Salute mentale e i suoi disturbi. 'I Padri dimenticati”: cos’è e come riconoscere la depressione perinatale paterna

Quando i sintomi depressivi compromettono la qualità di vita del padre (e dell’intero nucleo familiare) è importante una presa in carico professionale

“Il ruolo del padre non esiste come cosa-in-sé. Tale ruolo è un lungo processo dialettico di creazione e di apprendimento che probabilmente non finisce mai.”

Rosenfeld 1995

La gravidanza e la genitorialità rappresentano importanti momenti della vita che possono aumentare la vulnerabilità al disagio psicologico e l’insorgenza o la recrudescenza di disturbi psichiatrici, principalmente disturbi dell’umore, per entrambi i igenitori.

La Depressione Perinatale Paterna

In letteratura sono presenti numerosi e approfonditi studi che hanno, tuttavia, un focus quasi esclusivo sulla donna, in quanto la depressione post partum, la cui prevalenza è di circa il 17% nelle prime quattro settimane dopo il parto, ha un impatto sostanziale sul benessere psichico sia delle madri che dei neonati.

Si è osservato infatti che i bambini esposti alla depressione materna sono maggiormente a rischio di compromissione dello sviluppo emotivo e cognitivo e di disturbi depressivi nell’adolescenza e nell’età adulta. Anche per l’uomo, tuttavia, diventare genitore rappresenta un periodo di vulnerabilità psicologica importante, purtroppo però per anni la Depressione Perinatale Paterna è stata trascurata e considerata di entità minore rispetto a quella della madre tanto da essere classificata, all’interno del DSM-5, non come un disturbo a sé stante, ma come una variante della Depressione, nonostante abbia un’incidenza di almeno 1 su 10.

I sintomi in genere compaiono tra il 3 e il 6 mese dopo il parto (circa il 5%), o anche più avanti, in concomitanza con la conclusione del primo anno di età del bambino e sono rappresentati da stanchezza, facile irritabilità, irrequietezza e attacchi d’ira che prevalgono sulla deflessione timica, spesso in comorbilità con ansia, sintomi e disturbi somatici, come mal di testa, mal di schiena, tachicardia e problemi respiratori, digestivi o urinari, insieme all’abuso di alcol e droghe. Frequenti anche i comportamenti iperattivi o di evitamento, i conflitti interpersonali e un minore controllo degli impulsi, oltre ad un forte senso di abbandono da parte della propria compagna, del figlio ma anche della “società” stessa.

Si pensi ad esempio che in Italia, al momento, il neo-padre ha spesso a disposizione solamente pochi giorni di congedo parentale, in confronto ai 5 mesi previsti per le madri. La prevalenza della Depressione Perinatale Paterna non è ancora ben definita, anche se alcuni studi stimano un tasso che va dal 4% al 25%.

I fattori predittivi della depressione perinatale paterna

Il più importante fattore predittivo della depressione perinatale paterna è la depressione perinatale materna, tuttavia lo sviluppo di sintomi depressivi paterni è stato associato anche ad altri diversi fattori di rischio: in primo luogo, sembra correlarsi ai fisiologici cambiamenti nei livelli di testosterone dell’uomo, che tendono a diminuire durante la gravidanza della partner e dopo il parto. Tale riduzione, che persiste per diversi mesi dopo il parto della partner, avrebbe la funzione di ridurre i livelli di aggressività e garantire un maggior investimento nel nuovo ruolo di genitore ma contribuirebbe all’insorgenza di umore depresso.

Altri fattori sono invece di ordine psicosociale come la presenza di conflitti di coppia e di insoddisfazione coniugale, il livello di stress percepito e le caratteristiche individuali, essenzialmente di personalità, legate ad una bassa autostima o alla percezione di scarse capacità genitoriali, a eventuali traumi infantili, la giovane età o quella molto avanzata, il basso livello d’istruzione, lo scarso reddito o le preoccupazioni finanziarie; di contro, non è stata riscontrata una correlazione significativa tra lo sviluppo di Depressione Perinatale Paterna e una precedente storia psichiatrica del padre.

Nonostante il crescente interesse per questo argomento, gli aspetti preventivi e terapeutici dei disturbi affettivi maschili sono ancora trascurati, tuttavia quando i sintomi depressivi compromettono significativamente la qualità di vita del padre (e di conseguenza dell’intero nucleo familiare)  è importante una presa in carico professionale. Essendo ancora poco studiata e poco riconosciuta è possibile immaginare come non ci siano dei veri e propri protocolli di trattamento per la Depressione Perinatale Paterna, ma alcuni interventi di screening effettuati in primis con test specifici da parte di professionisti in ostetricia e ginecologia, nonché in pediatria, potrebbero essere utili per individuare i casi in cui proporre una eventuale visita psichiatrica e, laddove necessario, un percorso terapeutico.

Attualmente l’efficacia maggiore è rappresentata dall’intervento psicoterapeutico, meglio se di coppia, eventualmente associato a un trattamento farmacologico, mirato alla riduzione dell’ansia rispetto alla gravidanza e all’aumento della consapevolezza e della manifestazione di emozioni positive, ma è altresì fondamentale riconoscere l’importanza del padre fin dall’inizio della gravidanza, sostenendolo nel suo ruolo, individuando le sue difficoltà, e favorendo il suo coinvolgimento nelle visite ginecologiche, nelle attività di consulenza familiare e di assistenza durante tutto il primo anno di vita del bambino.

Valentina Clementi, psichiatra. Articolo richiesto dall’istituto di neuroscienze