Caso Condotte, parte da Reggio il ricorso che ha azzerato le nomine dei commissari

Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di Alessandra de Simone Saccà: "procedimento irregolare e mancata trasparenza"

È del 30 dicembre scorso la notizia dell’accoglimento da parte del Tar del Lazio (Presidente Giampiero Lo Presti, estensore Luca De Gennaro, consigliere Mario Alberto di Nezza) del ricorso che di fatto ha azzerato le nomine del Ministero dello Sviluppo Economico (allora presieduto da Luigi Di Maio) del 6 agosto del 2018, con cui sono stati designati i tre commissari straordinari della Società Italiana per Condotte d’Acqua spa (terzo colosso delle costruzioni made in Italy) che, dallo scorso luglio, è in amministrazione straordinaria.

Il ricorso in questione, che sta occupando le prime pagine di diversi quotidiani economici e non, è stato proposto dagli avvocati Fabio de Simone Saccà e Sebastiana Dore nell’interesse della professionista reggina Alessandra de Simone Saccà, commercialista e revisore contabile, che aveva risposto all’invito del Ministero candidandosi per l’incarico.

La selezione però, come ha accertato il TAR del Lazio (Sezione Terza Ter), che ha accolto il ricorso, è stata caratterizzata da alcune irregolarità procedurali ma, soprattutto, dalla carenza di trasparenza nell’individuazione dei professionisti, che sarebbero stati selezionati da una commissione di esperti non regolarmente costituita e senza indicare i criteri di scelta, affermano i Giudici, dando “così luogo ad una scelta che risulta del tutto arbitraria ed elusiva del generale dovere di motivazione”.

Dunque – scrivono i giudici – “la nomina appare affetta da plurimi vizi, sul piano formale e sostanziale”.

Quale sarà il futuro di Condotte ora è difficile dirlo, ma si prospetta -oltre al ricorso al Consiglio di Stato- la solita “pezza” procedurale, avendo il ministero lasciato intendere che è in fase di emanazione un apposito decreto “salva procedure” con il quale, per motivi d’urgenza, si ratificheranno i commissari già in carica. Tutto ciò, con buona pace della sentenza TAR e della (mancanza di) “trasparenza” che i grillini e l’allora ministro Luigi Di Maio avevano voluto imprimere alle procedure di nomina.