Sogni e desideri: i primi 20 anni di Eyes Wide Shut, l'ultima sciarada di Kubrick

Vent'anni fa usciva Eyes Wide Shut, l'ultimo film di Stanley Kubrick. Un capolavoro non del tutto compreso ma che è obbligatorio conoscere

Il 16 luglio del 1999 usciva nei cinema americani ‘Eyes Wide Shut’, ultimo film (postumo) del regista Stanley Kubrick, scomparso nel marzo dello stesso anno.

‘Eyes Wide Shut’ salutava il millennio e, purtroppo, la carriera del regista americano. Kubrick ha segnato come pochi altri la storia del cinema, grazie alla sua enorme abilità di estraniarsi dalle vicende raccontate (venendo percepito come ‘asettico’ da una piccola parte di pubblico) ma riuscendo al contempo a scavare nella parte più profonda della psiche umana.

‘Doppio Sogno’ è il titolo della rubrica cinematografica di Citynow, che si ispira appunto all’ultimo film di Kubrick. Così si chiamava infatti il romanzo datato 1925 di Arthur Schnitzler da cui Kubrick prese spunto per la sceneggiatura, affidata poi allo scrittore Frederic Raphael.

La storia originale, ambientata nella Vienna degli anni ’20, viene trasposta dal regista di Arancia Meccanica nella New York della seconda metà dei ’90. Si tratta in realtà di una doppia ricostruzione, considerato che la New York del film venne completamente riprodotta in Inghilterra, ai Pinewood Studios di Londra.

Il film si attorciglia, in un breve lasso temporale, attorno alle vicende del dottor Bill Harford e di sua moglie Alice. Sogni e desideri, passioni e tradimenti si mescolano in un binario in costante equilibrio tra vita reale e universo onirico.

Protagonisti di Eyes Wide Shut sono Tom Cruise e Nicole Kidman, la scelta di Kubrick è perfetta e diabolica allo stesso tempo. Felici e sposati nella vita reale, Cruise e Kidman vennero ‘rapiti’ per un tempo infinito e indeterminato dal regista americano.

Il set cinematografico divenne la loro vita quotidiana e viceversa, era questo l’intreccio cercato e ottenuto da Kubrick per ottenere il livello di tensione tra i due protagonisti necessario, minare la loro resistenza psico-fisica e far emergere le tipiche inquietudini dei rapporti di coppia. Non è un caso se Cruise e Kidman, due anni dopo la fine delle riprese, si separarono.

“Nessun sogno è mai solamente un sogno” assicura Alice a Bill nella scena finale del film, un triste valzer celato dietro maschere che provano a nascondere “l’annichilente senso di inutilità dell’essere umano, pronto a soccombere se si soffermasse davvero a pensare alla propria fine imminente e alla propria agghiacciante futilità e solitudine nel cosmo”, per dirla a là Kubrick.

Una coppia vera per raccontarne una finta, recita che si divide tra reale e onirico. Il gioco di specchi tra quello che accade e finzione diventa così un rebus intricato in tre dimensioni, un ‘cubo di Kubrick’, enigma indecifrabile che era l’essenza del cinema per il regista americano.

Eyes Wide Shut per Kubrick è l’ultima occasione (quella perfetta) per far concludere, dopo un viaggio durato trent’anni, l’Odissea Spaziale di 2001 in un parallelo che sembra legare i due film più di quanto un primo sguardo disattento non faccia capire.

L’universo (in)finito di conoscenza di 2001 si dilegua in una New York stanca, capace di offrire solo perdizione e inganno. L’ipocrisia della fedeltà, vissuta o solo immaginata, è il monolite nero che (come in 2001 Odissea nello spazio) guida l’evoluzione (?) umana mettendone a fuoco gli aspetti tragici.