Da Reggio al Foro Italico, la storia di Emanuele Chirico: “Lo sport è il farmaco migliore”


di Maria D’Amico – Arriva l’estate e con lei la voglia di mettersi in forma! Solitamente, l’idea di sport che noi lettori accaniti, (anche conosciuti come “topi da biblioteca”) abbiamo, corrisponde al far pesi trasportando in giro per casa le pile di libri che vogliamo leggere (è decisamente il massimo che offriamo), ma consapevoli  dei nostri limiti e affidandoci al nostro buon senso, abbiamo deciso di avvicinarci al mondo dello sport. Spinti dalla nostra passione per la lettura e dalla nostra smisurata curiosità, siamo arrivati a Roma, più precisamente al Foro Italico, dove un giovane e promettente talento reggino, Emanuele Chirico, ha raggiunto traguardi importanti, tra cui la pubblicazione del suo elaborato: “Valutazione della capacità anaerobica nel nuotatore d’élite”.

Letteratura scientifica e sport s’incontrano e, noi di citynow abbiamo incontrato per voi Emanuele:

-Fare questa domanda a uno sportivo equivale un po’ a gettare benzina sul fuoco, ma la nostra rubrica è fatta di lettori appassionati e ognuno di loro ha voglia di conoscere meglio il tuo punto di vista. Quanto è importante lo sport nella vita di una persona (anche non agonista), a livello non solo fisico ma anche psicologico ed emotivo?

La risposta penso sia scontata, viviamo in una società in cui i principali fattori di rischio, che contribuiscono alla diffusione di malattie croniche degenerative, sono la sedentarietà e l’obesità, entrambi fattori che possono essere sconfitti tramite una costante e adeguata attività fisica. Inoltre, molti studi scientifici confermano che lo sport migliora non solo la salute fisica ma anche la sfera psicologica ed emotiva dell’individuo. Per queste ragioni, ritengo che lo sport sia il farmaco migliore di cui l’uomo dispone, la sua importanza nella vita di ciascuno deve essere equiparata alla formazione scolastica, universitaria e lavorativa. Per quanto riguarda l’attività agonistica, che è quella di cui mi occupo, quasi esclusivamente, è prettamente orientata al superamento di un limite, di una barriera, il suo valore in tal caso si triplica, anche a discapito, a volte, della salute dello sportivo.

C’è un momento in cui lo sport può nuocere invece di apportare benefici?

Certo, solitamente le persone più a rischio, come ho accennato in precedenza, sono gli agonisti, i quali svolgono un’attività che non è mirata allo stare bene, bensì al costante superamento dei propri limiti. Questo spingere sempre oltre, li conduce, inevitabilmente, verso quel confine che vede da un lato il “bene per il corpo” e dall’altro il “male per il corpo”. Un altro caso in cui lo sport può nuocere agli individui, è sicuramente quando la preparazione atletica è affidata a persone poco competenti, la cui formazione ed esperienza sono frutto di studi teorici e pratici superficiali o addirittura inadeguati. Sono questi i casi in cui, quello che in realtà dovrebbe fungere da aiuto atletico si trasforma invece in un potenziale se non concreto danno per lo sportivo.

– Il metodo della valutazione funzionale, che ritroviamo nella tua pubblicazione, consente di migliorare la prestazione sportiva dell’atleta tramite un processo di monitoraggio che si esegue durante l’allenamento; è sempre possibile con questa tecnica migliorare la performance del soggetto? I test cui fai riferimento sono stati condotti personalmente da te? Hai monitorato un campione uniforme di atleti o si tratta di una tecnica estendibile a qualsiasi età?

La valutazione funzionale, sostanzialmente, si avvale di una serie di test specifici per ogni tipo di disciplina sportiva affinché si possano monitorare alcuni parametri ritenuti fondamentali per il miglioramento della performance. Questa routine o singoli test, somministrati periodicamente, verificano se l’allenamento svolto sta producendo i risultati attesi o meno; di fatto, aiuta molto gli allenatori a pianificare adeguatamente i propri programmi, per questo ritengo che sia un elemento che può ottimizzare sempre la performance, a patto che i test valutino parametri che sono realmente utili per il miglioramento delle abilità dei soggetti in quella specifica disciplina. Nel mio studio ho cercato di creare, quasi da zero, un test che tramite apparecchiature scientifiche (sensori inerziali e metabolimetri), riuscisse a dare agli allenatori dei parametri ben precisi sul sistema metabolico anaerobico dei propri nuotatori. Le procedure sono state svolte personalmente da me con un fondamentale aiuto da parte della mia università (Università di Scienze Motorie “Foro Italico”), del laboratorio di Scienze e Medicina dello Sport del CONI e del Circolo Canottieri Aniene (società di cui sono uno degli allenatori). Durante la ricerca ho avuto l’opportunità di collaborare con atleti di altissimo livello, alcuni dei quali hanno partecipato alle Olimpiadi di Rio 2016 e ai mondiali di Budapest 2017. Tuttavia, la procedura si potrebbe tranquillamente estendere anche a nuotatori più giovani ma ritengo che, per queste fasce di età, l’allenatore dovrebbe orientare la sua attenzione su altri elementi e su altre problematiche.

Qual è stata la fase più complicata di questo studio?

Il progetto è stato ambizioso e complesso dall’inizio alla fine, sicuramente mettere tutti i tasselli di questo studio insieme è stata una bella sfida, ho avuto bisogno di apparecchiature adeguate, di persone che mi affiancassero durante lo svolgimento dei test, atleti disponibili a essere analizzati e allenatori che riponessero fiducia nella ricerca, disposti a concedermi di monitorare le performance dei loro agonisti. Pianificare il progetto, imparare a utilizzare le attrezzature, scegliere il momento ottimale, analizzare i dati con criterio, pensare e realizzare ogni fase ha richiesto un costante e duro impegno, tuttavia, se dovessi scegliere, direi che l’analisi dei risultati si è rivelata più lunga e complicata del previsto.

-L’interesse che ti ha indotto a occuparti della valutazione funzionale, nasce da un’ambizione personale, volta a perfezionare innanzitutto la tua preparazione come atleta, o è nata in seguito, quando sei diventato allenatore?

Il mio interesse è nato quando ho iniziato questo percorso formativo che mi ha reso un allenatore e un ricercatore, credo che per perfezionarsi nel mio mestiere è fondamentale coniugare insieme pratica e teoria, creare il giusto equilibrio tra conoscenza ed esperienza che si alimentano e potenziano reciprocamente.

Sei passato dal ricoprire il ruolo di agonista a quello di allenatore, quale tra questi ti ha regalato più emozioni e soddisfazioni?

Oggi sono principalmente un allenatore e un preparatore atletico, anche se ho abbandonato cuffia e occhialini per dedicarmi a un’altra disciplina mi sento ancora un agonista, entrambe le figure mi regalano emozioni e soddisfazioni, diverse, ma egualmente gratificanti. Spero che questo rimanga invariato per moltissimo tempo!

– Secondo te esiste la perfezione nello sport, oppure è un traguardo utopico che funge esclusivamente da stimolo per migliorarsi?

La perfezione in senso assoluto secondo me non esiste, lo sport è composto da molteplici discipline e ognuna ha i suoi campioni, che possiedono punti forti ma anche talloni d’Achille. Possiamo identificare la perfezione in ognuno di loro o nel massimo esponente che ci sia mai stato in quel determinato sport, il “campione dei campioni”, ma comunque è una “perfezione imperfetta” o “relativa” che credo possa essere raggiunta e superata.

– Sei sicuramente soddisfatto dei risultati ottenuti, adesso quale sarà il prossimo passo? Il tuo prossimo obiettivo?

Sono molto soddisfatto ma il mio obiettivo è sempre quello di migliorarmi ancora. Raggiunto un traguardo, sento che quanto ho ottenuto non mi basta più, così mi pongo subito altri obiettivi più grandi e mi rimetto all’opera con qualcosa di nuovo. Adesso punto a finire nel migliore dei modi questa stagione agonistica con i miei ragazzi, ho già svolto altri progetti, alcuni sono in fase di elaborazione e ho nuove idee in mente che spero di concretizzare prima possibile.

-Hai qualche consiglio da dare ai ragazzi che vogliono intraprendere un percorso sportivo nel nuoto?

Di armarsi di tanta pazienza e determinazione. Il nuoto è uno sport che paga solo dopo tanti sacrifici e moltissima costanza. Bisogna essere lucidi, concreti, non avere fretta ed essere disposti a sacrificarsi costantemente, solo così è possibile raggiungere i risultati tanto ambiti.

-Attualmente vivi a Roma, è una realtà sportiva molto differente da quella reggina? In cosa credi debba migliorare la nostra città per potersi elevare a livello sportivo?

A Roma ho incontrato più calabresi che romani quindi a volte mi scordo di essere qui ! altre volte invece ahimè no. Innanzitutto è differente perché qui il territorio offre molte più opportunità di crescere e di confrontarsi, c’è molta più concorrenza nel nostro settore, quindi o sei davvero competente e cerchi di esserlo sempre di più o non vai molto lontano. Inoltre, è pieno di professionisti e campioni, di conseguenza raggiungere un traguardo che potrebbe essere un campionato regionale, una medaglia italiana o qualsiasi altra cosa è quasi un dovere, non trovi mai nessuno che ti ringrazia o che si complimenta con te. Sei parte di un sistema, devi fare il tuo lavoro sempre nel migliore dei modi e forse, alla fine, e ripeto forse, riceverai un piccolo ringraziamento. Il mio punto di vista è che questa realtà ti permette di crescere molto, t’insegna a mantenere la concentrazione dando sempre il massimo. La nostra città presenta invece diverse carenze, sia dal punto di vista delle strutture, a partire dalle scuole dove solitamente non ci sono spazi idonei per svolgere adeguatamente attività fisica, sia perché mancano persone pronte a investire “sullo sport e per lo sport” , inteso come bene sociale per i cittadini e di conseguenza per il territorio. Spesso accade, come per ogni ambito, che gli interessi lucrativi prevaricano sul resto, creando sistemi di gestione poco efficienti a discapito dello sviluppo e dello sfruttamento di risorse che fanno parte di un sistema di eccellenza.

Ringraziamo Emanuele per averci dedicato un po’ del suo tempo e aver condiviso con noi i suoi traguardi e punti di vista. Lo sport è sempre stato considerato una sorta di collante sociale, un momento sicuramente di diletto, ma occorre tenere sempre presente che, dietro ogni grande atleta, ci sono grandi sacrifici, perseveranza, determinazione e sì, anche le sconfitte sono parte integrante del bagaglio che ogni atleta si porta dietro, magari fino al podio!

In bocca al lupo Emanuele! Ad maiora!   

Alla prossima con #InsideTheBook

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