Gerace, la denuncia di un genitore: 'Mia figlia autistica allontanata dalla Chiesa'

"Spesso non si conoscono i sacrifici che i genitori affrontano quotidianamente e le tante difficoltà che i bambini devono superare"

Riceviamo e pubblichiamo una denuncia arrivata alla nostra redazione da parte di un genitore.

“A sua Eccellenza Reverendissima Mons. Francesco Oliva

Reverendo Monsignore le scrivo questa lettera pensando alle parole pronunciate dal Papa il 3 dicembre 2022 in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità: “Accogliere le persone con disabilità e rispondere ai loro bisogni è un dovere della comunità civile e di quella ecclesiale, perché la persona umana, anche quando risulta ferita nella mente o nelle sue capacità sensoriali e intellettive, è un soggetto pienamente umano, con i diritti sacri e inalienabili propri di ogni creatura umana”.

Accogliere è la chiave che apre le porte alla fratellanza e alla fede, questo è il messaggio che ho colto nelle parole del Pontefice. Ma se, invece di accogliere, la Chiesa allontanasse? La fratellanza, la partecipazione, l’inclusione e la fede stessa verranno meno. Quando una bambina autistica di 3 anni viene fatta allontanare dal prete durante l’inizio della celebrazione di un matrimonio e tra l’altro in modo discutibile, ci si chiede: ma è questo il compito di chi è chiamato a continuare l’opera di Gesù Cristo? Quanto scritto è accaduto a fine agosto 2023 presso la Basilica e Concattedrale di Santa Maria Assunta di Gerace.

L’esempio dato ai fedeli non credo che sia stato dei migliori, tant’è che sono rimasti increduli alla scena assistita. Mentre il messaggio arrivato ai genitori è che durante lo svolgimento di un rito religioso non c’è posto per la disabilità in un luogo consacrato. Spesso non si conoscono i sacrifici che i genitori affrontano quotidianamente e le tante difficoltà che i bambini devono superare per essere accettati e inseriti in una società piena di tanti pregiudizi e ancora molta ignorante sull’autismo.

Mi rattrista non aver potuto partecipare al matrimonio di mia sorella per una decisione presa d’impeto che ha messo in fumo i numerosi giorni di preparazione fatti con training specifici da professionisti. Come accade a tanti bambini della sua età, mia figlia aveva avuto dei momenti di pianto che dal mio punto di vista erano gestibili e non inficiavano sul corretto svolgimento liturgico nonostante nella maggior parte delle volte corrispondevano all’aumento del tono di voce del sacerdote.

Forse sarebbe bastato un approccio diverso, ma nel caso di mia figlia è stato preferito allontanare invece che includere. Ritornando alle parole del Pontefice, essere inclusivi vuol dire “eliminare ogni discriminazione e soddisfare concretamente l’esigenza di ogni persona di sentirsi riconosciuta e di sentirsi parte.

Non c’è inclusione se manca l’esperienza della fraternità e della comunione reciproca. Non c’è inclusione se essa resta uno slogan, una formula da usare nei discorsi politicamente corretti, una bandiera di cui appropriarsi. Non c’è inclusione se manca una conversione nelle pratiche della convivenza e delle relazioni. È doveroso garantire alle persone con disabilità l’accesso agli edifici e ai luoghi di incontro, rendere accessibili i linguaggi e superare barriere fisiche e pregiudizi. Questo però non basta. Occorre promuovere una spiritualità di comunione”.

La chiesa che vorrei è una chiesa che sia di esempio alla comunità cattolica e civile nel suo operato, una chiesa che apra le porte a tutti senza distinzioni, una chiesa che sappia ascoltare con il cuore, una chiesa che sappia includere e accettare la diversità, una chiesa che dia possibilità agli ultimi, una chiesa che impari dal prossimo.

Eccellenza Reverendissima forse siamo ancora lontani affinché venga messo in pratica tutto questo, ma spero che un giorno la Chiesa diventi la casa di tutti senza esclusioni”.