"La scommessa della decrescita" di Latouche: come risollevare la Calabria ed il Pianeta

"Crescere con consapevolezza, limitare i danni ambientali, riscoprire i valori reali". I consigli dell'economista Latouche per "vivere bene" in questa società

“Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto,
l’ultimo fiume avvelenato,
l’ultimo pesce pescato,
l’ultimo animale libero ucciso.
Vi accorgerete…
che non si può mangiare il denaro.” (Indiani Sioux)

Bentornati a #insidethebook cari lettori, ultimamente i temi green di sostenibilità ambientale sono all’ordine del giorno, per fortuna direi! Ecco perché il libro di oggi ci aiuterà a riordinare le idee e, soprattutto, capire che ci sono moltissimi scrittori, economisti, filosofi e politici che già da moltissimo tempo lavorano per ripristinare l’equilibrio del nostro ormai depredato pianeta!

La guida che seguiremo questa domenica è Serge Latouche, economista e filosofo francese, da sempre critico sull’impostazione dell’economia occidentale, ha avanzato l’ipotesi di un sistema in netta contrapposizione con quello attuale (che verte intorno al dio denaro), un sistema alternativo che, con piglio provocatorio, ha definito “decrescita serena”, o come lui spesso afferma: “bien vivre”.

Ma facciamo un passo indietro:

“Il nostro pianeta offre un ammontare limitato di risorse.

Questa è la prima lezione che ogni studente della facoltà di Economia apprende. Questa è la nozione su cui si basano le strategie d’impresa del sistema capitalista che sembra averci totalmente risucchiato.

Eppure qualcosa non torna… Come può la teoria economica, tanto accurata e acclamata, allontanarsi così tanto dai risultati pratici? Come possono le imprese comportarsi con così tanta scelleratezza da pensare di poter produrre un output illimitato, attingendo da una fornitura ristretta di input?

Secoli di progresso e di innovazione hanno accecato l’uomo, siamo sommersi dalle più avanzate tecnologie, siamo l’era dell’avanguardia pura per eccesso e, a pagarne il prezzo, siamo sempre noi.

“L’uomo è direttamente responsabile della deplezione in corso della materia vivente e potrebbe addirittura esserne vittima.” (S.Latouche, La scommessa della decrescita)

La soluzione? Invertire la rotta.

Quando utilizziamo il termine decrescita, nell’immaginario collettivo salta fuori un ritorno al passato, un senso di stallo, arretratezza, una sorta di nostalgia ingiustificata che sembra quasi essere irrispettosa verso tutti i sacrifici prodotti dalla scienza, dalla medicina, dalla tecnologia. Un approccio totalmente sbagliato e distante dall’ideale promosso da Latouche. Crescere con consapevolezza, limitare i danni ambientali, riscoprire i valori reali che sono stati promotori, negli anni, delle intenzioni e delle scoperte migliori:

Internet ha agevolato la globalizzazione, l’istruzione, la conoscenza, l’informazione. Il benessere è esploso dando la possibilità a molte aree, economicamente deboli, di innescare processi di sviluppo più o meno intensi. Crescere per migliorare le condizioni di vita di ciascuno, distribuendo più equamente possibilità e ricchezze è un nobile obiettivo, ma non è più questa la meta che l’uomo dimostra di voler raggiungere. Siamo in balia di una crescita negativa fine a sé stessa, Latouche la paragona ad un gigante talmente grande che non riesce più a stare in equilibrio, un gigante che per non capitolare rovinosamente a terra, distruggendo tutto, deve continuare a correre.

Effettivamente, se ci fermiamo un attimo a pensare, è questo quello che facciamo quotidianamente, corriamo. Lo facciamo da un luogo all’altro, da un sogno all’altro. Corriamo a lavoro, corriamo a pranzo, corriamo a fare sport, corriamo a casa, corriamo a prendere in bambini a scuola. Corriamo per vivere mentre tutto intorno a noi avvizzisce.

Quando ci parlano di un ecosistema che ha ormai i giorni contati, la prendiamo come una notizia da TG che non ci tocca direttamente, rimbalza sullo schermo e si perde tra la moltitudine di informazioni da cui siamo bombardati. Quante volte ci hanno propinato l’immagine dell’orso polare in preda al panico su un piccolo ghiacciaio pronto a sciogliersi? Immaginatevi di essere quell’orso, non per spirito empatico, ma perché è questo ciò che siamo! Siamo in bilico su un precipizio ma abbiamo davvero un gran da fare per prenderne atto, ci manca il tempo, l’attenzione, la sensibilità. Anche questi sono doni del capitalismo, l’altra faccia della medaglia che non ci piace guardare, un problema che è stato messo a tacere con un nuovo slogan: “sviluppo sostenibile”.

Latouche lo definisce l’ossimoro per eccellenza, due parole che vivono di ideali così distanti che accostarle sembra assurdo. Da qui nasce la decrescita, non come regressione bensì come differenziazione, come “a-crescita”. Occorre pensare con creatività a una nuova era basata sul “doposviluppo”; saccheggiare il pianeta non può più essere la strada principale, dobbiamo rallentare fino a fermarci per riprendere fiato, per ridare fiato alla natura stessa, raccogliamo i frutti di un progresso delirante e ripristiniamo i sani equilibri della vita:

“Queste concezioni implicano rapporti di reciprocità tra gli uomini e il resto dell’universo: gli uomini sono pronti a darsi a Gaia (personificazione mitologica della Terra), come Gaia si è data a loro. Eliminando la capacità di rigenerazione della natura, riducendo le risorse naturali a una materia prima da sfruttare invece di “attingerne”, la modernità ha eliminato questo rapporto di reciprocità. Ricollegarsi a questa predisposizione di spirito prearistotelica è senza dubbio la condizione della nostra sopravvivenza.”

Sembrano concetti di mera retorica, difficili da mettere in pratica ma, in realtà, in diverse aree del mondo soprattutto i giovani hanno abbracciato questa filosofia con lungimiranza, unendo i loro ideali sani, in un certo senso patriottici, alle tecniche di business che il capitalismo impone.

La nostra amata Calabria ne è l’esempio. I dati del 2017 di Unioncamere annoverano 3.688 imprese agroalimentari guidate da giovani under 35, lo hanno definito “il ritorno alla terra”, dei risultati strabilianti se consideriamo il tasso di disoccupazione e migrazione che il nostro territorio registra.

Il cambiamento è possibile, non è con facilità che si ottengono i risultati migliori, lo stesso capitalismo ci ha impartito questa lezione ma, praticando un maggiore rispetto per la vita, otterremo una nuova e più efficiente forma di progresso con benefici certamente differenti.

Sacrificare parte dei nostri consumi, quelli superflui, ridurre gli sprechi, riciclare, ridistribuire le risorse e agire nuovamente in vista del bene comune, sono queste le fondamenta del pensiero di Serge Latouche e, il suo libro: “la scommessa della decrescita”, è uno schiaffo in faccia che ci meritiamo di prendere!