Locri, accusato di minacce e molestie alla ex: parziale assoluzione della Corte d’Appello

L'uomo era stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione per stalking e lesioni ai danni dell'ex convivente


La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha ribaltato in parte la sentenza del 5 novembre 2020 del Tribunale di Locri a carico di N. A., residente a Caulonia, e condannato in primo grado a un anno e sei mesi di reclusione per stalking e lesioni ai danni dell’ex convivente, la signora P.G.

N.A. è stato sottoposto a processato per due capi d’accusa in seguito a fatti risalenti al 4 luglio 2019, oggetto di querela da parte della vittima.

Secondo il primo capo d’imputazione,

“con condotte reiterate molestava l’ex convivente P.G. tanto da cagionare alla stessa un perdurante e grave stato d’ansia e di paura ed un fondato timore per l’incolumità propria e dei propri figli. Amato N. dalla fine della convivenza aveva iniziato a pedinarla ed a seguirla in ogni spostamento, nonché l’attende sul posto di lavoro (la scuola d’infanzia di Caulonia Marina) aggredendola verbalmente. In data 4.7.2019 le si avvicinava ed iniziava a colpirla violentemente al viso e la minacciava”.

Il secondo capo d’accusa riguardava le lesioni inferte all’ex convivente P.G.:

“Con schiaffi al volto le cagionava lesioni personali dalle quali derivava trauma contusivo viso zigomo dx, spalla dx, braccia dx, giudicate guaribili in 7 giorni salvo complicazioni, come da referto medico del 4.7.2019”.

Il giudice aveva ricostruito il fatto principalmente sulla base di quanto dichiarato dalla persona offesa, con la quale N.A. aveva convissuto dal 1994 al 2015, e avuto anche una figlia. La sentenza aveva individuato riscontri anche nelle dichiarazioni della figlia e della sorella della vittima, nonché di una collega di lavoro della stessa.

Una prima denuncia agli atti da parte della vittima risale al 26 febbraio 2016 (con integrazioni di fatti avvenuti il giorno dopo, il 27). Tale procedimento veniva tuttavia definito con sentenza del 12 luglio 2017 di “non luogo a procedere” per essere il reato estinto in seguito alla remissione della querela effettuata dalla vittima: le parti avevano concluso una transazione, impegnandosi ad abbandonare i tribunali e i giudizi in corso e a rimettere le reciproche querele.

In fase di appello, le istanze dei legali dell’uomo sono state accolte dai giudici. Come emerge dalla sentenza:

“Non vi è alcun dubbio che i fatti commessi prima del 27 febbraio 2016 siano coperti dal giudicato. Tuttavia, che dopo quella data i rapporti tra le parti abbiamo avuto lo stesso ‘contenuto’, non è emerso con certezza dall’istruttoria dibattimentale”.

La difesa degli avvocati Saverio Gatto e Alessandra Cianflone, secondo la Corte “ha ragionevolmente sostenuto che nel momento in cui la vittima ha rimesso la querela, i rapporti tra le parti si erano rasserenati“.

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, quindi, in parziale riforma delle sentenza del 2020 del tribunale di Locri, ha assolto l’imputato dal primo capo d’imputazione perché il fatto non sussiste, ed esclusa l’aggravante del secondo capo d’accusa ha rideterminato la pena inflitta in €1500 di multa. Conferma nel resto la sentenza impugnata da N. A. e i suoi avvocati, condannando l’imputato a rifondere la donna delle spese processuali.