‘Doppio Sogno’ – Benjamin Button e la mortalità della bellezza


Benjamin Button è un bambino nato in circostanze “singolari”, durante la grande guerra. La mamma muore dandolo alla luce, il padre non ha il coraggio di tenerlo e lo abbandona sulle scale di un’abitazione. Il suo aspetto, alquanto sconvolgente, non è quello di un neonato ma di un anziano ottantenne sul viale del tramonto.

La padrona di casa, che gestisce un ospizio, decide di tenere il bambino che sembra destinato ad una morte imminente. In realtà il bambino con il passare prima delle settimane e poi dei mesi ringiovanisce, e inizia a vivere una vita, che cosi come la sua stessa nascita, non potrà che essere ricca di sorprese.

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Fincher dieci anni fa raccontava con questo film la storia in un continuo flashback, per evidenziare maggiormente l’ineluttabile volgersi del tempo, inarrestabile.

La fantascienza dell’amore, questo è il concetto di base. Anche se inizialmente un po’ indeciso, il film vira con decisione sul romantico nella seconda parte, scelta a metà strada tra l’obbligato e il condivisibile.

Roth (sceneggiatore che ben conosciamo per il suo stampo epico) non è del tutto lucido o inedito, alcuni personaggi e certi passaggi riecheggiano alter-ego di “Gumpiana” memoria, ma forse sarebbe chiedere troppo e in ogni caso il retrogusto lasciato supera il ricordo.

Non mancano alcune geniali trovate, come il far vivere il protagonista in un ospizio, furbata che consente di concepire il concetto di morte, altra nota sostanziale, in impercettibili, perpetue e mitigate dosi. Brad Pitt ritorna a recitare con grande convinzione e bravura, come non gli capitava da anni ormai; tutt’altro che facile interpretare una parte simile, il più delle volte riuscendo nell’intento solo potendo contare solo sui propri occhi.

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Pitt dona il tipico candore e stupore di chi vede tutto per la prima volta e inizia a conoscere la vita, ma intrappolato nel corpo di un anziano signore.

Se il regista di Seven e Fight Club può essere reputato un debuttante in un certo tipo di cinema, Roth è invece rodato da questo tipo di copioni, che abbinano una dinamica ritmica ad una lunga durata, il tutto contando su storie avvolgenti e poetiche.

L’enorme talento del regista americano gli permette di girare al meglio un film evidentemente non nelle sue corde, mai si è visto un Fincher tanto sentimentale e cadenzato nello stile.

Che Il curioso caso di Benjamin Button goda di un atmosfera favorevole lo si intuisce dalla semi-perfezione di tutti i personaggi secondari; accennati o meno che siano i loro tratti, riescono sempre a incidere nella storia con la giusta razione di gioie e dolori. Nella vita, come nell’amore “le cose belle non durano mai”, ecco la cruda realtà con la quale Fincher ci trafigge facendoci risvegliare dal sogno fiabesco.

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Volete vedere come sarà il bel Brad Pitt a ottant’anni ? Nessun problema! Ecco il miracolo della motion capture e degli effetti speciali sempre più incredibili (la scena dell’attacco al sottomarino è un piccolo cult).

Anche se all’avanguardia e ricercatissimo negli effetti speciali, Il Curioso caso di Benjamin Button va molto più in là del banale effetto che regala solo una meraviglia estemporanea, non a caso ha ricevuto una pioggia di nomination agli Oscar. Superato il concetto di storia d’amore convenzionale, il film in fondo ci ricorda che il tempo passa, per tutti, e che ogni momento merita di essere vissuto.

Una favola post-moderna, che diverte e fa riflettere, senza sottrarsi dal gravoso compito di ricordarci gli inevitabili percorsi esistenziali.

 

di Pasquale Romano – *’Doppio Sogno’ è la rubrica cinematografica di Citynow. Le ultime novità in sala ma anche film recenti e del passato, attori e registi che hanno fatto la storia del cinema. Racconti, recensioni, storie e riflessioni sulla Settima Arte.

 

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