Reggina, tutto e subito non si può: serve tempo. E intelligenza

Ambizione fa rima con delusione. Ma cosa è giusto pretendere da squadra e allenatore?

L’equilibrio, questo sconosciuto. Che il repulisti quasi totale voluto dalla nuova società amaranto a gennaio portasse in dote grossi rischi era cosa risaputa. Nel calcio uno dei comandamenti mai discusso è quello di non sfiorare nulla quando le cose vanno bene, dalle cose più importanti sino ad arrivare a futili scaramanzie come quelle dell’ordine dei posti a tavola.

L’ANNO ZERO

Reggio Calabria, per l’ennesima volta, ha fatto eccezione. Il gruppo a disposizione di Cevoli andava indubbiamente rinforzato con tasselli di qualità, invece è stato stravolto. Rivoluzionare un organico a gennaio è mossa disperata, raramente utilizzata se non da squadre virtualmente retrocesse e-o fallite.

L’ex tecnico amaranto aveva svolto oggettivamente un ottimo lavoro, ma anche lui ha pagato in nome dell’ ‘ambizione’. L’arrivo di Drago, per una serie di elementi, faceva intuire che serviva del tempo per vedere armonia e idee di gioco. Un allenatore, fermo da due anni, arriva per la prima volta in Serie C e deve ambientarsi in fretta in un modo completamente nuovo.

SERVE TEMPO

Come se non bastasse, non trova un gruppo di giocatori solido e compatto ma due mega blocchi distinti di calciatori: uno costruito in estate, uno a gennaio. L’ex tecnico del Crotone ha certamente delle responsabilità, anche considerato la qualità dell’organico a disposizione. La crescita deve passare da una precisa identità di gioco ancora assente ma dal tempo non si può prescindere. L’entusiasmo che si respira in città se manca di equilibrio rischia di diventare una ‘pretesa a vincere’ ogni settimana. Nulla di più sbagliato, oltre che dannoso per la squadra.

Chi dice ‘non abbiamo tempo’ forse ha capito che non è l’anno giusto per festeggiare il ritorno in serie B ma non lo vuole ammettere. O forse, invece di rivolgersi a Drago chiedendone già (comicamente) l’esonero, dovrebbe rivolgersi a chi ha scelto di resettare e partire da zero a gennaio. Nessuna nobile decaduta del calcio ha ottenuto il ritorno in serie B con la presunzione, ne vantando storia e blasone come fossero centravanti prolifici, tantomeno (questo l’aspetto più importante) spendendo soldi come non ci fosse un domani.

I SOLDI NON SONO TUTTO

La forza economica è fattore essenziale ma deve essere accompagnata da saggezza e capacità manageriale. Il ritorno alla normalità è il regalo più bello fatto dal nuovo presidente della Reggina ai tifosi e alla città. Dal S.Agata sino al pullman, passando per il marchio e le prossime novità attese su Granillo, sede e store amaranto. Elementi ritrovati di fondamentale importanza, sia per progettare il futuro nel migliore dei modi sia per ritrovare il calore della piazza.

Poi però c’è il calcio giocato, e tutti gli elementi sopracitati non scendono in campo. Un delitto confondere aspetti extracalcistici con quanto accade (o è giusto pretendere) sul rettangolo verde. La partita con il Rende è uno specchio fedele di quello che la Reggina troverà da qui al termine del campionato. Se gli amaranto avranno il giusto atteggiamento e la consapevolezza di dover ottenere sul campo con rabbia e determinazione l’ambita poltrona play-off, allora la qualità dell’organico potrà essere la chiave di volta per avvicinare l’obiettivo.

Se invece, come visto nelle ultime settimane, saranno presunzione e superbia la cifra della squadra, allora si può già iniziare a pianificare la prossima stagione dimenticando sogni di gloria. La risposta è racchiusa nel mese di marzo, che vedrà la Reggina affrontare (oltre il Catania) Paganese e Rieti, ultima e penultima in classifica. Ma andranno battute sul campo, non con pullman, storia e tradizione.