Tabularasa e Cereso, analisi comune sul gioco d’azzardo patologico a Reggio.


Si è svolta a Sambatello la seconda serata della kermesse dedicata per il 2014 al tema della paura. Sul palco, per discutere delle problematiche legate alle dipendenze, rappresentanti del mondo sociale,  istituzionale e religioso La dipendenza da gioco d’azzardo è stato il tema centrale del secondo appuntamento di Tabularasa. La manifestazione, organizzata da Giusva Branca e Raffaele Mortelliti, coinvolgerà fino a fine luglio la città in dibattiti e momenti artistico-culturali.Ieri sera nel piazzale della Chiesa centrale di Sambatello, si è svolto il dibattito organizzato in collaborazione con il Centro reggino di solidarietà.“Legare realtà positive come Tabularasa e il Cereso – ha affermato Giusva Branca – genera quelle sinergie capaci di far crescere l’intera comunità. Quando siamo presenti, quando riusciamo ad unirci siamo meno soli e abbiamo meno paura”.Dopo i saluti di don Carlo Cuccomarino e di don Pietro Catalano, rispettivamente parroco di Sambatello e presidente del Cereso, la parola è passata a Caterina De Stefano, direttore del dipartimento delle Dipendenze dell’Asp di Reggio Calabria.“La dipendenza da gioco – ha affermato De Stefano –  è a tutti gli effetti una patologia e come tale va curata. Nella nostra struttura circa quattro anni fa abbiamo iniziato a lavorare a livello sperimentale registrando la reale necessità di interventi specifici sul territorio.  Il grave problema che esiste ancora oggi è il vuoto normativo in merito a questa malattia. Bisogna definire in maniera chiara i luoghi di cura e bisogna elevare l’attenzione pubblica sul problema. Aprire centri di slot machine accanto alle scuole, per fare un esempio,  è un incentivo a giocare, la stessa cittadinanza deve intervenire per bloccare questo modus operandi. Così facendo – ha proseguito – si previene il problema e con il tempo si riesce ad arginare il fenomeno”.Studi condotti dall’Asp e dal Cereso  dimostrano che i dati in tutta la provincia reggina sono allarmanti. Il 76% dei giovani praticano il gioco d’azzardo, donne e anziani non sono affatto estranei alla malattia per un totale di 4 milioni di euro dispersi fra scommesse e tagliandi di gioco istantaneo.È necessario l’impegno di tutti per curare questa piaga sociale, agire nei luoghi e nelle situazioni dove il disagiato ha bisogno d’aiuto. “Oggi – ha dichiarato l’arcivescovo metropolita della diocesi di Reggio Calabria–Bova Giuseppe Fiorini Morosini – la Chiesa non può stare solo nei luoghi di culto e in oratorio, deve aprirsi, deve andare incontro alla gente. Non possiamo pensare più al cristianesimo del passato, a quello di massa poiché quel tipo di evangelizzazione non esiste più. La Chiesa, come sottolineato anche da Papa Francesco, è apertura verso l’esterno. Invito da sempre le parrocchie a organizzarsi, a trasformarsi in antenne dei bisogni reali dei cittadini. Esorto i sacerdoti e tutti gli uomini e le donne di Chiesa a operare sul territorio per diffondere una profonda e radicata fede cristiana”.Il dibattito, moderato da Federico Minniti, è proseguito con l’intervento del portavoce del forum del Terzo Settore Luciano Squillaci che ha evidenziato come lo Stato italiano sia poco coerente. “Da un lato – ha affermato Squillaci – dichiara la dipendenza da  gioco d’azzardo una malattia, ma dall’altro non crea un pacchetto normativo teso a curarla e nel contempo posiziona su tutto il Paese macchine da gioco e simili, untori di questa epidemia. Non solo,  la maggioranza dei ricavati economici di questa pratica  – ha continuato – confluisce nelle casse della criminalità organizzata. Il gioco d’azzardo è una piaga sociale, chi è coinvolto direttamente o fa parte di un nucleo familiare in cui è presente un giocatore patologico vive in una gabbia inviolabile. Rivolgiamo lo sguardo a tali problematiche, non rimaniamo indifferenti al dolore degli altri perché lo riteniamo estraneo da noi, uniti possiamo sconfiggere questa e tante altre battaglie”.Fondamentale, in questo senso, è contrastare le illusorie speranze che le macchine da gioco nutrono. “I problemi della nostra città – ha aggiunto monsignor Fiorini Morosini –  devono essere affrontati in maniera limpida. Chi ci amministrerà in futuro non dovrà incantarci con false speranze, dovrà chiaramente dire da dove partiamo e cosa ci propone per far crescere la comunità. I più penalizzati sono i giovani, non possiamo permettere assolutamente che questi ultimi perdano la speranza in un futuro migliore”.“Dobbiamo essere tutti responsabili del problema, aiutarci insieme” concluso Caterina De Stefano, mentre Luciano Squillaci ha affermato: “Dobbiamo ammettere che la tenuta sociale di questa città è fallimentare. Dobbiamo smettere di sentirci sudditi, noi siamo cittadini e come tali rendiamoci conto di quello che accade intorno a noi  e impegniamoci  per costruire una nuova città”.La serata è stata intervallata dalla musica live di Mimmo Martino e Mario Lo Cascio. 

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