Il sindaco di Crotone punge Meloni: 'Qui è mancata lei. Nemmeno un messaggio'

"Venga a condividere, da mamma, il dolore di altre mamme, dei figli senza più genitori, di donne, uomini e bambini che avevano una speranza"

“Se non ha ritenuto di portare la sua vicinanza come Presidente del Consiglio, venga a Crotone a portarla da mamma”. Così il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, in una lettera inviata alla premier Giorgia Meloni.

“Questo popolo – aggiunge Voce – aspettava una testimonianza della presenza dello Stato, che è arrivata altissima dal Capo dello Stato. Ma qui è mancato il Governo, è mancata lei presidente. Abbiamo aspettato una settimana. La comunità crotonese, colpita da un dolore enorme, ha aspettato un suo messaggio, una sua telefonata, un suo cenno, che non sono arrivati”.

“In questa settimana – scrive ancora il sindaco Voce nella lettera alla presidente Meloni – i crotonesi si sono stretti nel dolore per le vittime di una tragedia immane. In ogni modo, anche con una semplice preghiera, portando un fiore o un biglietto, hanno voluto manifestare la loro vicinanza e solidarietà.

L’umanità probabilmente non farà risalire le classifiche della qualità della vita della nostra città, ma sicuramente rende orgogliosi di appartenere ad una comunità che ha saputo dimostrare come la solidarietà e l’apertura verso l’altro siano valori inalienabili ed irrinunciabili”.

“Venga a conoscere – aggiunge Voce rivolgendosi ancora alla Presidente del Consiglio – cosa si è vissuto in un palazzetto dello sport destinato alla vita e che è si è trasformato in un luogo di dolore e lacrime.

Venga a condividere, da mamma, il dolore di altre mamme, dei figli senza più genitori, di donne, uomini e bambini che avevano una speranza ed ora non hanno più nemmeno quella. Non le faccio una colpa di non essere venuta da Presidente del Consiglio. Sicuramente avrà avuto altri importanti impegni.

Allora venga in forma privata, se ritiene, da cittadina di questo Paese. Venga in questa città, che ha espresso fortissimo il sentimento di restare umani. Di guardare alle persone come tali e non come numeri. Perché quelle bare che non hanno ancora nome non sono numeri. L’aspettiamo”.