Wonder di R. J. Palacio: Ascoltate i bambini, le loro paure, i loro sentimenti e ripartite da lì


Quando ti viene data la possibilità di scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile.” 

di Maria D’Amico – Bentornati lettori e buona domenica! Oggi la nostra rubrica è riservata a grandi e piccini, #insidethebook vi presenta Wonder, di R. J. Palacio, bestseller internazionale, conosciuto maggiormente grazie alla trasposizione cinematografica , è dal 2012 in cima alle classifiche del New York Times! Direi proprio che non è male come risultato! Tuttavia, i risultati che interessano a noi sono molto diversi, sono legati a doppio filo alle emozioni che l’autrice ci ha trasmesso, ma ancora di più agli insegnamenti che il piccolo protagonista impartisce al lettore, spogliandolo completamente dei suoi pregiudizi e analizzandolo con la dovizia, la semplicità e la schiettezza tipica dei bambini.

“Un giorno ero seduta su una panchina con i miei due figli e ho visto passare una bambina che aveva evidentemente la sindrome di Treacher-Collins, una rara malattia ereditaria che colpisce le fattezze di una persona lasciando inalterato tutto il resto. Ciò che mi ha colpito non è stata la ragazzina, ma la mia reazione: sono stata presa dal panico, temevo che mio figlio di tre anni vedendola avrebbe reagito urlando, come aveva fatto alla festa di Halloween. Mi sono alzata di scatto, come punta da una vespa, ho chiamato l’altro figlio e mi sono allontanata di corsa. Alle mie spalle ho sentito la madre della ragazzina che, con voce molta calma, diceva: ‘Forse è ora di tornare a casa.’ Mi sono sentita un verme e non sono riuscita a dimenticare questa esperienza.” (J.R. Palacio)

Wonder nasce così, dal rimorso dell’autrice per il comportamento indelicato tenuto nei confronti di una bambina affetta dalla malattia di cui, lo stesso protagonista del libro August Pullman, è soggetto. La sindrome di Treacher-Collins non è la sola tematica affrontata all’interno del romanzo, anzi, è un pretesto per raccontare, dal punto di vista dei più piccoli, soprattutto quelli che hanno la sensibilità di Auggie, il suo spirito di osservazione e il suo innato coraggio, le difficoltà della vita:

“Il fatto è che quando ero piccolo non avevo problemi a conoscere altri bambini, perché anche loro erano piccoli. Quello che è forte, dei bambini piccoli, è che non dicono le cose con l’intenzione di ferire, anche se poi lo fanno. È che non sanno veramente quello che dicono. I ragazzi grandi no: loro lo sanno, quello che dicono. E questo non è affatto divertente per me. Una delle ragioni per cui l’anno scorso mi sono fatto crescere i capelli lunghi è che mi piace che la frangia mi copra gli occhi: mi aiuta a escludere tutto quello che non voglio vedere.”

Quando si è piccoli e si ha una famiglia che ti circonda d’amore, il mondo sembra perfetto. Sempre. Non pensi mai che quella perfezione possa finire, non puoi sapere cosa la vita ha in serbo per te, ma puoi imparare ad accogliere il futuro a piccoli passi, forse è per questo che hanno creato i giorni.

Una montagna non fa paura se pensi a lei un pugno di terra alla volta.

Per Auggie la vita non è stata mai perfetta, ha imparato sin da subito a fare i conti con tutto quello che c’era oltre il focolare amorevole delle mura domestiche, per quanto i genitori e la sorella maggiore, Via, si sforzassero, non avrebbero mai potuto tenerlo completamente al riparo dagli sguardi inquisitori di paura e disgusto degli estranei. Auggie ha imparato in fretta che le montagne vanno scalate, in qualsiasi modo tu riesca a immaginarle, che siano giganti e imponenti o a piccoli granelli, l’importante è che arrivi dall’altra parte e porti con te l’indispensabile, per il cuore ovviamente: “ Ognuno dovrebbe ricevere una standing ovation almeno una volta nella vita, perché tutti vinciamo il mondo.” (Precetto di August Pullman)

Questo romanzo ha un potere enorme, fa riflettere su ciò che davvero è importante, mette in luce temi che sono costantemente alla portata di ciascuno di noi, dai bambini agli adulti: bullismo, amicizia, integrazione sociale, il coraggio di mettersi alla prova nonostante tutto e tutti e, soprattutto il concetto di normalità. Il primo capitolo è una presentazione diretta del bambino e ha proprio questo titolo: NORMALE. Auggie si ritiene un bambino normale perché fa cose normali: mangia il gelato, gioca a palla e con l’Xbox, va in bicicletta, fa tutto quello che i suoi coetanei fanno. Perché ho detto che Auggie si ritiene normale e non ho detto che lo è? Perché la concezione che abbiamo di noi stessi non coincide con quella che gli altri hanno di noi, ciò non vuol dire che siamo quello che gli altri pensano, ma che noi, interiormente, possiamo essere qualsiasi cosa desideriamo, anche se chi abbiamo difronte, vedrà solo una parte di noi, per citare l’Amleto di Shakespeare: “Questo soprattutto: a te stesso sii fedele.”

August Pullman fa questo, è fedele a se stesso, ci descrive come si sente: “E io mi sento normale. Voglio dire dentro… E sono arrivato a questa conclusione: l’unica ragione per cui non sono normale è perché nessuno mi considera normale.”

Io, invece, sono giunta alla conclusione che il concetto di normalità è sopravvalutato, essere normale per la società equivale praticamente a essere perfetto o semplicemente a essere come si aspettano che tu sia, in entrambi i casi è impossibile. Se guardiamo alla normalità come alla consuetudine invece, le cose cambiano. È consuetudine mangiare composti, vestirsi in un certo modo, rispondere con gentilezza (questo molti devono ancora impararlo), mettere la mano davanti alla bocca se stai sbadigliando. Starete pensando che ho elencato cose “normali”, appunto.

Andare a scuola a 11 anni è normale, ma non per Auggie; il solo pensiero lo manda totalmente in tilt, ma il supporto dei suoi cari e la curiosità di intraprendere un’esperienza nuova lo spingono a buttarsi, tanto vale farci i conti subito con quella realtà che stava solo cercando di rimandare. Così, decide che è più forte dei pregiudizi e della paura di non essere accettato e capito, che la sua faccia non determina chi è, ma se per gli altri è così importante allora lui renderà il suo essere “diverso” semplicemente Wonder, meraviglioso.

Nel leggere queste pagine ho avvertito un senso di tristezza, non per il bambino che ha una forza d’animo impareggiabile, ma per quello che si è creato tutto intorno a lui. Dobbiamo assolutamente lasciar cadere certe barriere della mente, dobbiamo guardare oltre il viso, il corpo, le taglie, gli indumenti, oltre quello che ci rende diversi, perché la vera normalità è avere qualcosa che ci contraddistingue. È quello il nostro biglietto da visita, il nostro marchio, la base su cui ergere il nostro essere straordinari. Dobbiamo prendere esempio dal piccolo August, chi di noi si getterebbe in una situazione che sappiamo a priori, sarà un disastro annunciato? Nessuno. Auggie invece mette lo zaino in spalla e va a scuola come un “agnello al macello” e giorno dopo giorno nonostante la sofferenza, si mette in mostra per quello che è, un bambino pieno di sogni, interessi, sentimenti e aspettative, al pari di chiunque altro e si fa amare.

“La combinazione di sindromi che si sono messe insieme per creare la faccia di Auggie erano una su quattro milioni. Ma questo non fa dell’universo una gigantesca lotteria, quindi? […] No, no, non è tutta casualità, se fosse davvero tutto affidato al caso l’universo ci abbandonerebbe completamente. Invece non è così. Si prende cura delle creature più fragili in modi che non ci è dato di vedere. Per esempio con genitori che ti adorano senza riserve e una sorella più grande che si sente in colpa se prova sentimenti umani nei tuoi confronti. E un ragazzino dalla voce profonda che è stato mollato dai suoi amici per causa tua. E persino una ragazza dai capelli rosa che se ne va in giro con una tua foto nel portafogli. Sarà anche una lotteria, ma l’universo mette a posto tutto, alla fine.” (dal punto di vista di Justin, fidanzato di Via)

Auggie non è il solo eroe di questo romanzo, c’è Via, che nonostante si trovi in piena adolescenza affronta i suoi piccoli grandi demoni del cambiamento da sola, per non dover distrarre i genitori dal suo fratellino, che ha sicuramente bisogno di maggior conforto, anche se spesso spera che una di quelle amorevoli attenzioni siano rivolte a lei. Anche gli insegnanti di Auggie meritano un posto d’onore, aiutano e stimolano i bambini a crescere e migliorarsi vicendevolmente. Poi c’è Jack Will, che si rende conto che un vero amico vale molto di più di tanti finti amici o dell’essere parte di un gruppo che in fin dei conti nemmeno ti piace, allora fa un passo indietro e torna da August, un passo così audace, che solo un bambino può esserne capace di farlo.

A chi ha bisogno di un po’ di coraggio, a chi vuole guardare la vita da una prospettiva diversa, a chi deve imparare a far tesoro di ogni situazione… buona lettura!

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