Perchè il 18 marzo è il giorno più importante della nostra vita

L'immagine dei camion di Bergamo in fila, pieni di paura e di morte, è ancora presente. Come il Covid, e chi ha combattuto al posto nostro

Oggi, 18 marzo, è la Giornata nazionale italiana in memoria delle vittime del Covid 19. E’ cambiato tutto rispetto a 365 giorni fa. O forse niente. La paura che ha sgretolato le certezze di ognuno ha assunto sembianze meno catastrofiche, potrebbe trattarsi dell’unica consolazione possibile. La guerra iniziata nel 202o è ancora tale nel 2021, la definitiva uscita dal tunnel appare come acqua nel deserto, un costante miraggio che si avvicina nei desideri e allontana nella realtà.

“E ancora adesso che gioco a carte
E bevo vino,
Per la gente del porto
Mi chiamo Gesù Bambino”, recita il verso più celebre di ‘4 marzo 1943’ di Lucio Dalla.

Un meraviglioso lampo di genio che racchiude, nonostante la storia travagliata descritta nel brano, spensieratezza e libertà. Parole che è vietato utilizzare per il 18 di marzo, ed è impossibile respirare da più di un anno. L’immagine dei camion di Bergamo in fila, con dentro la maledizione improvvisa, è ancora oggi la fotografia plastica di un incubo universale, dell’incredibile che fuoriesce dagli abissi dell’inconscio e bussa alla coscienza di tutti.

Il 18 marzo è il giorno che racconteremo ai nostri figli e nipoti, il giorno in cui abbiamo perso (realmente o in senso figurato) i nostri nonni. La generazione della saggezza, del ricordo tramandato e del raro dono della consapevolezza, è stata spazzata via. Di questo viaggio dentro l’angoscia che ancora non ha una stazione d’arrivo, è forse proprio questo a fare più male. Vedere una intera generazione indifesa e impaurita, lasciare in solitudine questa terra.

Il 18 marzo non racconta solo di morte, ma forse in modo ancora più preoccupante della vita. Non c’è traccia di un’esistenza che non sia stata stravolta dal Covid, di un’anima non scissa in due parti uguali. Il prima e il dopo. Nel mezzo, il vuoto che ha inghiottito ogni certezza e restituito soltanto disorientamento.

Ripensando al 18 marzo 2020 e ai camion di Bergamo dovremmo sforzarci di essere persone migliori, raccontarci ancora una volta che ‘ce la faremo’, ricordarci di tutte le persone che hanno sofferto.

Dovremmo scrutare con ancora più timore il fato, che mai come in questa tragedia ha giocato un ruolo fondamentale, separando a proprio piacimento i sopravvissuti dai morti. Riconoscere di essere in modo così casuale da questa parte della barricata, dovrebbe fare del 18 marzo il giorno più importante della nostra vita.

Soprattutto, il 18 marzo dovremmo essere orgogliosi di essere italiani in modo intenso e irripetibile. Per la memoria di chi combattuto questa guerra al posto nostro, assieme a chi ha provato in ogni modo a strapparlo da un destino avverso.

Se torneremo a giocare a carte, bevendo vino, sarà grazie a loro.