I fondali dello Stretto come una discarica. Cnr e Sapienza mostrano le immagini

Ricercatori del Cnr e della Sapienza documentano l'enorme massa di rifiuti trasportata in mare dalle fiumare di Sicilia e Calabria. Auto, cucine, alberi di Natale, bambole e forni da cucina. Le foto dei nostri fondali

C’è di tutto sui nostri fondali. Era immaginabile e già conoscevamo la situazione dei nostri mari e delle nostre coste violentati continuamente dalla presenza di rifiuti di ogni tipo. Adesso arrivano però le immagini che dimostrano e testimoniano la dura realtà.

Auto, cassette musicali, barattoli di plastica di ogni dimensione, forni da cucina e tanto tanto altro.

Nel bel mezzo dello Stretto c’è una vera e propria discarica formata da rifiuti di ogni tipo sommersi dal fango e trascinati dalle correnti. L’automobile trovata in particolare si trova a 510 metri di profondità e 2 chilometri dalla costa calabrese.

L’indagine è stata condotta dai ricercatori del Cnr e della Sapienza che la prima volta hanno calato gli strumenti al centro dello Stretto di Messina. Partiti per realizzare la carta geologica del fondale a mille metri di profondità, si sono ritrovati a bordo con un vecchio fornello da cucina, una pentola e un mestolo.

“Mai avremmo potuto immaginare una cucina un chilometro sott’acqua” – spiega Martina Pierdomenico, naturalista del Cnr.

Francesco Latino Chiocci, insegnante di geologia marina all’università Sapienza di Roma è ancora più incredulo.

“Abbiamo deciso di indagare meglio. Così nel 2016 siamo tornati nello Stretto con il progetto RitMare. Questa volta lo scopo preciso era studiare i rifiuti urbani sui fondali. Ne abbiamo trovati in quantità sbalorditive”.

Il loro lavoro, con una selezione di impressionanti immagini, viene pubblicato venerdì su Scientific Reports.

La telecamera sottomarina pilotata via cavo dalla nave del Cnr Minerva Uno ha trovato l’automobile, un forno, un bambolotto dallo sguardo spettrale che spunta da un cumulo di detriti, un albero di Natale di plastica, scarpe, cucchiai, barili, stivali, palloni e giocattoli di ogni tipo, assorbenti, mattoni, canne fumarie, secchi di vernice con pennello, cassette musicali, grondaie, serrande, copriwater e scopettoni, materassi, tappetini di auto, cavielettrici,barche,vestiti, pneumatici, tubi per innaffiare, tazze e bottiglie, tavoli e sedie. Oltre ovviamente a un’infinità di sacchi e sacchetti di plastica, flaconi e lattine.

La telecamera ha percorso più di 6 chilometri fino a 600 metri di profondità, in quattro punti dello Stretto, due di fronte a Reggio Calabria e due sul versante siciliano, a una decina di chilometri a sud di Messina, a distanze di 1-2 chilometri dalla costa.

“Non ci sono solo le fiumare in superficie. In questa zona anche il fondale è ripido e solcato da canyon – spiega Chiocci. Sono le condizioni ideali per il trasporto di detriti e spazzatura a grandi distanze”.

A quanto pare la concentrazione maggiore è sul versante siciliano, con un record di 200 rifiuti in 10 metri. Anche se l’automobile era di fronte alla costa calabrese. Il 52% della spazzatura è fatto di plastica morbida (sacchetti in primis), il 26% di plastica rigida, il 3% di materiali edili, il 2,5% di legno, il 2,4% di vestiti.

“Purtroppo non abbiamo una telecamera in grado di scendere oltre i 600 metri – continua – E la comunità scientifica italiana in questo momento non ha nemmeno navi per fare ricerca, che per un paese come il nostro è francamente uno scandalo. Ci sarebbe bisogno di altri studi sulle discariche in fondo al mare, perché caratteristiche geologiche e meteorologiche simili a quelle dello Stretto esistono nel resto di Sicilia e Calabria e in Liguria. Così in basso c’è grande stasi e scarsa capacità di recupero ambientale. Quel che accadrà, immagino, è che lentamente i rifiuti saranno ricoperti da fango o da altri rifiuti e un mio collega li ritroverà fra migliaia di anni. Così la nostra epoca verrà ricordata come l’epoca della geo-monnezza”.

fonte: repubblica.it