Giubileo 2025: pellegrinaggio e fede alla Festa di San Bruno in Calabria
Festa della Traslazione delle Ossa di San Bruno, dalla Certosa al Santuario di Santa Maria del Bosco
12 Giugno 2025 - 14:33 | Comunicato Stampa

Nella terra di Calabria, San Bruno, con il suo silenzio, il suo appartarsi alla ricerca del Signore, è “il testimone più autorevole per ogni credente, per vivere al meglio il tempo del Giubileo, per convertirsi, per rimettere in ordine le proprie cose”: è quanto ha affermato S.E. Mons. Claudio Maniago, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, a Serra San Bruno, presente una numerosa folla di credenti, nel presiedere la santa Messa all’aperto in occasione della Festa della Traslazione delle Ossa di San Bruno, dalla Certosa al Santuario di Santa Maria del Bosco.
Una festa nel cuore del Giubileo
La Festa della Traslazione delle reliquie del monaco straordinario ispiratore della vita contemplativa, fondatore nell’anno Mille dell’Ordine dei Certosini, cade il giorno del lunedì di Pentecoste, lo scorso 9 giugno 2025. La Festa quest’anno è caduta in tempo di Giubileo ed è stata meta del pellegrinaggio giubilare della parrocchia di Reggio Calabria dedicata a San Bruno guidata dal parroco mons. Angelo Casile, e delle parrocchie di Santa Maria Assunta e di San Pietro, nel centro storico di Squillace, guidate da don Enzo Iezzi.
Un gemellaggio spirituale tra Reggio e Serra
Da sottolineare come dal 2023, tra la Parrocchia reggina di San Bruno, la prima al mondo dedicata al Santo Certosino nel 1957, e il Santuario di Santa Maria del Bosco – Eremo di San Bruno è stato siglato uno storico gemellaggio, firmato dal parroco don Angelo e da don Bruno Larizza, rettore del Santuario di S. Maria del Bosco.
Il richiamo di San Bruno: silenzio, conversione e speranza
Nell’omelia l’arcivescovo Maniago, ricordando il beneamato Papa Francesco che nell’indire il Giubileo ha indicato alcuni santi testimoni, ha inserito tra questi San Bruno quale “testimone autorevole di questo particolare momento per la vita della comunità dei credenti, perché è sempre con noi, appare in mezzo a noi con le sue reliquie, ci guida nel pellegrinaggio. Nella nostra terra – ha detto ancora il presule – è San Bruno a suonare il “jobel” – da cui deriva la parola giubileo –, cioè il corno d’ariete che come una tromba annuncia per i cristiani l’inizio del tempo giubilare, annuncia il tempo dell’esame di coscienza, per rimettere ordine alle proprie cose”.
Mons. Maniago ha perciò invitato ad “ascoltare questo grido forte, questo richiamo che viene paradossalmente da San Bruno il monaco che nella Chiesa si è distinto per il suo silenzio, per il suo appartarsi. Ed è nel silenzio, e nella conversione d’animo, che San Bruno chiede al credente di saper ascoltare quella Parola di Dio che cambia intimamente ogni persona. San Bruno suona per noi, ci grida con la sua testimonianza di non perdere questa occasione che è l’anno santo. Viviamo questa occasione – ha esortato l’arcivescovo di Catanzaro – e sfruttiamola per recuperare la bellezza della nostra fede che ci dà gioia personale e comunitaria. Gioia che noi dobbiamo saper testimoniare perché il mondo ha bisogno della speranza che è il tema del giubileo. E Dio dà speranza, la dà anche attraverso la nostra testimonianza di fede, di noi credenti in Cristo, di noi che crediamo e viviamo nella speranza che non delude che è il Signore!”
Tradizione e spiritualità: la Benedizione dei fanciulli
A Serra San Bruno e tra i suoi rigogliosi boschi la Festa della Traslazione si caratterizza ogni anno per la Benedizione dei fanciulli, moltissimi dei quali per l’occasione vestono da certosini, indossando una tonaca di colore bianco, segno di candore e purezza. La Benedizione vede protagonista il priore della Certosa di Serra San Bruno, dom Ignazio Iannizzotto, che la impartisce all’uscita della Certosa davanti il cui portone si trova esposta la Teca contenente il busto argenteo che custodisce il cranio di san Bruno. Segue quindi, l’augurale lancio di confetti multicolore contro la teca in plexiglass trasparente, che è un modo per significare una forma di pioggia battente, di saluto e di affidamento alla protezione di San Bruno. Per tradizione, nessun confetto dovrà andare perso, tanto che vengono raccolti e rilanciati o custoditi in tasca anche quelli caduti in terra: perché ciò che tocca il Santo viene da lui benedetto e protegge dalle calamità e catastrofi naturali.
Il pellegrinaggio dalla Certosa al Santuario
Dalla Certosa in pellegrinaggio, la processione dei fedeli, aperta e guidata dalle diverse Confraternite di Serra, percorre un suggestivo sentiero realizzato tra i boschi ultrasecolari, e finisce davanti al Santuario di S. Maria del Bosco, la prima chiesa eretta dal monaco San Bruno – dopo la rinuncia dell’incarico di arcivescovo della diocesi di Reggio all’epoca la prima metropolia presente in Calabria – e sulla quale ha messo le radici un ordine di monaci silenziosi, adesso diffuso in tantissime parti del mondo.
Pane e abeti: i doni simbolici della Festa
Come da consolidata tradizione, alla fine della celebrazione sono stati benedetti e poi distribuiti dei pani, in ricordo della carità che i certosini hanno verso i bisognosi, e delle pianticelle di abete, per esortare la gente a custodire la bellezza del creato come ha fatto San Bruno.
Comunità in festa: il pranzo fraterno al Ritrovo “Santa Maria”
Conclusa la celebrazione, dopo la foto di gruppo all’Eremo, i parrocchiani di San Bruno di Reggio sono stati ospiti del vicino Ritrovo “Santa Maria” per il pranzo dove è stata gustata la cucina tipica serrese, e sono state trascorse due ore di spensierata serenità in un clima gioioso e fraterno, accrescendo amicizia e stima. Al pranzo sono stati graditissimi ospiti l’arcivescovo Maniago e il rettore don Larizza.
Il Museo della Certosa: un viaggio nella spiritualità certosina
Nel pomeriggio, si è sviluppata la parte turistica-culturale del pellegrinaggio dei parrocchiani reggini i quali hanno fatto visita al prestigioso Museo della Certosa fondato nel 1994 per volere di monaci certosini e ospitato all’interno delle mura dell’antico convento. Un museo al quale possono accedere anche le donne – alle quali come noto è inibito l’ingresso nell’area monastica – che permette di respirare l’atmosfera del silenzio, il canto melodioso, la ricostruzione degli ambienti e dei luoghi di preghiera dei monaci. Attraverso un percorso che si snoda lungo 22 sale, il visitatore viene condotto dapprima nella storia di san Bruno e dell’ordine dei Certosini e successivamente negli ambienti della certosa ricostruiti in modo esemplificativo, perché nel tempo è stato colpito da devastanti terremoti.
Le sale del museo: un racconto vivo della vita monastica
Il visitatore ha modo nella visita grazie anche all’uso della multimedialità e di vari filmati e foto, di conoscere le consuetudini della vita monastica certosina, venendo a contatto senza disturbare la vita dei solitari, con la spiritualità dei figli di san Bruno. A fare da eccellente guida alla visita è stato il noto fotografo Bruno Tripodi, il quale ha corredato l’illustrazione del Museo con tanti aneddoti legati alla sua lunga esperienza di ripresa e racconto della vita certosina di Serra. E così la visita è stata più emozionante e suggestiva, centrando con intensa spiritualità il senso del detto dei Certosini: “Separati da tutti, uniti a tutti”.
Il museo permette di ammirare la sala dei medaglioni, l’eremo, l’antico libro dei santi, l’austera stanza dei certosini, la sala dedicata alla preghiera alla Madre di Dio, la sala con uno splendido altare ottocentesco, con relativi paramenti sacri, il refettorio e gli spaziamenti, una distilleria, la sala con gli attrezzi per il cucito. C’è anche la cura dell’esposizione delle opere di alcuni certosini artisti come l’australiano di origini cinesi David Sing con le sue splendide tele, il presepe “Scarabattolo” di Angelo Gabriele, la sala con le opere del serrese Antonio Callà. Suggestive sono la sala dell’orologio antico e del cronometro solare del 1880, la sala delle statue di san Bruno e santo Stefano che provengono dall’antica facciata cinquecentesca della Certosa. A fine percorso c’è la cappella del Crocefisso ricavata in una torre cinquecentesca che suggerisce al visitatore di sostarvi all’interno per vivere un momento di preghiera solitaria e contemplativa.