Salute mentale: neurodivergenze e neurodiversità, introduzione ai disturbi del neurosviluppo

Salute mentale e i suoi disturbi. Le neurodivergenze nella cultura di massa e l'ampio ventaglio di patologie

Neurotipico e neurodivergente: significato clinico. Con il termine “neurodivergente” ci si riferisce alla tendenza del cervello di un soggetto ad analizzare e reagire a informazioni specifiche in modo diverso rispetto ad un cervello “standard” o “tipico”.

Tale termine fu coniato dalla sociologa Judy Singer nei 1997 e successivamente reso ancor più noto dall’attivista Kassiane Asasumasu, che nei primi anni del nuovo millennio utilizzò tale termine per autodefinirsi “neurodivergente” ed indentificare, all’interno del paradigma della neurodiversità, qualsiasi “cervello che divergesse” dalla norma in senso statistico.

Le neurodivergenze nella cultura di massa

Tale definizione è divenuta particolarmente importante negli ultimi anni soprattutto nell’ambito di comunità con diagnosi di spettro Autistico e di disturbi da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), per quanto nel suo significato originario comprendesse già molte altre condizioni.

Ad oggi infatti il DSM-5, ovvero il principale manuale diagnostico psichiatrico, colloca all’interno dei Disturbi del neurosviluppo un ampio ventaglio di patologie come:
• Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD)
• Disturbi dello spettro dell’autismo
• Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA)
• Disabilità intellettive
• Disturbi della comunicazione
• Disturbi del movimento
• Altri disturbi del neurosviluppo non altrimenti specificati (NAS).

Si stima che circa il 15-20% della popolazione mondiale possa rientrare all’interno di una generica definizione di “neurodivergenza”. Tale assunzione sfida la storica percezione secondo cui possa esistere un ideale canonico e riproducibile di “cervello perfetto” e che il “soggetto atipico” richieda indiscriminatamente una correzione.

Gli individui neurodivergenti potranno incontrare difficoltà a causa di isolate variazioni funzionali e/o strutturali del proprio cervello, ma la loro intelligenza potrebbe rimanere inalterata. La prospettiva del clinico, in quest’ottica, andrebbe a riconoscere che tali differenze non siano intrinsecamente legate ad una necessità di intervento medico e che vadano valutate singolarmente per fornire al paziente il miglior aiuto di cui possa avere bisogno.

I termini “diagnosi” e “disabilità”, infatti, non assumono in tali contesti un significato negativo per il paziente ed anzi, possono fornire protezione legale, istruzione speciale, agevolamenti sul posto di lavoro ecc

Di cosa parleremo nei prossimi articoli

Il capitolo relativo ai Disturbi del neurosviluppo ed delle neurodiversità sta assumendo nel corso degli ultimi anni un peso sempre maggiore nell’ambito delle patologie d’interesse clinico.

Storicamente diagnosticate nei primi anni di sviluppo del bambino, stanno ad oggi raggiungendo un numero sempre maggiore di persone anche in età adulta che hanno convissuto con tali “difficoltà” durante tutto il corso della loro vita.

L’articolo di oggi è stato fondamentale per introdurre tali argomenti e per fornire al lettore una prima conoscenza generica. Nel corso di successivi articoli andremo a trattare nuovamente questo ampio spettro di patologie ed andremo ad approfondire maggiormente i principali disturbi del neurosviluppo.