Quante volte abbiamo sentito dire l’espressione “ascolta la pancia” per suggerire di fare affidamento sulle nostre emozioni? Questa affermazione altro non esprime che l’importanza dell’ascoltarle come bussola nel nostro agire quotidiano.
Le emozioni, consapevoli o no, sono il costante sottofondo delle nostre esperienze quotidiane e ci accompagnano sin dalle primissime interazioni. Nel contesto familiare, e soprattutto nelle relazioni primarie, i bambini fanno le prime esperienze emotive imparando, cosi, a riconoscere, negli altri e tramite gli altri in se stessi, intenzioni, desideri ed emozioni. Le emozioni, spesso vissute come minacciose perché fonte di vulnerabilità, hanno in realtà una funzione essenziale e adattiva per l’individuo: aiutano a comprendere cosa succede, permettendo di interfacciarci con il mondo da una prospettiva di soggettività.
La Dott.ssa Lucia Bruciafreddo, Psicologa socia PLP, proporrà delle indicazioni importanti per una maggiore consapevolezza delle emozioni.
Mi dica, sinteticamente, cosa sono e quali sono le emozioni primarie?
Se ha visto Inside Out, un bellissimo film d’animazione uscito nelle sale un paio di anni fa, saprà quali sono le emozioni primarie. Sono esattamente quelle incarnate dai simpatici personaggi che albergavano nel corpo della bimba protagonista del film e qualcuna in più: gioia, rabbia, tristezza, paura, disgusto, disprezzo e sorpresa. Le definiamo anche universali perché appartengono a tutte le popolazioni. Sono state definite e categorizzate proprio a partire dall’osservazione scientifica delle espressioni facciali esprimenti emozioni in varie popolazioni.
Perché è importante saperle riconoscere?
Più che saperle riconoscere è importante saperle “contattare”, ossia mettersi in contatto con esse, accoglierle ed ascoltarle. Per farlo basta ascoltare il nostro corpo, attraverso il quale, primariamente, si esprimono tramite reazioni fisiologiche. E’importante prendere contatto con le nostre emozioni, accettarle ed ascoltarle, perché esse, in sé e per sé, non sono né negative, né positive, semplicemente ci informano. Hanno una funzione evolutiva perché ci consentono di comprendere noi stessi, di valutare le situazioni in cui ci troviamo e di agire e intraprendere azioni finalizzate al nostro benessere.
Quali benefici porterebbe, nella vita di ogni giorno, imparare a gestire le emozioni?
Anche qui, più che utilizzare il termine “gestire”, direi quel che ho detto sopra: “ascoltare”. Ascoltare le nostre emozioni ci consente di muoverci nei confronti di noi stessi e degli altri in modo sereno. Come sopra accennato, nessuna emozione è negativa in sé e per sé, anche la rabbia e la tristezza, poiché tutte ci danno utili informazioni su noi stessi e sull’ambiente che ci circonda. Per esempio: il disgusto che proviamo davanti ad un cibo avariato ci informa che è bene non mangiarlo. Il problema nasce quando non riconosciamo o non accettiamo o non esprimiamo le nostre emozioni.
Perché spesso molte emozioni negative vengono espresse e comunicate attraverso atti aggressivi?
Non tutte le emozioni vengono espresse e comunicate tramite atti aggressivi, in genere l’aggressività è generata dalla rabbia. E la rabbia non porta necessariamente a condotte aggressive: come tutte le altre emozioni ha una durata e un suo percorso, arriva ad un apice e poi lentamente si estingue. Se noi riconosciamo e accettiamo la nostra rabbia, questa spontaneamente tenderà a defluire e noi potremo, quando sarà al suo apice, decidere di non intraprendere alcuna azione finché non ci saremo rasserenati. Allo stesso tempo avremo utilizzato la funzione utile di questa emozione: quella di informarci che ci sentiamo frustrati o minacciati. Le emozioni hanno il sopravvento su di noi quando non le facciamo “respirare”, quando non le lasciamo emergere, quando non le esprimiamo. In tal caso le “agiamo”, ossia, non riconoscendole e non esprimendole, lasciamo che abbiano la meglio su di noi e che ci portino a intraprendere azioni dettate dall’istinto.
Esiste una differenza di genere nella capacità di entrare in contatto con le proprie emozioni?
Alcuni studi e ricerche testimoniano che la donna è dotata di maggiore capacità empatica. Letteralmente il termine empatia (dal greco en – patòs) indica la nostra capacità di entrare e stare nelle emozioni. Tendenzialmente è così, ma io credo che la capacità empatica, così come la sensibilità e le abilità relazionali, siano aspetti che chiunque può coltivare ed accrescere nel suo percorso di vita, maschio o femmina che sia. La determinazione biologica risponde in minima parte delle nostre caratteristiche di personalità e delle nostre qualità umane e psicologiche.
C’è differenza fra il bambino e l’adulto?
L’adulto, a differenza del bambino, ha sviluppato le sue abilità metacognitive, la capacità cioè di riflettere sull’esperienza interna ed esterna, di riconoscere le proprie emozioni e i propri vissuti e di instaurare un dialogo con le parti di sé. Alcune abilità relazionali ed emotive, inoltre, dipendono anche dall’acquisizione di capacità legate allo sviluppo cognitivo. Per esempio: fino a circa gli otto anni noi non siamo in grado di assumere una prospettiva, un punto di vista diverso dal nostro, non abbiamo capacità mentali di “astrazione”, dunque viene da sé che non possiamo riflettere sulla nostra esperienza interna né comprendere quella altrui.
In che modo l’espressione delle proprie emozioni può aiutare all’interno di un rapporto di coppia? I due partner trarrebbero benefici dal condividere reciprocamente il proprio stato emotivo?
Esprimendo le nostre emozioni consentiamo all’altro di comprenderci e di disporsi nei nostri confronti in posizione di ascolto e di accettazione. Comunicare le proprie emozioni nel rapporto di coppia come in qualunque altro rapporto, migliora la qualità della relazione e consente l’instaurarsi dell’intimità, ossia quello “spazio” relazionale in cui prendiamo contatto con la nostra vulnerabilità e la mostriamo all’altro; questo è il livello più alto di vicinanza all’altro nella relazione. Ovviamente, per esprimere in modo efficace le proprie emozioni, occorre utilizzare un linguaggio e delle modalità che tengano conto della presenza dell’altro, per esempio: parlare in prima persona e assumersi la responsabilità di quel che si prova piuttosto che incolpare l’altro.
Sappiamo che esiste un collegamento fra pensieri ed emozioni. In che modo questo meccanismo influenza la percezione della realtà?
Tra pensieri ed emozioni esiste un rapporto bidirezionale: quel che proviamo condiziona i nostri pensieri e contribuisce alla formazione dei nostri giudizi e pregiudizi, con i quali, spesso, direzioniamo i nostri comportamenti; il modo in cui interpretiamo la realtà ed attribuiamo un significato agli eventi che ci accadono influenza i nostri stati d’animo e, di conseguenza, i nostri comportamenti. La realtà è complessa e il modo in cui la percepiamo è solo una visione soggettiva, non è la realtà oggettiva.
Può fare un esempio
Si, un esame, di per sé, non ha nulla né di negativo né di positivo, ma se lo viviamo con ansia e con pensieri negativi su di noi (non siamo abbastanza bravi o preparati) o sulla realtà esterna (la commissione è troppo severa), ci disporremo male nei confronti della prova e rischieremo di realizzare le nostre maggiori paure; di contro, se lo affrontiamo con fiducia in noi stessi, nell’esaminatore e lo affrontiamo con animo positivo, assumeremo un atteggiamento che ci predisporrà al successo.
In che caso l’ansia può essere funzionale?
Riprendendo l’esempio dell’esame, un’ansia “buona” è quella che ci fa preparare al meglio ed arrivare alla prova motivati e con un pizzico di adrenalina, questo ci faciliterà a superare l’esame. Un’ansia “negativa” ci terrà invece bloccati nelle nostre paure (di non essere sufficientemente capaci o preparati, per esempio) e ci impedirà di studiare e sostenere la prova con la necessaria lucidità. L’ansia è un’emozione secondaria, più complessa dell’emozione primaria della paura. Deriva da questa e da un insieme di fattori che dipendono dall’educazione che abbiamo ricevuto, dalle esperienze di vita, da predisposizioni biologiche. Rispetto alla paura è più immotivata, irrazionale. E’un’emozione che può aiutarci a dare il meglio di noi, a migliorare le nostre prestazioni, ma quando è eccessiva ci impedisce di agire, di “esplorare”, ci rende vulnerabili e insicuri.
Secondo lei, l’attività sportiva può aiutare a “liberare” le emozioni? Se si, in che modo?
Credo che l’attività sportiva dovrebbe rientrare nell’agenda di ognuno di noi, per un numero considerevole di ragioni. Rispetto all’ambito delle emozioni, l’attività sportiva ci aiuta in almeno due modi:
1. Ci consente di avere un contatto con il nostro corpo, di sentirlo, di conoscerlo e di ascoltarlo, e il corpo, come ho sopra detto, è lo strumento principale con il quale comunicano le nostre emozioni;
2. Regola l’attività ormonale e ci facilita nella gestione di alcune emozioni: migliora l’umore, ci consente di “sublimare” (esprimere in modo costruttivo) e scaricare la rabbia, ci rende più sicuri e innalza la nostra autostima, dunque riduce i livelli di ansia.
Che consiglio darebbe ai nostri lettori?
A chi ci sta leggendo consiglio di ascoltare, accogliere e accettare le proprie emozioni. E di esprimerle, nei modi opportuni per farsi comprendere e, allo stesso tempo, rispettare l’altro. Consiglio di tenere sempre un dialogo aperto tra testa, cuore e pancia, metafora che noi psicologi utilizziamo per collocare, rispettivamente, le sedi di: pensieri, sentimenti, emozioni ed impulsi. Una personalità integrata tiene un contatto continuo ed equilibrato con tutte e tre le parti, si relaziona con sé stesso e con gli altri con rispetto, amore ed accettazione.
Un buon contatto emotivo ed una equilibrata autoconsapevolezza sono, dunque, fattori positivi per un buon andamento sociale e una salute mentale stabile.
La Dott.ssa Bruciafreddo, che ringrazio per le interessanti ed esaustive risposte, ha sottolineato come sia importante entrare in contatto con le proprie emozioni. Esprimendole in modo sano, con una comunicazione autentica, si possono avere benefici sia in ambito relazionale, che personale. Le sfumature delle emozioni sono infinite. Ogni emozione si confronta con un orizzonte di senso ed ha un proprio tempo interiore che si fa evidente in alcune emozioni specifiche. Il tempo interiore viene inteso come un tempo soggettivo che ha vissuto ogni individuo. Il tempo interiore della speranza e dell’ansia è il futuro, il tempo interiore della nostalgia e della tristezza è il passato. Il tempo dell’ira è un tempo presente dilatato e deformato in slanci di aggressività. Il tempo della gioia è il presente. Solo vivendo il presente, nel qui ed ora, si può assaporare le gioia e la felicità.
Rubrica ideata e creata da PLP
Psicologi Liberi Professionisti
A Cura della Dott.ssa Gaia Malara