Covid a Reggio, privacy e dati sensibili violati corrono su Whatsapp
Nelle ultime ore si è verificato un evidente trattamento illecito dei dati personali. Colpa di un messaggino virale. Ecco cosa rischia chi lo diffonde
12 Agosto 2020 - 18:15 | di Vincenzo Comi

Altro che riservatezza.
Gli ultimi casi di coronavirus in città sollevano, oltre al problema di un evidente stato di debolezza delle misure di prevenzione anti-Covid, un altro aspetto non meno importante, ovvero quello della privacy.
I nomi (e non solo) degli otto giovani, tutti affetti da Covid-19, contagiati durante una festa organizzata in centro città, sono oggi noti a tutti.
Nome e cognome ma anche data di nascita, indirizzo di residenza o domicilio. Parliamo di dati sensibili conosciuti ormai dall’intera città per colpa del classico messaggino ‘WhatsApp‘ generato evidentemente da qualche addetto ai lavori e poi diffusosi a macchia d’olio.
Sappiamo bene come il diritto alla protezione dei dati personali non è assoluto e può essere limitato ai fini del perseguimento di un obiettivo di interesse pubblico dominante o per proteggere diritti e libertà altrui. E in questo l’epidemia del Coronavirus non fa eccezione.
Ma adesso sembrerebbe che il limite sia stato superato così da violare il diritto alla riservatezza.
“Buonasera, ci sono 8 nuovi positivi su Reggio Calabria, positivi al tampone faringeo (analizzati tra Laboratorio Asp e microbiologia)…”.
E poi via con la lista e l’elenco dei nomi e dei dati personali.
“Sposato convivente con…I predetti hanno partecipato ad una festa di compleanno organizzata il 3 agosto dalla….titolare del bar…dove si è svolta la festa. I predetti sono stati avvisati da tale…che era presente alla festa e che ha riscontrato la propria positività al rientro a Milano ove è domiciliata – si legge nel messaggio incriminato – Il solo…non ha partecipato alla festa ma è cugino di… Tutti soggetti quarantenati da locale Asp. Positivi odierni che hanno avvisato tutti i familiari e contatti”.
E’ evidente, anche per il modo in cui è impostato il messaggio e per le informazioni contenute, che questo testo sia stato redatto da un funzionario dello Stato e che poi abbia perso il controllo nella sua diffusione così da arrivare nei cellulari di mezza città.
Ci chiediamo dunque quale sia il limite legalmente ‘sopportabile’ e se tra le ‘vittime’ del coronavirus rischiano di esserci anche i diritti fondamentali e tra questi la privacy e la sicurezza.
“Chi ha diffuso per primo la notizia rischia non solo il posto di lavoro ma anche il carcere – spiega l’avv. Nino Polimeni – In questo caso parliamo di illegittimo trattamento dei dati personali e diffusione dei dati secretati e sensibili”.
Cosa rischia chi invece ha contribuito alla diffusione di quel messaggio inoltrandolo ad amici e parenti? Quali le sanzioni?
“Non esiste in Italia in questo momento un metodo che possa consentire l’individuazione delle persone che hanno inoltrato il messaggio in quanto tutti i messaggi su Whatsapp sono crittografati”.
Difficile dunque ‘beccare’ il pettegolo di turno.
“Chi contribuisce tuttavia alla diffusione dei dati personali violando la privacy della persona arrecandole un danno è punibile e può essere condannato penalmente. Trattandosi di un illecito il codice civile tuttavia stabilisce che chiunque arreca un danno tramite un comportamento illecito -chiarisce l’avv. Polimeni – deve risarcire la persona che lo ha subito”.
Ciascuno di noi dunque, dovrebbe comprendere che con la diffusione di un semplice messaggino Whatsapp, è possibile compiere un reato.
Adottare comportamenti più adeguati ed evitare l’ingenuo ‘inoltro’ inciampando in una sorta di ‘caccia all’untore giustizialista’ può farci cadere nella trappola di un comportamento ingiusto e maligno (totalmente inutile ai fini del blocco del contagio) oltre che in veri e propri reati contra legem.
Niente più riservatezza dunque per gli 8 giovani contagiati. Nessuna maggiore sicurezza a seguito della diffusione del messaggio. Il pettegolezzo e l’insaziabile voglia di rilevare a terzi una notizia altrui è l’unico e il solo motivo che si nasconde dietro la diffusione del testo che ha fatto il giro della città correndo su Whatsapp.
