Piano del verde a Reggio, Fondazione Mediterranea critica: ‘Una visione errata del Comune’

"Una sorta di cupio dissolvi da parte dell’amministrazione reggina: demolire per poi ricostruire; estirpare per poi ripiantumare. Cui prodest?"

albero piazza de nava

Il Comune di Reggio Calabria ha da poco reso pubblico il suo Piano di gestione del verde pubblico. Secondo i tecnici di alcune associazioni ambientaliste reggine, che hanno analizzato i contenuti del Piano, in esso è previsto l’abbattimento di quasi il 40% del patrimonio arboreo, che verrà sostituito, in parte o totalmente, con alberelli di terza grandezza, ovvero con specie arboree destinate a raggiungere un’altezza alquanto inferiore ai venti metri.

Il dibattito sull’abbattimento degli alberi

Il fatto che si pensi di compensare le perdite non può essere considerato in linea di principio una cosa fatta male: è male che si pensi ad autoinfliggersi la perdita di alberature che non siano oggettivamente ammalorate e pertanto a rischio di caduta, cosa alquanto improbabile che accada a quasi la metà del patrimonio arboreo cittadino.

Insomma, piuttosto che piantumare nuovi alberi, sembra che il Piano sia finalizzato al taglio di quasi metà degli alberi esistenti per sostituirli con un’alberatura nuova di terza grandezza.

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Eppure, senza molti sforzi, sarebbe bastato dare un’occhiata in giro per vedere cos’hanno fatto in altre città e nazioni, come ad esempio a Medellin, in Colombia, non certo sempre agli onori della cronaca per fatti esaltanti. Eppure, nella città dei narcotrafficanti per antonomasia, sono riusciti a produrre un piano per il verde urbano che, anche senza considerare l’impatto positivo sull’ambiente generato dall’assorbimento di CO2, è stato in grado di ridurre la temperatura media cittadina di 2 o 3 gradi centigradi.

A Medellín, cambiando la visione della città, sono state piantumate una quantità eccezionale di alberi ad alto fusto e non creando una sorta di “corridoi verdi”, dove prima c’era solo cemento e asfalto, lungo tutte le arterie principali e più trafficate della città: risultato anche estetico ottimale generato dalla scelta dei colori, dell’altezza variabile delle piante e dalla presenza di aiuole.

La visione per Reggio Calabria

Reggio certamente non è una città sudamericana con più di 2 milioni di abitanti, ma il principio ispiratore di un Piano per il verde avrebbe potuto essere lo stesso: piantumare in ogni luogo possibile nuovi alberi ad alto fusto, come nella zona di Pentimele dove si è pensato soltanto a disegnare piste ciclabili e stalli di parcheggio; sistemare gli spazi già destinati ad ospitare alberi e mai utilizzati, come in via Spagnolio e nelle altre vie a ridosso del Duomo; investire di un’onda verde le assolate e degradate periferie; ecc.

È una questione di idea di città che va mutata: in un Piano per il verde che si rispetti non si deve prevedere l’eliminazione di quasi la metà degli alberi esistenti con la promessa di una loro sostituzione. È un non senso che non ha giustificazioni.

Pensiamo alla pineta di Condera, rasa al suolo per mettere su un assolato parcheggio, quando gli stalli di parcheggio si sarebbero potuti ricavare all’ombra dei pini; pensiamo ai due pitosfori, vere opere d’arte naturali, presenti nella demolita Piazza De Nava, identitari e carichi di memoria, recisi e mandati in discarica; pensiamo a tutti gli alberi ad alto fusto destinati alla recisione e salvati solo dalla sollevazione popolare; ecc.

Altri esempi si potrebbero fare e tutti porterebbero alla constatazione che vi sia una sorta di cupio dissolvi da parte dell’amministrazione reggina: demolire per poi ricostruire; estirpare per poi ripiantumare. Cui prodest?