‘Diario di un viaggio a piedi’ tra Reggio Calabria e provincia, il libro-guida di Lear
02 Luglio 2017 - 15:17 | di Eva Curatola

di Eva Curatola – Come ogni settimana CityNow.it torna con un nuovo appuntamento della rubrica #InsideTheBook. A far da protagonista questa domenica un imperdibile classico della letteratura nostrana con al centro la nostra bellissima città: “Diario di un viaggio a piedi – Reggio Calabria e Provincia” dello scrittore e illustratore inglese Edward Lear.
Un viaggiatore incallito e versatile, un artista genuino e giramondo che il 25 Luglio del 1847 si mette in viaggio insieme all’amico Proby, per un tour a piedi della provincia culla della Magna Grecia.
Il lungo cammino dei due durerà fino al 5 settembre, giorno in cui i due avventurieri dalla nave che li riporterà a casa, salutano con tristezza non solo i paesaggi e le cittadine visitate, ma i calabresi che erano entrati nei loro cuori.
“Il nome di Calabria in se stesso ha non poco di romantico”
Immaginate di scorgere con occhi nuovi la bellezza dei nostri luoghi, per la primissima volta, montagne, foreste, vedute da dipingere, un panorama da togliere il fiato.
Quaranta giorni di viaggio a piedi permettono di conoscere – a lui e ai suoi mai annoiati lettori – luoghi “pittoreschi” e calabresi impensati, spazi naturali e caratteri umani della “punta d’Italia” nel turbine della metà dell’Ottocento.
L’esperienza calabrese di Lear non si limita però alla carta stampata (più volte durante il corso degli anni, tanto da raggiungere la IV ristampa), “il sentiero dell’inglese” viene oggi riproposto anche con un soggiorno itinerante nel Parco dell’Aspromonte.
Pubblicato nel 1852, qualche anno dopo il compimento del viaggio vero e proprio, “Diario di un viaggio a piedi” viene considerato di fatto un ‘illustrated travel book’ che accompagna benissimo la tradizione del Grand Tour molto in voga nell’800.
Un’opera di ieri e di oggi, che narra la bellezza di una terra sconosciuta ai più che però risplende dinanzi agli occhi di chi la sa apprezzare.
Lear nel suo capolavoro racconta infatti una terra inesplorata, appartenente ai secoli d’oro del grande “Giro d’Italia” che giovani rampolli di famiglie aristocratiche compivano per istruzione o per il completamento della loro formazione.
Napoli era il confine dei “grandi viaggi”, non che fosse segnato su alcuna cartina, era una legge non scritta, tramandata di bocca in bocca che faceva sembrare la Punta dello Stivale una landa desolata e selvaggia paragonabile all’Africa che attualmente conosciamo.
Una terra, da sempre, circondata da pregiudizi e stereotipi, che però ha trovato, non senza tante difficoltà, il suo modo di splendere.
