La salute mentale e i suoi disturbi: dalla vita quale opera d'arte al tracollo esistenziale

Dall’armonia alla disfunzione dei circuiti cerebrali

Gabriele D’Annunzio:Bisogna fare della propria vita come si fa un’opera d’arte”. Il comportamento dell’uomo dipende dai geni, dalla neurobiologia, dallo sviluppo prenatale, dal neurosviluppo, dall’assetto ormonale, dagli organi di senso, dal vissuto esperenziale, dallo sviluppo fisico, dall’ambiente socio culturale.

Condizionato da queste numerose variabili l’uomo, da un lato deve ricercare l’adattamento al mondo esterno, dall’altro deve mirare alla salvaguardia della propria affettività, dei propri desideri, delle proprie esigenze pulsionali. Per Zygmunt Bauman .. la nostra vita è un’opera d’arte, che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no. Per viverla come esige l’arte della vita, dobbiamo … porci delle sfide difficili …dobbiamo scegliere obiettivi che siano oltre la nostra portata ..”

Di contro scrive Jung:Non dimentichiamo che sono molto pochi gli artisti della vita; l’arte del vivere è la più nobile e rara di tutte; chi riesce a vuotare in bellezza tutto il contenuto della coppa? Troppe cose restano che molti non hanno vissuto e che, del resto con la migliore volontà del mondo non avrebbero potuto vivere, di modo che arrivano alla soglia della vecchiaia carichi di desideri non realizzati, che li costringono a volgere involontariamente lo sguardo verso il passato”. Se pochi sono gli artisti della vita, è anche vero che la società ci educa a non esserlo.

I modelli di comportamento sociale ci inducono a nutrire l’immagine, l’apparire, il sostenere un ruolo, anche quando questo viene presentato come momento “rivoluzionario”, di “autenticità”, di “contestazione sociale” , dal momento che è sempre condizionato dall’esigenza di nutrire la propria immagine e, come riportato da Erich Fromm “ .. invece di essere in relazione e in contatto con il nostro amore, il nostro odio, la nostra paura, i nostri dubbi, e con tutte le emozioni fondamentali dell’uomo, ce ne teniamo a debita distanza”.

Le disfunzioni dei circuiti cerebrali

Giovanni Paolo Secondo, rivolgendosi ai giovani radunati il 20 Ottobre 1985 a Cagliari, disse loro: “ Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro” Bisogna però chiedersi: Esiste il libero arbitrio? Quanto ognuno di noi è veramente libero di fare della propria vita un capolavoro?

Secondo Arnaldo Benini, professore emerito di neurochirurgia e neurologia presso l’Università di Zurigo, “ … opinione diffusa fra i neuroscienziati .. è che l’illusoria libertà dell’arbitrio sia un espediente evolutivo della mente emerso e selezionato per conciliare l’uomo con la propria interiorità, alla quale attribuisce e riconosce la capacità di decidere”.

L’uomo, purtroppo, si illude di decidere ma in realtà non fa ciò che vuole, ma vuole ciò che i suoi circuiti cerebrali decidono per lui, noi siamo ciò che il cervello ci fa essere, ovviamente, come scrive Daniel J. Siegel “nessuno al mondo sa in che modo si passi dalla scarica neuronale all’esperienza … conscia (agli atti volontari di cui ci illudiamo di avere il controllo, ma) … un giorno riusciremo a capire come la materia diventi mente”.

Certamente se i nostri circuiti dovessero essere disfunzionali per eventuali lesioni, cambiamenti nelle connessioni sinaptiche o un cablaggio difettoso del cervello nel corso dello sviluppo, saremmo costretti a confrontarci con pensieri ed emozioni alterati e “prendere in mano la propria vita per farne un capolavoro” diventerebbe pura illusione.

Oltre ai circuiti neuronali che si organizzano nel neurosviluppo, il nostro cervello interpreta la realtà, produce emozioni, indirizza le scelte e i comportamenti anche in relazione alla tendenza a strutturare “convinzioni/credenze” (beliefs) per dare senso alla nostra realtà e organizzare la progettualità della vita. E’ sufficiente, ad esempio, fare riferimento ai sacrifici umani condizionati dalla credenza di rabbonire gli dei, alle numerose “convinzioni” politiche che hanno mietuto milioni di morti.

Senza volere estremizzare, possiamo chiederci quanto alcune banali norme sociali interiorizzate possano indurci a scelte sterili che, al pari delle alterazioni neurobiologiche, possono allontanarci dalla possibilità di fare della nostra vita un’opera d’arte: “La personalità è la felicità più alta. In ogni possibile occasione si gode propriamente solo di se stessi: se il proprio sé non vale molto, allora tutti i piaceri sono come vini eccellenti in una bocca tinta di bile” (Arthur Schopenhauer).