"Enrico IV" il capolavoro di Pirandello tra follia e realtà

Cosa vuol dire essere intrappolati dietro la maschera che ci siamo costruiti per "vivere bene" nella società? Ce lo spiega la commedia pirandelliana

“Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica di tutte le vostre costruzioni”.

L'”Enrico IV” di Luigi Pirandello, è l’esempio perfetto di un grande classico che ha cambiato radicalmente il significato di “maschera“; una commedia teatrale, scritta nella prima metà del ‘900, appartenente, non a caso, alla raccolta che l’autore intitolò “Maschere Nude” ossimoro, immagine di un teatro nel quale l’uomo che si è dato o imposto una maschera, ne scopre la nudità.

L’Enrico IV di Luigi Pirandello

La tragedia inizia con il racconto dell’antefatto. Un nobile del primo ‘900, di cui non viene mai fatto il nome, partecipa ad una festa in maschera travestito da Enrico IV. Egli ha scelto di vestire i panni di quel sovrano per poter stare vicino alla donna amata, Matilde di Spina. All’evento partecipa anche il Barone Belcredi, suo rivale in amore, che lo disarcionerà da cavallo. Cadendo Enrico IV batterà violentemente la testa e a seguito del trauma subìto, si convincerà di essere davvero il personaggio storico di cui portava le vesti.
Trascorsi 12 anni, Enrico guarisce e si accorge che l’azione di Belcredi era stata intenzionale, ed era servita a toglierlo di mezzo e poter sposare la donna contesa da entrambi. Enrico decide quindi di continuare a fingersi pazzo per riuscire a sopportare in qualche modo il dolore che gli procura la presa di coscienza della realtà.

“Preferii restare pazzo e vivere con la più lucida coscienza la mia pazzia […] questo che è per me la caricatura, evidente e volontaria, di quest’altra mascherata, continua, d’ogni minuto, di cui siamo i pagliacci involontarii quando senza saperlo ci mascheriamo di ciò che ci par d’essere”.

Essere intrappolati dietro una maschera

L’Enrico IV è la testimonianza perfetta di una società che ci costringe a rimanere intrappolati dietro una maschera, che non mostra mai il nostro vero io. Si tratta dunque di una recita nella recita, una finzione nella finzione che coinvolge il lettore ad un livello profondo, rendendo la storia quasi autentica.

La grandezza di Pirandello traspira da ogni parola, da ogni pagina; trattare infatti il tema dell’alienazione in un periodo in cui la psicoanalisi era ancora una materia non molto esplorata, ci da l’idea del genio che abbiamo di fronte. Enrico è si un alienato, ma allo stesso tempo un personaggio positivo, che si è autoemarginato da una società conformista di cui non voleva far parte.

La commedia pirandelliana è conosciuta non solo per esser stata messa in scena nei teatri piu famosi d’Italia e del mondo; o per esser stata inserita nei programmi di letteratura; ma anche per aver fatto da simbolo alla campagna che ha portato alla Legge 180, detta Basaglia, dallo psichiatra che la patrocinò, che portò alla chiusura dei manicomi e alla reintegrazione forzata dei malati psichici nella società.

L’Enrico IV, insieme a “Sei personaggi in cerca d’autore“, è considerato il capolavoro teatrale di uno degli scrittori più influenti del ‘900.

“Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! – Il guajo è per voi che la vivete agitatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia.”

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