Messina Denaro fu latitante in Calabria, protetto dalla 'ndrangheta

Negli anni trascorsi tra Lamezia e Cosenza, oltre al traffico di droga gli affari con villaggi turistici e parchi eolici

Matteo Messina Denaro avrebbe trascorso alcuni anni di latitanza in Calabria. A rivelarlo le indagini degli inquirenti che stanno ricostruendo 30 anni di clandestinità del boss.

Era il 3 settembre del 2016 quando Nicola Accardo e Antonino Triolo, due mafiosi del trapanese, vengono intercettati:

“Dice che Matteo era in Calabria ed è tornato…”

Per gli investigatori quel Matteo è proprio Messina Denaro, ‘U Siccu, il boss di Castelvetrano che prima di trasferirsi a Campobello, a soli otto chilometri dal suo paese, ha trascorso diversi anni protetto dalla ‘ndrangheta nel territorio compreso tra Lamezia Terme e Cosenza.

Anni più complicati rispetto al suo successivo rientro in Sicilia. Messina Denaro avrebbe trascorso questo periodo di latitanza calabrese spostandosi di continuo, un po’ come fece un altro capo dei capi: Bernardo ‘Binnu’ Provenzano. Non aveva sicuramente gli agi e la libertà della latitanza di Campobello, ma anche in Calabria è comunque riuscito ad esercitare il suo potere. E non solo col traffico di stupefacenti grazie allo strapotere consolidato delle famiglie di ‘ndrangheta.

Grazie infatti alla protezione ed alla collaborazione delle ‘ndrine, Messina Denaro ha allungato i suoi tentacoli nell’economia locale, in particolare in progetti legati alla realizzazione di impianti eolici ed alla costruzione di un villaggio turistico. Un giro di affari che il boss avrebbe sviluppato anche in Sicilia grazie al sodale Vito Nicastri, imprenditore locale.

Nella ricostruzione di 30 anni di clandestinità, indagando sui contatti con la figlia, sugli spostamenti e le attività del boss, la pista calabrese è tornata d’attualità.