Guerra in Siria, Reggio scende in piazza a sostegno dei curdi

Il Circolo Legambiente ha sottoscritto il documento a sostegno dei Curdi ed ha organizzato un sit-in a piazza Italia per consegnare il documento alla Prefettura

Anche qui a Reggio Calabria come in mille e mille città grandi e piccole dell’Italia, dell’Europa e del mondo lanciamo un appello alla società civile e democratica sensibile al rispetto dei diritti umani, sociali e civili, a tutte le sue più svariate forme di organizzazione, e ai suoi organi di governo.

Chiediamo di prendere posizione contro la brutale aggressione turca alle popolazioni del Nord-Est della Siria e al territorio del Rojava, storicamente abitato in maggioranza dal popolo curdo, e a manifestare,  chiedendo al Governo Italiano di prendere un impegno immediato per porre fine all’intervento militare turco.

QUANDO

Il Circolo Legambiente ha sottoscritto il documento a sostegno dei Curdi. Oggi, giovedì 17 ottobre alle 16,30 in piazza Italia ci sarà il sit-in delle associazioni per consegnare il documento alla Prefettura.

Il Rojava, divenuto terra di convivenza pacifica tra etnie diverse e meta  di tanti profughi provenienti da altre zone della Siria martoriate dalla guerra,  è adesso sotto il fuoco dell’esercito turco, affiancato dalle milizie jihadiste anti-Assad e da alcune cellule dormienti dell’Isis. Il progetto neo-ottomano di Erdogan è quello di creare un corridoio a sud, penetrando dalla Siria – scalzando Assad e i suoi sodali – rafforzando al contempo la propria presenza nel Caucaso e nelle regioni a forte presenza musulmana dei Balcani, dove proporsi come protettore nell’eventualità di recrudescenze nazionaliste serbo-croate. Tutto ciò rafforzando la propria capacità di penetrazione nel Mediterraneo, forzando lo stallo della questione cipriota. A ciò si aggiunge la pulizia etnica dei territori, con la sostituzione dei curdi con altri profughi siriani attualmente rifugiati in Turchia.

Un’invasione militare da tempo minacciata dal governo turco, intenzionato a colpire mortalmente le speranze di pace delle popolazioni del Rojava, cancellando lo straordinario processo di attuazione del confederalismo democratico, avviato da sette anni in quelle zone ribattezzate Confederazione della Siria del Nordest. E dove si stanno sperimentando forme di autogoverno popolare e democrazia partecipativa, di parità fra i generi, di rispetto dell’ambiente naturale  in tutte le sue forme.

L’aggressione che ha avuto inizio il 9 ottobre,  beffardamente denominata “Peace Spring” (primavera di pace), è stata di fatto sdoganata dalla sciagurata dichiarazione, per quanto quasi immediatamente smentita, del presidente Trump sul ritiro delle truppe statunitensi da quell’area quale sostegno alla Coalizione internazionale anti-Isis. Viene portata avanti per una questione di sicurezza per lo Stato Turco, anche se dagli inizi della guerra siriana da questa regione nessun tipo di attacco è stato lanciato contro il confine turco. E’ vero invece che le milizie di difesa popolare YPG e delle donne YPJ e le milizie confederali SDF hanno combattuto sul campo per 5 anni sotto l’ombrello aereo della Coalizione Internazionale contro l’avanzare della ferocia fascista dello Stato Islamico (ISIS), i cui stretti legami con la Turchia sono stati da tempo svelati.

Un tributo oggi tradito dalla comunità internazionale alla lotta contro il fondamentalismo jihadista pagato caramente in vite umane,  con oltre 11.000 morti e 22.000 feriti. Tra questi caduti anche molti giovani internazionalisti provenienti da molte parti del mondo come l’italiano Lorenzo Orsetti, caduto il 18 marzo dello scorso anno durante uno degli ultimi agguati jiadisti e la cui generosità ha commosso l’Italia intera. Stato Islamico che sta già riprendendo forza e vigore, a danno non solo di quelle popolazioni ma di tutto il mondo, a partire dall’Europa. Sono infatti ancora detenuti in Rojava 12.000 miliziani dell’ISIS e 75.000 loro familiari, pronti a riattivarsi.

La situazione si aggrava di giorno in giorno. E l’arroganza del governo turco si sta già espandendo con un attacco al gasdotto di Cipro in una pericolosa escalation militare anche nel Mediterraneo.

La comunità internazionale, e l’Europa in primis, hanno di fatto ignorato le innumerevoli violazioni dei diritti umani internazionalmente riconosciuti, operate dal presidente  Erdogan, dapprima contro la parte più democratica della popolazione turca, con gli arresti dopo il presunto golpe del 2016 di giornalisti, accademici, insegnanti e ogni tipo di oppositori politici e la scarcerazione di criminali e fondamentalisti. Il silenziamento della società civile turca, martoriata da una pesante crisi economica, ha dato mano libera alla politica espansiva aggressiva e fascista  contro i nemici di sempre, i curdi, portatori di un modello di società radicalmente opposto. Un’Europa che non si attiva come potrebbe, cedendo al ricatto di Erdogan che risponde alle deboli proteste minacciando di aprire le porte ai 3,6 milioni di profughi bloccati in Turchia dietro il pagamento di sei miliardi di euro.

Chiediamo al governo italiano di intervenire, per fermare l’ennesima tragedia umanitaria  e garantire la sopravvivenza alla società democratica, femminista ed ecologica del Rojava.

Nello specifico chiediamo:

  • la sospensione immediata dei rapporti diplomatici ed economici con Ankara;
  • la sospensione della vendita di armi, nel rispetto dell’articolo 6 della legge 185/1990 che vieta “l’esportazione e il transito di armi versi paesi in stato di conflitto armato”(Soltanto nello scorso anno l’Italia ha venduto armi per un valore di 362,3mln di euro, la Turchia è il maggior beneficiario di armi italiane all’interno della Nato);
  • la sospensione dei fondi UE per fermare i profughi siriani, che così diventano merce di scambio ed elemento di ricatto che il “Sultano” non si fa problemi ad agitare;
  • la sospensione della cooperazione tra intelligence italiana e turca;
  • il ritiro dei 130 uomini impegnati per la missione NATO  “Sagitta”  per difendere la Turchia da attacchi missilistici;
  • la sospensione del programma relativo agli F-35 ad oggi in cooperazione con diversi paesi, tra cui la Turchia, un programma che prevede una spesa di 690mln di euro per il 2019, e 859mln per il 2020;
  • sostegno alla resistenza curda;
  • immediato invio di aiuti umanitari alle popolazioni colpite dalla guerra.