Reggio, Cordova presenta ‘Criminalità socializzata’: ‘Le mafie capiscono prima di noi dove va il mondo’

"Sempre meno giovani si interessano al giornalismo. Non c'è un ricambio generazionale e questa è una cosa gravissima" le parole di Cordova

presentazione libro cordova

“Le mafie capiscono prima di noi dove va il mondo” a spiegarlo è Claudio Cordova, autore del libro “Criminalità socializzata: Le mafie nei social network. Dai pizzini ai post”, in una delle sue riflessioni più provocatorie.

Un pensiero che non solo apre il suo libro, ma che ha segnato anche la presentazione della sua ultima fatica letteraria, a cura del direttore di CityNow, Vincenzo Comi, si è tenuta nel pomeriggio di ieri, al Circolo Arci Samarcanda.

Un evento che ha suscitato riflessioni profonde sul ruolo delle mafie nell’era digitale, e su come la comunicazione sia diventata il nuovo terreno di battaglia della criminalità organizzata.

Il giornalista, attraverso il suo studio, ha cercato di far luce su un aspetto spesso sottovalutato della criminalità: la sua capacità di adattarsi, di evolversi, di comunicare. Se un tempo le organizzazioni mafiose usavano pizzini e canali tradizionali per veicolare i loro messaggi, oggi hanno adottato i social network.

“Quello che chiamano ‘ndrangheta 2.0’, in realtà è già arrivato a 4.0,” dichiara l’autore, concludendo che la mafia è sempre un passo avanti, pronta a sfruttare ogni nuovo strumento tecnologico per affermare il proprio potere.

La presentazione è stata un incontro di alto livello, con la partecipazione di ospiti illustri come il Presidente del Consiglio Comunale di Reggio Calabria, Vincenzo Marra ed il neo segretario metropolitano di Sinistra Italiana, Demetrio Delfino.

Marra, intervenuto nel corso ha sottolineato l’importanza della cultura come strumento di contrasto alla criminalità, esortando a “fare più presentazioni possibili” e a parlare apertamente di questi temi.

“Più si spezza la cultura, più essa cresce,” ha detto, citando Paolo Borsellino, con un messaggio chiaro: il silenzio e l’omertà non sono più opzioni.

Le parole di Cordova sono state incisive:

“Non basta vietare i social o fare una retata. La soluzione non è quella di seguire l’esempio di Gomorra,” ha detto, facendo riferimento a una cultura che, secondo lui, non risolve il problema, ma lo perpetua. Il vero rimedio, secondo il direttore de Il Dispaccio, sta nella cultura, nell’offrire ai giovani alternative concrete, nella costruzione di un sistema di valori che li faccia sentire parte di qualcosa di positivo.

“Se ci sono ragazzi che fanno cose, la mafia non entra,” ha aggiunto, rivendicando la necessità di un impegno collettivo per offrire spazi sicuri e progetti che siano vere alternative alla criminalità.

Inoltre, l’autore ha toccato temi che hanno suscitato particolare interesse: la mafia e la musica.

“I canti neomelodici, i canti di malavita, sono sempre esistiti, ma oggi sono fenomeni più ‘smart’, più mainstream,” ha spiegato Cordova, facendo notare come la musica popolare sia diventata uno dei veicoli principali per diffondere l’immagine della malavita, alimentando un fenomeno che, sebbene cambiato, continua a influenzare le nuove generazioni.

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Ad accrescere il valore della presentazione è stata anche la cornice in cui si è tenuto l’evento. Il Circolo Arci Samarcanda, non è solo un luogo fisico, ma un simbolo di resistenza e di riscatto. In un immobile confiscato alla ‘ndrangheta, diventato il cuore pulsante di una comunità che si oppone alla criminalità con la cultura.

Nel corso dell’incontro, Cordova ha invitato tutti a riflettere sul ruolo del silenzio nella lotta alla criminalità:

“Anche il silenzio è una forma di comunicazione,” ha detto, richiamando l’attenzione sulla pericolosità dell’indifferenza. Se le mafie sono riuscite a crescere, è anche grazie al silenzio di chi non denuncia e non reagisce.

In conclusione, l’autore ha lanciato un messaggio di speranza e dall’altro un allarme sul mondo dell’editoria:

“Dobbiamo rimanere per fare qualcosa di positivo. Se diamo ai giovani un’alternativa, la mafia non avrà spazio.” Un invito a non rassegnarsi, ma a combattere la criminalità con l’unico strumento che può davvero sconfiggerla: la cultura.

“Sempre meno giovani si interessano al giornalismo. Non c’è un ricambio generazionale e questa è una cosa gravissima”.

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