'Neanche capace di partorire sei? Che donna sei?'. Maltrattamenti in famiglia, marito e padre condannato

L'uomo usava violenza fisica e psicologica su moglie e figlie. Accolta la tesi del collegio difensivo di parte civile

Un anno e sei mesi di reclusione, risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede e condanna al pagamento delle spese processuali, è questa la condanna che in accoglimento delle richieste del PM e del collegio difensivo di parte civile, costituito dagli avvocati Ettore Zagarese, Nicoletta Bauleo e Graziella Algieri il Tribunale di Castrovillari ha inflitto al 74 enne coriglianese T.D. per il reato di maltrattamenti in famiglia.

Lo stesso era stato imputato perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso maltrattava la convivente, G.A.M. e le figlie T.D. e T.E. sottoponendole a ripetuti atti di violenza psicologica e in alcuni episodi, anche fisica, recando loro quotidiane offese ed assoggettandole a specifiche forme di controllo.

In particolare, sempre secondo la tesi accusatoria, sottoponeva la convivente a quotidiane umiliazioni; in occasione della nascita delle figlie, poiché la donna aveva partorito a seguito di cesareo, le disse:

“Neanche capace di partorire sei? Che donna sei?”;

ancora, le impediva di vedere la televisione e di usufruire di tutti gli spazi dell’abitazione, di fatto relegandola a vivere in una sola stanza della casa. Sempre dopo il parto, nonostante la donna avesse manifestato la volontà di dedicarsi completamente alla crescita delle figlie, le intimava di· recarsi quotidianamente a lavoro e, su tutto, a fine mese e di consegnargli lo stipendio; ancora, la minacciava giornalmente di abbandonarla, da sola e con le figlie, senza alcuna forma di sostegno, morale ed economico, di fatto isolandola dal mondo esterno.

Anche le ragazze, secondo l’accusa erano assoggettate ad un regime stile ”padre padrone”, disinteressandosi della loro crescita ed omettendo qualunque forma di sostegno assumendo nei loro confronti un atteggiamento freddo e distaccato, impedendole di uscire se non per andare a scuola ed affermando la sua autorità con frasi del tipo: “Io sono vostro padre e dovete fare quello che dico io” ed in alcune circostanze, giungeva addirittura ad usare violenza fisica nei confronti di queste ultime colpendone una con pugni in testa o gettando le valigie sul pavimento ed urlando loro di andare via di casa.

Le angherie sono proseguite fino quando la donna e le ragazze, stanche dei soprusi, sostenute anche dal team di legali, si sono fatte coraggio hanno segnalato quanto succedeva alle Forze dell’Ordine.

Solo al termine di una articolata istruttoria, nella quale le denuncianti confermavano durante il loro lunghissimo esame quanto accadutogli, veniva emessa la severa sentenza di colpevolezza a carico dell’imputato.