Reggio, detenuto con un tumore al 4° stadio. Lucano: ‘Perché non è stato scarcerato prima?’
"Habashy non capiva l'italiano e nessuno lo ha ascoltato. Porterò il caso in Europa" le parole di Lucano
07 Marzo 2025 - 16:15 | Comunicato Stampa

“Io voglio capire come una persona arriva al quarto stadio di una malattia devastante e viene scarcerato solo a dieci giorni dalla fine della pena”.
Lo ha detto l’europarlamentare di Avs Mimmo Lucano, che questa mattina, assieme al responsabile legale del suo staff Andrea Daqua, si è recato presso il carcere di Arghillà, a Reggio Calabria, per avere spiegazioni sul motivo per il quale, a suo dire, non sarebbero state prestate cure adeguate al detenuto Habashy Rashed Hassan Arafa, un egiziano condannato con l’accusa di essere uno scafista.
Detenuto gravemente malato scarcerato a dieci giorni dalla fine della pena
In carcere dal 2021, Habashy è stato rimesso in libertà il 24 febbraio 2025 dopo che, già a gennaio, come riportano alcune note del direttore della Casa Circondariale e del coordinatore sanitario, le condizioni del detenuto erano precipitate.
Affetto da un tumore in fase avanzata, è stato ricoverato nel reparto di Oncologia dell’ospedale di Locri, dove è rimasto fino al 2 marzo. Successivamente, su richiesta del primario del nosocomio, è stato trasportato in ambulanza a Riace, dopo una richiesta diretta al sindaco Lucano.
Le accuse di Lucano: “Habashy non capiva l’italiano e nessuno lo ha ascoltato”
L’egiziano ha raccontato a Lucano di aver chiesto più volte assistenza medica, senza essere compreso a causa della barriera linguistica, rimanendo così in carcere fino a scontare quasi tutta la pena che sarebbe terminata oggi, 7 marzo.
La sua scarcerazione è avvenuta poiché, come scritto dal magistrato di sorveglianza, le sue condizioni di salute “non erano assolutamente compatibili con il regime detentivo”.
Lucano: “Una violazione dei diritti umani, porterò il caso in Europa”
Lucano si è recato in carcere per ottenere chiarimenti sulla vicenda.
“Ho parlato con due vicecomandanti della polizia penitenziaria – ha dichiarato – e parlerò anche con il medico della struttura detentiva. Qui ci hanno detto che tutti dicono di sentirsi male, e poi è difficile capire chi accusa un malore realmente.
Mi hanno riferito che quest’uomo non si lamentava mai, ma questa è una malattia che, da quando insorge a quando compaiono sintomi devastanti, avanza rapidamente.
Stando a quanto ci hanno raccontato oggi, il dirigente medico avrebbe insistito più volte per farlo ricoverare, ma non si capisce perché non lo abbiano fatto prima.
Oggi si trova a Riace e sta facendo la terapia del dolore.
Lucano ha poi aggiunto:
“Io non penso che fosse uno scafista, ma non intendo intromettermi nelle questioni giudiziarie. Ritengo però che, invece di stare in un carcere, aveva bisogno di essere curato in un ospedale.
Magari non sarebbe arrivato al quarto stadio del tumore.
È una persona che ha subito una forte ingiustizia, un’evidente violazione dei diritti umani.
È quello che chiedo oggi per lui, che ha cinque figli in Egitto, e per la sua famiglia. Porterò questa questione in Europa”.
Fonte: Ansa Calabria
