Costa jonica reggina, è allarme: ci sono sempre meno pesci. 'Stiamo perdendo la nostra biodiversità'

In corso da giugno il progetto di monitoraggio ambientale nelle acque dei nostri mari. I primi dati della ricerca di Blue Conservancy Onlus

La crisi climatica in atto sta provocando conseguenze nefaste, e il surriscaldamento globale ha avuto un impatto fortissimo sul Mar Mediterraneo ed il suo ecosistema, con effetti sulla flora e la fauna marina e, come dimostrano recenti studi, col fenomeno della tropicalizzazione: il Mare Nostrum risulta infatti la regione marina più invasa da specie “aliene”.

In questi mesi i litorali della costa jonica calabrese sono sotto osservazione dalle telecamere della metodologia BRUV, un sistema utilizzato nella ricerca della biologia marina: video subacquei con “esca”. In questo caso, l’esca ha la funzione di far avvicinare i pesci fin “dentro” l’inquadratura di una videocamera subacquea, controllata a distanza. Questa tecnica non invasiva consente di riprendere ed osservare la presenza e il comportamento delle specie ittiche presenti nei nostri mari.

In questo caso, dei litorali della Costa dei Gelsomini, nel tratto che va da Spropoli a Capo Bruzzano. Si tratta di un progetto di monitoraggio ambientale attivo che va avanti da tutta l’estate 2023 ad opera dell’organizzazione no profit Blue Conservancy Onlus, la onlus che tramite il Centro di Recupero Tartarughe Marine di Brancaleone dal 2006 soccorre, cura e riabilita molte tartarughe come la Caretta Caretta rilasciata in mare qualche giorno fa.

Lo scopo del progetto iniziato a giugno e che terminerà la prossima settimana, è quello di raccogliere dati, con il fine di comprendere lo stato di salute di alcune aree specifiche del Mediterraneo. Spiega ai nostri microfoni il presidente di Blue Conservancy Filippo Armonio:

“Abbiamo a cuore gli ecosistemi marini e tutto quello che facciamo ha lo scopo di preservarli. Questo è un progetto di monitoraggio ‘pilota’: abbiamo bisogno di una base di riferimento da confrontare con i dati di un’altra area, per verificare differenze di biodiversità, ossia di varietà di specie ittiche presenti. Il prossimo anno proseguiremo con le rilevazioni in altre zone della tirrenica e della ionica, ma stiamo stipulando delle convenzioni con altre associazioni e inizieremo a spaziare in Italia e nel Mediterraneo. Grazie a questi dati possiamo interpellare gli organi di competenza e mettere in atto azioni preventive”.

Il progetto di monitoraggio

Il presidente Armonio prosegue nel presentare il progetto di monitoraggio in corso:

“Il responsabile scientifico del progetto è Edoardo De Pasquale e grazie a lui avremo il sostegno dell’Università Statale di Milano, successivamente coi nostri report coinvolgeremo anche gli atenei calabresi. Io sono il manager, e poi ci sono i volontari che vengono ad aiutarci con le tartarughe e che settimanalmente coinvolgiamo in questa attività. I BRUV li abbiamo costruiti noi qui a Brancaleone, non abbiamo ricevuto nessun finanziamento da nessun ente, andiamo avanti grazie alle donazioni online e di chi viene a trovarci qui al Centro”.

Spiega ancora Filippo Armonio sui tipi di rilevazioni effettuate:

“Stiamo facendo un monitoraggio bentonico, dei fondali, più sottocosta, ed uno pelagico per i pesci più a pelo d’acqua, più complesso per la gestione di correnti e del posizionamento, e per i protocolli sulle profondità a cui lavorare. La tecnica non è invasiva e le riprese durano al massimo un’ora per non influenzare l’ambiente circostante”.

I primi risultati del monitoraggio

La prossima settimana le telecamere verranno spente e si tireranno le somme di questa prima indagine sulla biodiversità e lo stato di salute dei nostri mari. Ma Armonio è in grado di darci delle anticipazioni sulle condizioni della zona monitorata:

“Un dato lampante della nostra ricerca è la bassa quantità di specie presenti nei nostri mari: abbiamo incontrato i saraghi, le mormore, le murene, tra le nuove specie il pesce pappagallo originario del Nordafrica. Però non abbiamo incontrato le corvine, le ombrine, la tanuta, o alcune specie di saraghi come il sarago maggiore o il sarago faraone. Anche le occhiate sono in diminuzione. Stiamo perdendo la nostra biodiversità“.

Una situazione allarmante e conseguenza, dicevamo, della crisi climatica in atto e del surriscaldamento. Ma non solo. Conclude e precisa così il presidente Armonio:

“Mi piacerebbe dire diversamente ma la mano dell’uomo è il motivo principale di questa situazione, non solo per le questioni climatiche. Anche per le tartarughe marine come per la biodiversità una causa rilevante è l’eccessivo sforzo di pesca. La richiesta dai mercati di prodotto ittico è elevatissima, un numero di pescherecci non sostenibile per i ritmi di riproduzione dei pesci, e che spesso operano senza rispettare i limiti consentiti, le batimetriche, le regole sul tipo di pesca e così via. A questo si somma l’inquinamento di plastica e degli scarichi delle depurazioni che stanno determinando il declino delle specie. Per questo stiamo facendo questo monitoraggio, crediamo che in futuro sarà un problema molto serio e che questi dati possano essere molto utili”.