Archeologi, terme degli elleni e gioielli da riesumare: la polemica viaggia sui social

Tra i due maggiori archeologi della Regione Calabria è scoppiata una disputa, su Facebook, riguardante i mosaici dell'antica Kaulon

Antiche terme ellenistiche e social roventi, preziosi (e fragilissimi) mosaici vecchi di 25 secoli e polemiche da ombrellone: l’ultima grana esplosa attorno a una delle meraviglie archeologiche arrivate in dono da un passato sempre più lontano, stavolta ha colpito i mosaici dell’antica Kaulon ed è esplosa, una manciata di giorni fa, nel posto più strano da immaginare considerando che si parla di due tra i maggiori archeologi della regione: Facebook.

Protagonisti dell’inedito scontro social Maria Teresa Iannelli, per anni responsabile archeologico nei siti più importanti della Calabria centro meridionale, e Francesco Cuteri, storico preparatissimo e “archeologo scalzo” come si definisce nel suo profilo social. Motivo del contendere, la mancata esposizione dei mosaici venuti fuori dalla vasca grande delle terme della antica città magnogreca.

I mosaici – che rappresentano un cavalluccio marino, un drago e un delfino – rappresentano probabilmente uno degli esempi più importanti dell’arte antica scovati nel sito alla periferia di Monasterace e sono attualmente conservati sotto un leggero velo di terra, lì dove erano stati rinvenuti, per proteggerli dalle intemperie. Fino allo scorso anno, era stato possibile per il pubblico visitarli, a patto di trovarsi in Calabria nell’unica settimana in cui era consentito farlo. Un’iniziativa estremamente interessante e che aveva raccolto il favore dei tanti che avevano partecipato alle visite guidate, ideate e condotte proprio dai due storici.

Una consuetudine  giovane ma già interrotta e che come da tradizione calabrese, ha lasciato dietro di se strascichi polemici. Ed è proprio Cuteri, fine archeologo ed esperto comunicatore, a lanciare la prima pietra dalla sua pagina social:

«La direttrice del Museo di Monasterace e del Parco archeologico dell’antica Kaulonia ha deciso che quest’anno la sala dei mosaici dovrà rimanere sotto terra.  In questo anno così difficile, non si poteva pensare a un regalo più brutto.  Decretare la morte di una speranza. Questa scelta, a mio avviso ingiustificata – affonda Cuteri puntando l’indice sulla responsabile degli scavi, Rossella Agostino – ha il sapore del sorriso negato ai bambini. Chi non ama questa terra non dovrebbe avere ruoli di responsabilità, soprattutto in questo campo. Io la penso così. Essere bravi tecnici non basta».

Nel lungo post – che ha riscosso centinaia di like e valanghe di commenti dai toni non sempre lusinghieri nei confronti della Agostino – Cuteri cita poi il rischio per il mancato intervento di conservazione dei mosaici causato dalla mancata “esumazione” dei reperti e, riferendosi a sé in terza persona, mette sul piatto il carico da undici:

«E sarebbe bastato che qualcuno dicesse subito, con chiarezza e coraggio, che il vero ostacolo alla riapertura della sala dei mosaici era la presenza dell’archeologo Cuteri. Sono abituato alle gelosie, “mi fici a scorza”, e mi sarei subito tirato indietro, per permettere a tutti di godere della meravigliosa luce emessa dalle tante piccole tessere colorate. Luce che, ovviamente, non tutti sono in grado di cogliere».

Un attacco diretto contro una mancata apertura che si aggiunge, ultima in ordine di tempo, alle tante porte chiuse sulle meraviglie archeologiche di questo pezzo di Calabria, stretto tra crisi sanitaria e inefficienze strutturali ormai diventate leggendarie. E se dal polo archeologico non arriva nessuna risposta ufficiale alle accuse di Cuteri, a scendere in campo in difesa della scelta della direttrice arriva, a piedi uniti, Maria Teresa Iannelli – una vita spesa a combattere i tafazziani scempi che le nostre amministrazioni pubbliche hanno perpetrato senza vergogna sul patrimonio artistico di loro competenza – che un proprio profilo facebook nemmeno lo ha e che, per rispondere a Cuteri con una lettera-manifesto, ha preso in prestito la pagina social del figlio.

«Penso che l’archeologo Francesco Cuteri in questo caso stia personalizzando e svilendo una problematica ben più articolata e complessa, quando parla di non precisate invidie e gelosie. Kaulonia è una realtà complessa – affonda la Iannelli che probabilmente ha idee diverse dal collega rispetto al tipo di comunicazione da diffondere – e tocca soprattutto all’archeologo illustrare, narrare, descrivere al grande pubblico con correttezza scientifica, evitando rigorosamente voli fantasiosi o azzardi interpretativi».

La storica, ormai in pensione, riassume poi i tanti problemi che da anni soffocano ogni abbozzata parvenza di rilancio del patrimonio storico artistico del comprensorio (il museo di Locri è chiuso da un anno in attesa del completamento dei lavori di profonda ristrutturazione a cui è sottoposto) difendendo a spada tratta la scelta della collega che l’ha sostituta alla guida del polo archeologico e sostenendo le politiche a tutela della gestione pubblica dei musei. Una difesa serrata che Iannelli chiude senza rinunciare a togliersi qualche altro sassolino dalla scarpa:

«Chiudo palesando la preoccupazione, fondata però su concrete evidenza, che il forte e sentito e a mio avviso, eccessivo rammarico per la mancata apertura del mosaico, sia strumentale per “operazioni culturali” e “mediatiche” estranee alle esigenze del pubblico che giustamente chiede di godere di uno dei più importanti manufatti archeologici calabresi e che al momento, può fruirlo in modo virtuale».

La polemica è esplosa e corre su internet, tra accuse (poco) velate e difese altrettanto partecipate. Sullo sfondo, il meraviglioso parco archeologico dell’antica Kaulon, ma quello resta chiuso, perché non ci sono nemmeno i soldi per tagliare le erbacce.