“La Lettera Scarlatta”: un romanzo di anticonformismo e fragilità


di Eva Curatola – Quante volte abbiamo sentito parlare della famosa “Lettera Scarlatta”? E prima ancor di sapere di cosa si trattasse non abbiamo forse visto sul viso degli altri un profondo senso di disgusto? È a Nathaniel Hawthorne che si deve il merito di tale sinonimo per indicare il crimine dell’Adulterio. Considerato, assieme ad Edgar Allan Poe, Herman Melville e Mark Twain, il più importante narratore statunitense dell’Ottocento. È riconosciuto soprattutto per aver scritto opere sul modus vivendi del New England più puritano, esempio perfetto è appunto: “La Lettera Scarlatta“, ambientato nella Boston del XVII secolo e a cui deve la sua celebrità. Protagonista della storia è Hester Prynne:
“La giovane era d’alta statura e di personale perfetto per eleganza maestosa. Aveva capelli neri e copiosi, lucidi a tal punto, che rimandavano la luce del sole con uno sprazzo ; […] Ella aveva per giunta un’aria signorile. […] E mai apparve più signorile Hester Prynne, nell’antica accezione del termine, di quando mosse dal carcere.”
Il romanzo si apre infatti con la donna sul patibolo, mostrata alla popolazione di Boston, dopo il processo per adulterio che l’ha giudicata colpevole. Hester, ha dato alla luce una bambina, nonostante il marito sia assente dalla città da molto tempo. La pena per lei non sarà la morte, bensì portare sul petto una lettera, la A di “Adultera”, cucita su un panno scarlatto, che renderà sempre evidente il peccato agli occhi della chiusa comunità puritana di Boston. Per amore Hester non rivelerà chi è il padre della sua piccola Pearl ( “la sua Perla!… cosi infatti Hester l’aveva chiamata, non in quanto il nome ne descrivesse l’aspetto […] Ma chiamò Perla la bimba perchè era di gran pregio, e la madre aveva pagato con ogni suo avere quell’unico tesoro!”). La protagonista sconterà da sola la sua pena, costruendosi una dignitosa esistenza, appartata e solitaria, mentre il suo amante, uno degli uomini più rispettati della città, vivrà nel tormento e nella disperazione per la sua vigliacchieria e la sua ipocrisia.
Nel frattempo il marito di Hester tornerà dal suo viaggio e nemmeno a lui la donna rivelerà il nome del padre della bimba; cosi l’uomo assumerà una nuova identità con l’intenzione di scoprirlo.
Questa è la storia che Hawthorne ci racconta, ricca di descrizioni e dialoghi che ci permettono di
viaggiare attraverso il tempo e riscoprire la bellezza di un’epoca che non ci appartiene.

E’ proprio questo che succede quando ci accostiamo alla lettura di un classico: ritroviamo una ricchezza di vocaboli,
emozioni, personaggi e caratteristiche che troppo spesso gli autori contemporanei più famosi hanno perso o non hanno mai avuto.

Non si tratta sicuramente di una lettura passatempo, anzi tutt’altro, ma per i veri appassionati le lunghe e tedianti descrizioni di Hawthorne e il suo modo di scavare nell’io psicologico dei personaggi non saranno un ostacolo alla lettura, bensì un incentivo. Nonostante il romanzo risalga al 1850, sia il tema principale, quello dell’Adulterio, che le idee che vi ruotano attorno, non sono poi così lontane da quelle del XXI secolo. Per questo mi sento di descrivere Hawthorne un autore “coraggioso“, che ha fatto di un tema tabù quale l’adulterio, il suo cavallo di battaglia, oggi conosciuto in tutto il mondo.

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