, se siamo dei subalterni.

Una storia d’amore struggente, che grazie alla penna di Green diviene una vera e propria lezione di vita.

“Ma Gus, amore mio, non riesco a dirti quanto ti sono grata per il nostro piccolo infinito. Non lo cambierei con niente al mondo. Mi hai regalato un per sempre dentro un numero finito, e di questo ti sono grata.”

 

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