Latitanza Freda, da Falcomatà ‘ferma condanna’ per i fatti raccontati da Paolo Romeo

Il principale imputato del processo Gotha ha raccontato di aver ‘ospitato’ il terrorista nero. Il sindaco: ‘Non passi come un atto politico’

“Rispetto a quello che è passato sui giornali, ovvero che la città di Reggio Calabria, ha ospitato un latitante tra i responsabili delle principali stragi di Stato credo sia da condannare il gesto, ma soprattutto sia da rimarcare il fatto che per l’attività di pochi debba pagarne le conseguenze in termini di immagini e soprattutto di mancate occasioni di sviluppo, tutto un intero territorio metropolitano”.

Queste le parole di condanna che il sindaco metropolitano, Giuseppe Falcomatà, ha inteso dedicare alle ultime dichiarazioni spontanee rese dall’avvocato Paolo Romeo nel corso dell’udienza di fine marzo del processo Gotha, in cui figura come il principale imputato.

Per il primo cittadino infatti, non può passare inosservato un passaggio che nel corso del processo Gotha, “storicizza, quasi banalizzandolo”, il favoreggiamento della latitanza di Franco Freda, terrorista nero protagonista di una delle stagioni più buie della Repubblica italiana, condannato per gli attentati sui treni culminati con la strage di piazza Fontana e responsabile, tra i responsabili, dell’eccidio del 12 dicembre 1969.

Pagato un tributo troppo alto

Per Falcomatà è importante accendere i riflettori sulla questione emersa perché non si può fare orecchie da mercante rispetto a fatti e circostanze che hanno segnato la storia e il lento declino del Paese e in particolare della nostra terra

“che a partire da quegli anni ha registrato un clamoroso e pauroso salto di qualità, ovviamente in negativo, della ‘ndrangheta evidentemente legata a doppio mandato con gli interessi perversi della destra eversiva. La nostra terra infatti ha pagato un tributo pesante con i morti della Rivolta , dei cinque anarchici e della strage di Gioia Tauro del 1970, fra gli altri. Ciò che a distanza di mezzo secolo si vuole fare apparire soltanto come un atto politico in realtà potrebbe nascondere chiavi di lettura ben diverse, che hanno segnato il destino della nostra città, del nostro territorio metropolitano, dei reggini e dei calabresi in generale”.

Per il sindaco metropolitano, quelle che definisce angosciose vicende, potrebbero essere servite a costruire e a formare carriere politiche, classi dirigenti che hanno indirizzato le sorti economiche sociali e civili della nostra regione.

Ferma condanna

“È sete di verità e giustizia ciò che reclama il nostro popolo – ha tuonato Falcomatà – che per fatti oscuri ed inquietanti trame, si trova a scontare ritardi che ne fanno tra i territori più poveri d’Europa e pesantemente, ancora oggi, condizionati dalla cappa mafiosa”.

Il sindaco metropolitano ha rimarcato come nonostante i numerosi studi non si sia mai fatta pienamente luce su un’epoca “troppo fosca ed indecifrabile” per la nostra terra.

“Piuttosto, tuttavia, in anni recenti si è assistito ad un revisionismo descritto da giornalisti e intellettuali come fascistizzazione della città, che ha toccato il culmine con la presentazione al senato cittadino di Palazzo San Giorgio del libro di Luigi Ciavardini, altro terrorista ritenuto responsabile della strage di Bologna del 2 agosto del 1970”.

D’altra parte per Falcomatà, Franco Freda non è un personaggio del passato, una figura di spicco della galassia neofascista, un soldato politico, così come è stato definito, un uomo che “con la sua attività contribuisce ancora adesso ad allevare le anime dei fascisti del terzo millennio”.

“È necessario condannare fortemente le parole e il gesto di chi ha permesso al terrorista nero Franco Freda di potersi sottrarre alla giustizia, perché non può passare l’idea che la nostra terra sia fra le principali e meno riconosciute vittime della strategia della tensione. Si sbrighi frettolosamente una pratica che rappresenterebbe altrimenti l’ennesima ingiuria alla sua storia e quella dei suoi cittadini perbene”.