Serie D, l’assurdo obbligo di impiego degli Under. Lucarelli: ‘Utilità nulla, se davvero funzionasse…’
"Tanti ragazzi si illudono, giocano perché la regola lo impone e poi usciti dall'età, vivono veri e propri drammi"
17 Ottobre 2025 - 11:41 | Redazione

Ospite dei microfoni di TMW Radio nel corso della trasmissione ‘A Tutta C’, Cristiano Lucarelli, ex calciatore e adesso allenatore, ha parlato di questa assurda regola che obbliga l’impiego dei giovani soprattutto in serie D: “In Serie D, da oltre vent’anni, si obbliga a utilizzare delle quote, ma l’utilità di questa regola è pressoché nulla. Se davvero funzionasse, in Italia oggi dovremmo avere duemila Maicon, duemila Maldini e duemila Buffon. Non mi risulta. In passato, quando i giovani giocavano perché erano forti e meritavano. Non a caso l’Italia vinceva Mondiali, Europei e Coppe dei Campioni. Quando c’è l’obbligatorietà diventa un problema, anche sul piano psicologico: tanti ragazzi si illudono, giocano perché la regola lo impone, e poi, usciti dall’età “under”, vivono veri e propri drammi. Pensate: per far giocare tre o quattro quote servono almeno 10-12 ragazzi in rosa. Moltiplicate per 200 squadre: sono oltre 2.000 giovani che ogni anno vengono utilizzati solo perché la regola lo richiede, e poi vengono considerati “vecchi” a 21 anni. Bisognerebbe cominciare a fare le regole pensando anche alle loro conseguenze”.
Ho la netta impressione che, se si cerca di incentivare l’utilizzo dei giovani a livello di Serie D o di calcio professionistico, siamo già fuori tempo massimo. Significa che si è costretti a far giocare ragazzi che non hanno le qualità e che si illudono di poter fare un percorso che in realtà non c’è”.
I settori giovanili
“Sicuramente. Rispetto a tanti anni fa, nei settori giovanili c’erano istruttori, non allenatori. Oggi invece molti mettono davanti la propria carriera alla crescita dei ragazzi. Anche nelle gare dei Pulcini si vuole vincere, dimostrare di essere bravi per fare carriera. Andrebbe rivisto tutto il sistema, senza parlare del clientelismo che esiste in questo ambiente, con allenatori che portano sponsor per allenare. Non a caso manchiamo da due Mondiali. Speriamo che quest’anno le cose cambino, ma è chiaro che serve una revisione profonda“.