L’associazionismo fa rinascere Motta Sant’Agata (ancora una volta).


Come ogni anno, sin dalla sua fondazione avvenuta nel 1995, la Pro Loco “San Salvatore” di Reggio Calabria ha provveduto alla pulizia dei ruderi dell’antica città di Motta Sant’Agata, distrutta dal terremoto del 1783.

La storia del posto è nobile, così come lo è l’azione dei volontari che, domenica 30 aprile scorso, trainati dall’amore e dal senso di appartenenza al luogo, armati di attrezzi e tanta buona volontà, hanno ripulito a spese proprie l’intero sito dalla vegetazione infestante, ripristinato parte dei muri a secco crollati e valorizzato i ruderi che ogni anno affascinano numerosi visitatori.

Senza l’intervento della Pro Loco e delle altre associazioni operanti nel territorio, l’antico sito non sarebbe più visitabile, sommerso dalla vegetazione e dall’oblio. Solo lo scorso anno sono arrivate le prime risorse economiche da parte dell’amministrazione comunale che ha dimostrato un chiaro segno di interesse per la riscoperta dell’antica città provando a “recuperare le nostre radici e programmare il nostro futuro”, come sottolineava allora il sindaco Giuseppe Falcomatà.

Tuttavia, ad oggi, i molti visitatori ci chiedono se i lavori iniziati lo scorso febbraio siano terminati e se ci sarà ancora da aspettare. Infatti non è oro tutto ciò che luccica: le strade di accesso al sito sono state interamente cementate, eliminando ogni traccia preesistente, mentre l’appalto (vinto dalla ditta catanese “Giunico restauri”) prevedeva il rifacimento di percorsi attraverso materiali compatibili con l’ambiente circostante e nel pieno rispetto della storicità del luogo; la cartellonistica, dai contenuti scientifici curati dagli storici del luogo, è posizionata in modo errato e non consente un’adeguata interpretazione dei ruderi, oltre ad essere stampata su materiale scadente che avrà tutt’altro che lunga vita; il ripristino degli antichi muretti a secco, previsto nell’appalto, è stato fatto in maniera grossolana e poco attenta, tant’è che la maggior parte di essi si sono già “spanciati” e sono stati in parte risistemati domenica dai volontari durante la pulizia dei ruderi; la chiesa protopapale di San Nicola, la più grande e più importante dell’intero sito, è stata recintata a “mò di pollaio”, impedendone l’accesso ai visitatori.

Cosa molto grave è stata il ritrovamento, durante le operazioni di pulizia ad opera dei volontari, di numerosi teli di cellophane, che dovevano servire per non contaminare l’ambiente durante i lavori, smaltiti dalla ditta catanese all’interno delle cripte della stessa chiesa di San Nicola, laddove riposano un tempo i nostri cari avi. Stessa sorte è toccata a pialle, secchi, cazzuole e altri attrezzi rotti e non più utilizzabili. Avevamo gradito la presenza dei responsabili dei lavori, del sindaco e della sua giunta durante l’apertura del cantiere, ma avremmo gradito ancor più un maggiore controllo durante il corso d’opera dei lavori proprio per evitare gli episodi sopraelencati.

La nostra civiltà ha resistito a invasioni di ogni tipo e cataclismi di ogni genere, soprattutto grazie alle fortezze che proteggono il luogo.  Oggi tocca a noi difendere il sito e la sua storia, speranzosi che presto si interverrà per migliorare l’attuale situazione.

 

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