Gli interessi della 'ndrangheta sul colosso del mare

Caronte & Tourist in amministrazione controllata per sei mesi

Sei mesi di amministrazione giudiziaria. Sei mesi di “reggenza” amministrativa da parte dello Stato,  per invertire la deriva di un’infiltrazione mafiosa  che aveva già aggredito alcuni servizi fondamentali a bordo dei traghetti che fanno su e giù attraverso lo Stretto.  Questa volta nel mirino della distrettuale antimafia di Reggio che ha coordinato un’indagine svolta dalla Dia, c’è finita la Caronte & Tourist, il gigante dei trasporti (con un valore stimato  attorno ai 500 milioni di euro) con sede a Messina che copre buona parte dei traghettamenti tra Villa e la Sicilia e che per i prossimi sei mesi dovrà essere ripulita dalle incrostazioni lasciate dagli interessi dei casati di ‘ndrangheta della cittadina tirrenica.

Il sequestro non arriva, sottolineano gli inquirenti durante la conferenza stampa, come prologo di una confisca della società, visto che l’indagine non ha verificato un controllo del crimine organizzato sulla stessa, quanto per la necessità di una “bonifica” in seguito alla scoperta di una serie di agevolazioni verso alcuni personaggi considerati intranei alla cosca Imerti-Buda.

IL RUOLO DI BUDA

Al centro di questa vicenda che coinvolge uno dei poli occupazionali più importanti nel fragilissimo sistema economico di entrambe le sponde dello Stretto, c’è la figura di Massimo Buda, figlio di quel Santo Buda considerato dagli inquirenti come pezzo da 90 dell’omonima famiglia che orbita nella galassia criminale degli Imerti-Condello e di recente condannato a 14 anni di reclusione. È lui, ipotizzano le indagini, uno degli uomini attraverso cui il crimine organizzato villese era riuscito ad infiltrare la società di trasporti accaparrandosi una serie di servizi estremamente remunerativi. Dipendente della Caronte & Tourist, Buda era riuscito a ritagliarsi in breve tempo una rapida carriera all’interno dell’azienda e a mettere le mani sui servizi di ristorazione e di sanificazione a bordo dei traghetti che quotidianamente collegano la Sicilia con il continente. Nelle sue mani passavano addirittura i rapporti con i camionisti, che rappresentano buona parte del traffico veicolare che quotidianamente si sposta tra le due sponde dello Stretto. Nei suoi confronti il tribunale di Reggio ha disposto il sequestro di beni di due ditte individuali, diversi appezzamenti di terreno, e tre appartamenti tra Villa e l’hinterland milanese per un valore di oltre 800 mila euro.

LATITANZA A PAGAMENTO

Nel dedalo di assunzioni sospette e carriere altrettanto oscure scovate dall’indagine coordinata dal  Procuratore Bombardieri e dagli aggiunti Paci e Lombardo, c’è anche il caso di Domenico Passalacqua, con un passato da pregiudicato per reati di mafia, che non solo riuscì a tenersi il lavoro  quando gli inquirenti si presentarono alla sua porta (senza peraltro trovarvi nessuno) ma che continuò a ricevere regolarmente lo stipendio anche durante il periodo passato in latitanza.