"Se vuoi perdere la dignità recati al Pronto Soccorso di Reggio Calabria"

"Viviamo nella terra dimenticata dallo Stato". Di seguito il tragico racconto di un uomo che ha perso il padre

“Ho scelto di iniziare così questo mio scritto, perché è di questo che si parla. Di dignità. Pertanto non farò nomi e cognomi. Quelli saranno citati nelle sedi adeguate. Non farò neanche il mio. Non voglio ne onori né oneri. Voglio solo che si sappia questa storia. Per dare un segnale. Un segnale che possa portare a un cambiamento.

Mio padre era una persona ammalata di leucemia. Egregiamente e amabilmente seguito presso il reparto di ematologia degli ospedali riuniti di Reggio Calabria e dagli splendidi volontari dell’AIL. Ma un pomeriggio, così, improvvisamente, si sente male a casa. Non vi era alcun segno di malessere in lui. La malattia era sotto controllo. Si sospettava una possibile recidiva, ma i valori andavano bene. Al mattino era serenamente uscito a far spesa. Ma si sa, in queste situazioni, tutto può accadere.

Infatti ripeto, si sente male. E decido di chiamare il 118. Già al telefono mi dicono che l’ambulanza che arriverà è senza medico: “Accetta”? dico di sì. Tanto mi rendo conto che la situazione è abbastanza grave e che deve essere solo trasportato in ospedale dove, dicono, in corsia al Pronto Soccorso sono già stati avvertiti che arriverà un malato del reparto di ematologia e che dovrà essere preso in carico immediatamente. Gli infermieri dell’ambulanza si rendono conto, al loro arrivo, della gravità della situazione e, pensando ad un edema polmonare, corrono verso il Pronto Soccorso dove, dicono, nella sfortuna siamo fortunati, perché in turno vi è un ottimo pneumologo.

E così arriviamo alle 19:30 dall’ottimo pneumologo che dice che c’è quest’edema polmonare e sostiene che prima di tutto va tamponata quest’emergenza. E così fanno. Almeno sembra. Tale medico mi dice che la situazione è abbastanza grave, mentre, rendendosi conto della mia presenza dentro il Pronto Soccorso, dove mi avevano permesso di entrare per qualche minuto per aggiornarmi, urla a qualcuno di mettere addosso a mio Padre almeno un lenzuolo per coprirlo, visto che lo avevano lasciato totalmente nudo con un enorme casco in testa, alla mercé di qualsiasi sguardo indiscreto.

Dignità…

Comunque… andiamo avanti.

Alle 20:30 c’è il cambio del Medico del P.S. Dicono che ne arriva uno pessimo. Vabbè penso… è pur sempre un Medico. E poi comunque sopra già sanno in ematologia… pensavo…

Ma intorno alle 21.30 vengo chiamato da una dottoressa, la quale si presenta come medico del reparto di Terapia Intensiva – Rianimazione. Vuole sapere tutta la situazione clinica di mio Padre ed io gliela racconto. Mi dice che per lei non esiste alcun edema polmonare, ma c’è una pesante crisi respiratoria. E che attendeva l’esito delle lastre ai polmoni che avevano fatto. Dopo di che avrebbero deciso come intervenire.

Ma in ogni caso mi sottolinea che i malati oncologici di solito non li portano in rianimazione. “E perché?” chiedo. Perché comunque ci sono neoplasie e quindi di solito non hanno una buona risposta… mi fa capire insomma che quasi quasi non ne vale la pena… Io comunque penso che mio Padre sia una Persona innanzi tutto, prima di essere un malato oncologico. Ma purtroppo questo non è un pensiero comune.

Dignità

Quindi già a questo punto sono passate più di due ore dentro al P.S. dove, neanche a dirlo, arrivano emergenze in continuazione: le urla si sprecano. La rabbia scorre a fiumi e tutti si trovano in preda ad ansie e frustrazioni varie. Il personale è poco, certo, ed è oberato. Ma nessuno brilla per cortesia e per professionalità.

Quindi attendo pazientemente il responso delle lastre e le decisioni dei medici. E si fanno le 23:00 circa…

E vengo chiamato dal medico del P.S. il quale mi dice che mio Padre deve essere ricoverato presso il Reparto di Ematologia. La notizia mi rende contento. Penso: “meno male, lì lo conoscono bene, sono stati avvertiti, e lo prenderanno in cura come sempre hanno fatto”. Ma mi aggiunge: “devi firmare però che accetti il ricovero in barella in corridoio”. Io firmo. Fidandomi. E, come dicevo, penso: “è ematologia”.

E chiedo al medico: “ma com’è la situazione”? e lui, con aria seccata, sprezzante, e mezza ironica mi fa: “gioia mia! C’aimu a fari…Mandamulusupra”. Per la serie… c’è poco da fare ormai… non rompere…

Dignità…

Mio Padre mi ha sempre insegnato l’educazione e la temperanza. Un uomo mite e risoluto. Ma educato e rispettoso. Ho obbedito ai suoi insegnamenti.

Salgo con lui in ematologia dove viene ricevuto dagli infermieri. Rimango fuori come da prassi. Ed attendo notizie. Quando improvvisamente le porte si spalancano e, correndo con la barella con mio Padre sopra, escono i medici e gli infermieri imprecando. Dicendo che sono matti a mandarlo su in corridoio in quelle condizioni. Che è molto grave e che deve andare in rianimazione.

Corsa sfrenata… corridoio… ascensore… rianimazione… ennesima porta chiusa…

Dignità…

Esce la dottoressa di ematologia e mi dice: “ma perché hai firmato?, io sapevo che era giù, ero stata avvertita, ma non mi avevano detto che era in queste condizioni, altrimenti avrei agito direttamente subito. Non mi hanno detto niente”.

Ma io che ne potevo sapere… io sapevo che loro sapevano… e quindi, quando mi hanno proposto di firmare l’ho fatto senza esitare…

Mi sono sentito circuito ed ingannato. Inizio a perdere la pazienza.

Ennesima porta chiusa quindi…. E noi dietro… ad attendere notizie. Noi. Ancora non li ho menzionati. Ma con me in tutta la vicenda ci sono dall’inizio la mia mamma, mia moglie, mia sorella, mio cognato, mia zia, mia cugina… e poi sopraggiungono amici… comunque sono ormai le 23:45 circa quando mio Padre arriva in rianimazione.

Finalmente veniamo chiamati a colloquio con la dottoressa. Ma sono circa l’una del mattino. Ci dice che la situazione è grave. Come mi aveva detto prima (perché è la stessa dottoressa di prima che mi aveva detto che non Lo avrebbero preso), non c’è alcun edema, ma un addensamento polmonare importante dovuto ad una polmonite acuta che gli ha totalmente compromesso il polmone destro. Loro cureranno la polmonite con gli antibiotici specifici. E poi vedremo che succede. Dice. Ci dà gli orari del reparto e come funziona. Ci dice che spera di non doverlo intubare. Perché è un malato oncologico. Ma dice che anche a loro è dovuta una speranza.

Se succede qualcosa vi avvertiamo noi. Sennò a domattina alle 8.

Andiamo a casa. Alle 2:20 del mattino suona il mio cellulare. È lei: “avvicinatevi. Ha avuto un arresto cardiaco ed è grave”.

Andiamo. Arriviamo. Entriamo. È morto. Disperazione. Rabbia. Tristezza. Domande. Tante domande.

È andato tutto come doveva andare? O poteva andare diversamente?

È normale che una persona che deve essere ricoverato in rianimazione d’urgenza ci arrivi dopo oltre tre ore che arriva al P.S.?

È normale che venga curato per un edema che non c’è?

È normale che se una Persona è un malato oncologico non possa godere di speranza?

È normale che un malato non è una Persona?

È normale che il luminare sbagli?

È normale che si sappia chi è bravo e chi no e che ti puoi affidare solo al Padre Eterno?

È normale che non ci sia nessuno a vigilare su ciò che accade lì dentro?

Scrivo tutto ciò perché vivo in questa terra. Ci sono tornato dopo 12 anni in cui sono stato fuori. Ho scelto di restare. Di scommettere che tutto possa cambiare. Ma mi rendo conto che è molto difficile. La nostra cultura non permette la serietà ed il rispetto delle regole. Tutto alla buona… tanto… siamo qui dove nessuno parla e tutti ci lamentiamo. Ma sinceramente ora basta.

Io cerco sempre di essere retto e corretto in ciò che faccio. Con la temperanza e la buona educazione che mio Padre ha insegnato a me ed ai miei figli. Ma mi rendo ancora conto che solo l’arroganza e le minacce hanno ascolto. Se quella sera al P.S. avessi sbroccato? Se avessi iniziato ad urlare e minacciare avrebbero agito diversamente? Probabilmente sì. Ma non è nello stile della mia famiglia. E purtroppo l’educazione non paga.

Scrivo amareggiato a voi organi di stampa. Per poter divulgare questa storia. Per rendere noto a tutti cosa è successo. Perché quando prenderò la cartella clinica di mio Padre, che ho richiesto, e che ci vorrà “solo” un mese e mezzo per averla, vorrei che le cose fossero coincidenti con quello che è accaduto realmente.

E vorrei qualche risposta alle mie domande. E vorrei davvero che le cose cambiassero. Per tutti. Per tutti noi che stiamo quaggiù. Nella terra dimenticata dallo Stato“.