Festa della Madonna: lo storico reggino Arillotta illustra misteri e curiosità

Il culto della Madonna della Consolazione è legato ai momenti peggiori della storia della nostra città: l'arrivo dei turchi, le carestie, la peste, il terremoto

di Federica Campolo – Le celebrazioni e i festeggiamenti in onore della Madonna della Consolazione, che ricorrono ogni anno attorno alla prima decade di settembre, rappresentano un momento particolarmente sentito dalla città di Reggio Calabria.

Tradizionalmente devota alla Madonna, Reggio vive intensamente questi giorni dell’anno in cui la fede incontra la memoria e diventa preghiera, voto, supplica ai piedi della Vara che in occasione delle celebrazioni mariane viene portata in processione dalla collina dell’Eremo alla Cattedrale della città. Tutti i reggini prendono parte alla festività ma non tutti ne conoscono le origini, le tradizioni dimenticate, gli eventi e le vicissitudini che ne hanno consolidato la popolarità.

Qual è la storia che si cela dietro la Sacra Effigie? Quali i misteri, le curiosità, le piste non ancora percorse per svelare le verità occultate dalla storia?

A rivelarcelo è il Dottor Franco Arillotta, noto storico reggino.

Il culto della Madonna della Consolazione è legato ai momenti peggiori della storia della nostra città: l’arrivo dei turchi, le carestie, la peste, il terremoto: i reggini riconoscono nella Madre della Consolazione un luogo di rifugio, fonte di protezione e salvezza.

Perchè Reggio si affida alla protezione di due Santi Patroni?

Tra le peculiarità della sua storia, la città di Reggio ne conserva una che riguarda proprio l’identità religiosa dei reggini. Il culto di San Giorgio nasce attorno al 1100, durante la lotta di Reggio contro gli arabi. L’emiro di Siracusa aveva organizzato una spedizione sulla costa di Reggio ed era sbarcato nei pressi della zona sud dell’attuale città, dove si trovava una chiesetta (oggi la chiesa di San Giorgio extra). Decise alloraì di saccheggiare l’edificio sacro, trafugando il bottino di valore e distruggendo a colpi di scimitarra tutto quello che incontrava (da qui la nota espressione “Ti cumbinasti comi i santi i ‘Rriggiu”, per dire “sei maltrattato, sei messo male”).

Così Ruggero il normanno, Conte di Calabria, decise di vendicare l’affronto subito organizzando una spedizione contro Siracusa. Durante lo scontro navale due eventi miracolosi si verificarono: l’apparizione di un uomo in groppa un cavallo bianco nei pressi della nave di Ruggero il Normanno ed il contemporaneo annegamento dell’emiro, caduto accidentalmente dalla nave e trascinato a fondo dal peso della corazza. Da quel giorno i reggini identificarono nella figura apparsa in loro difesa San Giorgio, giunto in loro soccorso per punire la furia distruttrice dei turchi. San Giorgio, il “santo guerriero” , diviene dunque patrono della città perché suo difensore dagli attacchi nemici. La devozione mariana inizia ad affermarsi quando i nemici, malgrado la protezione di San Giorgio, riescono ad avere la meglio: il popolo si affida così alla consolazione della Madre Celeste e ne invoca l’intervento nei momenti di avversità. Noi reggini ci facciamo difendere da San Giorgio e consolare dalla Madonna.

Ci racconti la storia dell’Effigie Sacra che ancora oggi viene portata in processione. Quali verità sono offuscate dietro il dipinto della Madonna della Consolazione?

La storia di questo Quadro è la storia di un mistero irrisolto. Quando nel 1533 venne costruito il Convento dell’Eremo, l’arcivescovo di Reggio Gerolamo Centelles chiese l’ausilio dei cappuccini per supportare il popolo reggino nei suoi bisogni spirituali e sociali. Come segno di riconoscenza allo zelo dei frati venne offerto loro in dono un appezzamento di terreno in cui sorgeva una chiesetta che custodiva il quadro della Madonna del Consolo, risalente probabilmente- e qui mi avvalgo dell’umiltà del condizionale- all’epoca bizantina.

In seguito alla capillare diffusione del culto legato all’effigie sacra, Camillo Diano, un nobile reggino dell’epoca, commissionò un nuovo quadro in cui, insieme alla Madonna col Bambino, figuravano ,in segno di gratitudine nei riguardi dei cappuccini, anche due monaci posti ai lati: San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio da Padova. Il quadro originale venne conservato da Diano e in un secondo momento, dati i legami di parentela di quest’ultimo con la famiglia Parisi di Malta, il dipinto venne trasferita a Malta.

Nel 1798, in seguito all’arrivo delle truppe di Napoleone, il quadro scomparve in circostanze misteriose. Io ne ho tratto una conclusione: l’effigie della Madonna della Consolazione è stata portata in Francia da Napoleone che l’ha riposta tra i suoi “bottini” del Louvre. La mia ipotesi andrebbe naturalmente verificata attraverso uno spoglio degli archivi del museo francese, ma se così fosse noi reggini ci troveremmo davanti ad una notizia sconvolgente.

Il furto della Vara avvolto nel silenzio. A quale nome è legato il suo ritrovamento?

Il sacro dipinto venne trafugato da ignoti presso la Basilica dell’Eremo nel 1982 in circostanze ancora poco chiare e fu ritrovato intatto qualche tempo dopo in un casolare abbandonato. Colui che riuscì a restituirlo alla città fu Don Salvatore Nunnari, l’allora parroco della chiesa della Madonna del Divin Soccorso e capo dei portatori della vara che, mediante il suo intervento, riuscì a convincere gli autori del furto a restituire l’effigie della Madonna.

Tradizione e devozione ai piedi della Vara: quali sono i confini tra il folclore e la fede?

La gente che sale a piedi scalza per andare all’Eremo, che scende scalza per seguire la processione è gente di fede. Quando le persone vedono passare per la strada il Quadro in processione si fermano, salutano, battono le mani: questo non è folclore, questa è fede. Accanto alla fede ci sono le manifestazioni popolari: il popolo esprime i propri sentimenti religiosi in modo semplice ma molto efficace, attraverso un’espressione fortemente partecipata;ed io credo che questa sia la più bella delle espressioni religiose. Vogliamo chiamarla religiosità popolare? A me piace. Chi si mette a disquisire sull’ argomento, condannando queste manifestazioni di devozione, non è animato dallo stesso sentimento di chi si mette in cammino per raggiungere scalzo la Chiesa dell’Eremo.

Ci riveli qualche curiosità legata alle usanze del popolo reggino in occasione di questa festività.

1) Tarantella, espressione che indica il ballo popolare con cui è tradizione onorare l’ingresso in chiesa o il passaggio del Quadro della Madonna, non è il termine esatto con cui definire le danze della nostra tradizione; la tarantella infatti proviene da Taranto ed è legata ad morso della tarantola. Il nostro ballo si chiama Viddhaneddha ed è caratterizzato da un doppio movimento: l’uomo si esibisce mettendo in mostra la sua destrezza, mentre la donna batte i piedi riprendendo simbolicamente l’atto di pigiatura dei rametti di ginestra che venivano messi nell’acqua per realizzare i fili con cui eseguire la tessitura.

2)Le frittole, piatto che tradizionalmente si consuma durante i giorni della festa, sono di origini grecaniche. La lavorazione della carne del maiale, attività svolta da gente umile, era conosciuta originariamente solo dalla zona sud della città, quella maggiormente in contatto con le tradizioni gastronomiche della costa jonica. La parte nord della città fino a 40 anni fa non conosceva questo piatto. Le festività in onore della Madonna della Consolazione hanno indubbiamente favorito un processo di unificazione della compagine reggina anche nelle tradizioni culinarie.

3)Il cero è il simbolo votivo che ogni anno il sindaco di Reggio offre alla Madonna. Un tempo il primo cittadino, in questa circostanza, era solito prestare un giuramento solenne in cui prometteva di governare Reggio con rettitudine, voto che sanciva la potestà della Madonna rispetto alla città. Questa usanza andrebbe recuperata per rafforzare l’appartenenza filiale di Reggio nei confronti della Madonna della Consolazione. Un’altra usanza correlata al cero era quella di appenderlo in alto nella zona del presbiterio: nel 1783 infatti, quando ci fu il terremoto, furono ritrovati 98 ceri appesi.

Nonostante il trascorrere degli anni la profonda devozione di Reggio verso Maria, Madre della Consolazione, mantiene vivo questo culto la cui tradizione, conservata  nei secoli, coincide con l’identità stessa del popolo reggino. Oggi come allora si eleva alto il grido della città Metropolitana che saluta la sua Patrona: «Oggi e sempre Viva Maria!».