Fuga di cervelli, Nucera: “Dobbiamo far tornare i giovani”
E' l’allarme lanciato su “AffarItaliani” da Giuseppe Nucera, imprenditore del settore turistico
29 Settembre 2019 - 10:09 | Comunicato
“Mentre il Meridione sprofonda, la politica continua, in modo ossessivo, ad evocarlo, da un quarto di secolo. Tutte chiacchiere e pochi fatti. Se la nostra terra è in preda ad una desertificazione davvero drammatica, se i cervelli sono fuggiti a Berlino o a Milano, in fondo, fa poca differenza. Il punto è: come possiamo convincerli a tornare?”
E’ l’allarme lanciato su “AffarItaliani” da Giuseppe Nucera, imprenditore del settore turistico, già capo di Confindustria Reggio Calabria, candidato alle prossime Regionali.
“Ho vissuto sulla mia pelle cosa significa andare a imparare un mestiere. A 18 anni sono partito da Reggio e sono arrivato a Stoccolma in autostop, con tappe in Germania e Svizzera, per lavorare e racimolare i soldi per continuare il viaggio. Ai giovani che incontro dico sempre di partire, per studiare e formarsi fuori, apprendere il lavoro, farsi venire nuove idee. Altrettanto indispensabile, però, è che tornino nella loro terra natia. La verità è che l’Italia non è in grado di trattenere i propri cervelli. Il fenomeno della fuga di persone altamente qualificate tocca da molto vicino il nostro Paese: sono 156 mila i giovani diplomati e laureati che, negli ultimi cinque anni, hanno abbandonato l’Italia per cercare fortuna all’estero. Ben pochi quelli che hanno fatto rientro. Da Presidente di Confindustria sono stato nelle Università del centro nord per incontrare le giovane generazioni e presentare la misura di Invitalia “Resto al sud”.
In loro scatta l’orgoglio dell’essere calabresi; questa identita’ territoriale diventa una forza di riscatto quando entra in contatto con il sapere, con le Universita’ e la Ricerca.
Posso assicurare che vedo una luce accendersi negli occhi di quei giovani ragazzi: sono abituati ad una retorica che li invita ad andarsene quanto prima, a chi racconta loro che in Calabria per loro non c’è alcun tipo di futuro e opportunità. Si emozionano quando c’è chi gli chiede di continuare a sognare nella loro terra.
Oggi la Calabria ha tutte le carte in regola, per svolgere un ruolo di traino per lo sviluppo dell’intero Mezzogiorno, ma è vittima di una cattiva reputazione, frutto di luoghi comuni e di una pessima narrazione, che hanno prodotto in questi anni non pochi danni economici. La reputazione e’ l’insostituibile lievito che può far crescere la Regione. E’ una nuova moneta con cui si scambia un territorio con tutte le sue eccellenze, curate e promosse, da esportare nel mondo, liberando la Calabria dalle zavorre facendola ripartire. La ‘ndrangheta? È solo un alibi per non investire.
Le nostre terre con una storia e una cultura tali da non avere paragoni nel mondo, hanno ancora inesplorate possibilità: ad esempio il turismo e l’agricoltura. Ad affossarla ancora di più il contributo di imprenditori-predatori che hanno lasciato dietro a sé distese di capannoni vuoti. Quell’abbandono può ora essere una risorsa? Assolutamente sì. Un esempio su tutti: l’area industriale di Gioia Tauro ha tutte le carte in regola per essere una nuova Silicon Valley d’Italia. Bisogna iniziare a dire ai giovani di tornare perché qui troveranno spazio, assistenza e strumenti operativi. Le istituzioni possono creare i contatti, pagare gli avviamenti, assistere le start up. Certo per ripartire bisognerebbe chiedere al governo centrale dove sono finite le risorse pubbliche destinate al Sud. Basta analizzare i numeri del grande scippo, della spesa pubblica allargata, che ha dirottato più di 60 miliardi di euro dal Meridione al Nord. Sta anche qui la frattura che divide il Paese e che allontana i giovani, quasi sempre altamente professionalizzati. E soprattutto le aziende oggi non possono essere ostaggio della burocrazia: conosco imprenditori che hanno rinunciato agli incentivi dell’allora legge 488 per le aree depresse perché non potevano certo aspettare le pastoie delle scartoffie mentre avevano l’idea giusta, da realizzare subito. Sono cresciuti senza agevolazioni pubbliche nel settore dell’informatica, oggi danno lavoro a più di 250 ingegneri e si sono fusi con un colosso giapponese. Sono convinto che dal Mezzogiorno possa nascere il rilancio dell’intera nazione.
Un Sud che esporta intelligenza e creatività, un Sud che inverte il concetto e diventa forza per il paese, motore di un nuovo boom italiano che parta da dove e’ nata l’Italia. Ma, la volontà politica a livello nazionale ora non c’è. Parlano di parametri da non sforare, intanto il nostro meridione resta una risorsa preziosa inutilizzata”.