L'Agorà ospite ad una tavola rotonda internazionale tenutasi a Praga

Si sono alternate durante la relazione di Gianni Aiello, micro e macro storie che hanno contribuito a dare uno spaccato di tale periodo storico

Ricorre quest’anno il 51° anniversario della „Primavera di Praga” , quando il 21 agosto del 1968 con l’entrata sul territorio cecoslovacco dell’Armata Rossa si interrompevano bruscamente le linee guida dettate dal premier  Alexander Dubček, un uomo dalle idee progressiste che credeva in un “socialismo dal volto umano” e voleva una Cecoslovacchia più moderna e, soprattutto, più libera.

Il clima politico e culturale in quel periodo risultava alquanto vivo e la capitale boema era un importante snodo sia del mondo politico che di quello culturale e che mal digeriva quanto veniva proposto da Mosca. Risulta necessario dare un breve sguardo storico del periodo: l’Europa era suddivisa in due blocchi: quello della Nato e quello del Patto di Varsavia e tutto ciò era una conseguenziale degli esiti della seconda guerra mondiale. I due blocchi erano divisi in Europa da una linea ideale che andava dal Baltico a Trieste e che il premier britannico Winston Churchill in un suo famoso discorso  tenuto il 5 marzo 1946 a Fulton, nel Missouri (Usa) definì la “cortina di ferro”. In quel contesto storico la Cecoslovacchia, pur facendo parte del blocco sovietico, era un Paese a metà tra i due blocchi e che proprio per la sua posizione “affacciata” sull’Occidente era uno dei paesi comunisti con la maggiore tradizione democratica e di rapporti con l’Europa capitalista.

Da queste premesse la tavola rotonda “Dalla rinascita nazionale, al socialismo della speranza, al disincanto 1919-2019” organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura di Praga. Cento anni di storia, di cambiamenti, di notizie e di legami fra due stati accomunati da eventi distanti ed allo stesso tempo vicini fra loro. Il dibattito ha suscitato diverse riflessioni riguardo il panorama europeo creatosi tra la metà dell’800 e sviluppatosi fino ai giorni nostri.  Partendo dai moti Mazziniani e giungendo al risorgimento ceco, passando per i fatti del 1968 che videro i carri armati sovietici incolonnati nelle strade di Praga.

A tale iniziativa hanno partecipato altri nomi noti del mondo accademico, quali Sante Cruciani (Università della Tuscia – Viterbo), Pavel Helan (Università di Carlo IV- Praga), Antonín Kosík (Istituto di Filosofia dell’Accademia delle Scienze – Praga) . Dopo i saluti da parte del Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Praga Giovanni Sciola, i lavori sono stati coordinati dallo storico Francesco Leoncini, figura di rilievo nel panorama culturale europeo ed il prof. Leoncini è considerato il maggior studioso italiano di storia ceco-slovacca e autorevole interprete della realtà politica e sociale della Mitteleuropa, tematiche che ha insegnato per molti anni nel corso dei vari seminari di Storia dei Paesi Slavi e Storia dell’Europa Centrale all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Il dibattito è proseguito su una raccolta di articoli provenienti da diverse testate giornalistiche della parte più Meridionale della Penisola italiana che hanno dato modo all’uditorio di conoscere come tali eventi  venivano riportati e commentati sulla stampa locale.

E su tali aspetti è intervenuto Gianni Aiello (presidente del Circolo Culturale “L’Agorà” di Reggio Calabria) che, con di sequenze visive, ha evidenziato la ricaduta emotiva di tali eventi sull’opinione pubblica del territorio, quali associazioni, sindacati, partiti politici . Si sono alternate quindi, durante la relazione di Gianni Aiello, micro e macro storie che hanno contribuito a dare uno spaccato di tale periodo storico. Le notizie che provenivano da “oltre cortina” venivano lette, commentate, divenendo oggetto di dibattito e confronto tra le varie organizzazioni presenti sul territorio avvicinandole idealmente ai territori boemi, così come avvenne a seguito dei “fatti di Budapest” del 1956. Nel corso del dibattito sono stati evidenziati anche l’importanza intellettuale e politica di Alexander  Dubček, tra l’altro evidenziato nel recente volume “Dubček .

Il socialismo della speranza” dello stesso Leoncini che ne delinea nuovi aspetti su tale figura ma anche di quella Praga che fu importante crocevia di figure politiche e del mondo accademico e culturale poco inclini alle linee guida che provenivano dal Cremlino. E proprio a riguardo tali innovazioni l’analisi socio-economica,a cura di Valentina Fava (Istituto di Filosofia dell’Accademia delle Scienze – Praga) che ha posto l’attenzione sulla classe operaia e dirigenziale della  Škoda . Un’analisi socio-economica che ha messo in risalto il punto di vista della classe operaia ceca in relazione con il modello capitalista. Il dibattito si è concluso parlando del disincanto, manifestatosi dopo la caduta del muro di Berlino ed il conseguente approccio al sistema occidentale.