Basta odio: da Reggio la lezione di vita sull'accoglienza ai migranti

Una studentessa dell'Università Dante Alighieri con il sostegno del Dott. Lamberti Castronuovo ha condotto un'interessante ricerca. Ecco la storia di chi ha fatto dell'arrivo dei migranti un punto di forza

C’è chi sostiene fermamente che Reggio e la Calabria si trovino in uno stato di arretratezza quasi imbarazzante. E se così non fosse, almeno in parte? Se il cambiamento che tanto desideriamo toccare con mano provenisse proprio da un paesino dell’Aspromonte che, con le sue iniziative, ha dimostrato la forza dei suoi abitanti?

L’Italia di oggi si divide in due fazioni: favorevoli e sfavorevoli all’immigrazione. Sono veramente pochi i non estremisti che prima di sparare a zero cercano di ottenere un quadro ben preciso della situazione attuale.

La questione sbarchi non è di certo nuova, soprattutto a Reggio Calabria. Da anni infatti uomini, donne e bambini di ogni nazionalità arrivano nei nostri porti in cerca di un rifugio. Ma la vera domanda è:

“Gli immigrati sono, realmente, tra i problemi principali di questo paese?”

Ancora una volta, una forte testimonianza arriva dal profondo sud, dall’entroterra reggino per la precisione. In Aspromonte esiste un paesino che, grazie all’arrivo dei migranti, negli ultimi anni è stato protagonista di una completa rinascita. Anche se il modello accoglienza di Riace sembra ormai un lontano ricordo, i reggini sono noti per aver la testa dura, ma anche un gran cuore.

La storia che abbiamo avuto modo di scoprire, grazie ad una studentessa dell’Università Dante Alighieri, è quella di Sant’Alessio.

In un paese che conta poco più di 300 abitanti il progetto SPRAR ha creato non solo posti di lavoro per giovani laureati, ma ha fatto nascere nella restante comunità un nuovo senso di inclusione.

La ricerca condotta da Maria Calarco, con il sostegno del Dott. Lamberti Castronuovo, ha mostrato come anche i piccoli centri, spesso dimenticati dal mondo, hanno tanto da insegnare agli abitanti delle grandi metropoli. Sant’Alessio d’Aspromonte, un paese che andava pian piano scomparendo, proprio a causa della migrazione dei più giovani, oggi ha una nuova vita.

Il merito ovviamente va a quanti hanno deciso di rimanere nel proprio paese d’origine, ma anche alle possibilità create da associazioni e istituzioni che hanno fatto dell’arrivo dei migranti un punto di forza e non di debolezza.

“”Moglie uccide il marito”, “arrestati imprenditori per mafia”. La Calabria non è quella cui siamo abituati dalle prime pagine dei giornali. Dobbiamo far capire agli italiani ed al mondo che esiste un mondo diverso”.

Introduce così questa fantastica storia di inclusione sociale il professore dell’Università per Stranieri. Ancora una volta Reggio dimostra come l’arretratezza di cui tanto si sente parlare, sia solo un pregiudizio, un luogo comune che fatica ad essere cancellato.

“I latini – prosegue il Prof. Castronuovo – giocavano molto sulla fama e sull’onore. Questi erano i fattori che si trovavano in cima all’elenco delle virtù di un uomo, un pò meno della donna. Fortunatamente oggi non abbiamo più di questi problemi.

Maria Calarco ha sviluppato uno studio riguardante un paese dell’Aspromonte che si è reso protagonista nel mondo dell’accoglienza e ha dimostrato che il rapporto tra la popolazione ed i migranti può essere non solo pacifico, ma anche proficuo”. 

Attraverso questo progetto di riscoperta dell’immigrazione in Calabria, la studentessa reggina ha toccato con mano le emozioni degli abitanti, dei lavoratori, delle istituzioni e dei migranti stessi con cui si è trovata a confronto. Il risultato di questo lavoro è un’inclusione sociale che in pochi si aspettavano di trovare in questa terra.

Basti pensare che proprio la città dello Stretto ha donato alla Lega la maggior parte dei suoi voti, favorendo chi ha fatto dello sbarco dei migranti il suo cavallo di battaglia.

“Ecco la dimostrazione che di ‘aspro’ l’Aspromonte ha solamente il nome” afferma Lamberti.

Non può essere di certo un caso se, ad oggi, 8 laureati su 10 scelgono come argomento della loro tesi proprio l’immigrazione. Qualcuno potrebbe dire che si tratta semplicemente di una scelta di comodo, che trattando i temi caldi dell’attualità non si sbaglia mai.

E se invece questo fosse il primo passo di una generazione che possiede le carte in regola per proporre una ‘soluzione‘ al problema migranti?